Casapound e Msi. "Cuori Italiani" e bonifiche pontine. Il fratello della Arcuri. E poi: la nuova discesa in campo di Danilo Calvani. Uno dei volti della protesta anti-governo del 2013. Finita nel silenzio. E in guai giudiziari. La campagna per le comunali

Un candidato ogni 130 abitanti, compresi i neonati. A Latina la politica locale sembra raccogliere aspirazioni da record. Soprattutto a destra. Molto, a destra. Dei 12 candidati sindaco alle elezioni comunali del 5 giugno, infatti, nove si trovano a loro agio fra nostalgia e berlusconismo. C'è il Movimento sociale italiano, “rifondato” quest'anno per correre da solo in memoria del primo sindaco della città, un missino. O la “Rivoluzione Casapound”, come la definisce il “Giornale di Latina” in un'intervista di cui va fiero, su Facebook, il candidato Marco Savastano. Il politico della formazione d'estrema destra romana si presenta con un manifesto che va da “una nuova battaglia del grano nelle scuole”, alla “vigilanza sui centri d'accoglienza”, ma soprattutto a “l'obiettivo possibile” di una “Latina futurista”.

Dovranno entrambi correre indomiti e tricolori contro il candidato di “Fare con Tosi”, che nella sua biografia da ex consigliere comunale di An vanta “una famiglia che sia dal ramo paterno che da quello materno ha svolto un ruolo da protagonista nella bonifica dell'agro pontino”. E contro il volto scelto da Fratelli d'Italia e Noi con Salvini, sostenuto oltre che da loro da una formazione intitolata patriotticamente “Cuori Italiani”. Come avversari avranno il candidato de “La Destra” e della “Lista La Famiglia Cristiana”, nonché un ex dirigente di Fratelli d'Italia, e ancora il leader locale per Forza Italia: Alessandro Calvi.

Fra i consiglieri che si presentano per lui nella schiera dei “Popolari per l'Italia” spicca Marco Arcuri, fratello della showgirl Manuela, la cui presenza è grande motivo di attesa in una manifestazione a fine mese. E se Manuela Arcuri sorridente su un palco elettorale potrebbe sparigliare i risultati, a Latina c'è un altro concorrente che eredita una certa notorietà nazionale: Danilo Calvani. Aspirante cavaliere del ritorno del movimento di protesta dei Forconi.

Fra tutti i candidati sindaco di Latina, Calvani è l'unico ad aver partecipato anche alle elezioni del 2011. Fra i nomi in corsa all'epoca c'è chi ha fatto strada: il primo-lista del Pd, Claudio Moscardelli, è diventato senatore. Come lui il grillino Giuseppe Vacciano, che all'epoca ottenne solo un migliaio di voti: ancora siede a Palazzo Madama nonostante le diverse richieste di dimissioni che ha presentato dopo esser stato espulso dal movimento, tanto da finire a dichiararsi “prigioniero in Parlamento”.

Un lustro e mille assemblee e blocchi stradali dopo, invece, Calvani è ancora al punto di partenza. Da Latina vorrebbe risalire alla celebrità conosciuta a fine 2013, quand'era in prima pagina, in Jaguar nei cortei: ripartendo dai 240 voti ottenuti coi Comitati agricoli riuniti nel 2011. «Stavolta sarà completamente un'altra musica», dichiara entusiasta: «Cinque anni fa non era una candidatura vera, era una protesta contro il sistema, una cosa goliardica. Adesso abbiamo consenso perché abbiamo preso visione di cosa sta succedendo nel Paese». Metro di misura del successo, secondo lui, la consegna dei volantini: «A Latina gli elettori schifano tutti ma come diciamo che siamo i Forconi, li prendono subito».
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Danilo è candidato sindaco, la compagna Stefania corre per un posto da consigliere, come la cugina Angela (seconda in lista) e un cugino del marito di lei. La sorella di Calvani, invece, Loredana, sta con la civica che sostiene il candidato di Forza Italia e un altro cugino con quella dell'aspirante sindaco del Pd, Enrico Forte, vincitore delle primarie di novembre. E la famiglia è tutto e va difesa a ogni costo, specie se messa in discussione dalle unioni civili: «Un governo di depravati partorisce leggi infami» si legge in un post sul profilo Facebook del movimento Forconi.

Sulla sua piccola parentopoli pontina il leader non si scompone: «Mia cugina è sempre stata un'attivista e la mia compagna era candidata pure l'altra volta. Eppoi in lista abbiamo di tutto: gente di destra, centro e pure due sindacaliste pensionate della Cgil. Noi ci candidiamo per la gente: io mi metto alla prova, dopo dieci mesi, un anno, vediamo». A chi lo accusa di pensare alla poltrona, risponde: «Questa critica me la fanno quegli stessi politici che la poltrona ce l'hanno già. Ma se io la prendo è perché i cittadini me la danno. Mi hanno ammazzato per la storia della Jaguar solo perché uno mi ha dato un passaggio, e nessuno pensa ai politici che invece la rubano, la Jaguar».

A Latina si scalda così il possibile ritorno dei Forconi. Spariti dagli schermi da anni. Dopo la celebrità del 2013 infatti i destini del movimento si sono abbattuti. In Sicilia i forconiani guidati dal fondatore riconosciuto, Mariano Ferro, avrebbero deciso di non partecipare alle elezioni comunali per correre al prossimo voto in regione, come spiega un portavoce del movimento all'Espresso. L'appuntamento è solo rinviato, insomma, in vista del rinnovo di Palazzo dei Normanni. Il precedente risale al 2012, quando Ferro ottenne 31 mila voti: l'1,55 per cento. Assenti dai media, d'altronde, i Forconi in questi mesi di silenzio hanno avuto parecchie grane giudiziarie. Spesso proprio come conseguenza delle azioni di proteste inscenate quando erano all'apice della popolarità. Per gli incidenti avvenuti nel 2013 in piazza Castello a Torino, in cinque sono stati condannati l'anno scorso ad alcuni mesi di reclusione.

Sempre in Piemonte, altri 45 andranno a giudizio per i blocchi stradali andati in scena a Pinerolo con l'accusa di violenza privata e interruzione di pubblico servizio. Situazione simile per il leader siciliano Ferro, citato a giudizio per i presidi organizzati nel catanese dal movimento Forza d'urto in occasione del fermo di cinque giorni dell'autotrasporto in Sicilia del gennaio del 2012, mentre il veneto Lucio Chiavegato è ancora alle prese a Brescia con il processo agli indipendentisti che con un “tanko” fatto in casa volevano attaccare piazza San Marco. Almeno lui un minimo ritorno elettorale l'ha avuto: alle Regionali l'anno scorso la sua lista "Chiavegato per l'indipendenza" ha ottenuto l'anno scorso oltre 50 mila voti, il 2,5 per cento. Troppo poco per essere eletto. Ma comunque abbastanza per fargli ringraziare i “1.884 veronesi e 834 vicentini” che hanno scritto il suo nome sulla scheda. Questione di stile.