Il 14 settembre, pochi giorni dopo la denuncia sulle condizioni del centro, è stato approvato il progetto per gli interventi, fermo da due mesi. A disposizione ci saranno 5,2 milioni. Ma in audizione alla Camera il prefetto Tirone minimizza sulla scarsità dei controlli: "Irregolarità? Non mi sono state segnalate"
La denuncia dell'Espresso
sulle condizioni nel Cara di Foggia inizia a produrre i suoi effetti. Per la manutenzione della struttura nelle prossime settimane arriveranno infatti dal Viminale 5 milioni e 200 mila euro da destinare alla manutenzione. Sarà una coincidenza temporale ma il progetto definitivo, fermo da due mesi (era stato presentato a luglio), è stato approvato il 14 settembre, pochi giorni dopo la pubblicazione dell'
inchiesta, dopo che dalle colonne di Repubblica anche Eugenio Scalfari aveva lanciato un
appello al governo per chiedere di intervenire.
Ci vorranno dieci mesi per completare tutti gli interventi, ha reso noto il prefetto Maria Tirone nel corso di un'audizione davanti alla commissione parlamentare sul sistema d'accoglienza dei migranti. E la priorità, con tempi più contenuti, sarà data proprio a quella recinzione bucherellata che ha contribuito a rendere il complesso di Borgo Mezzanone una terra di nessuno infestata da gang criminali, caporalato e sfruttamento della prostituzione.
La nuova "protezione" sarà angolata e alta quattro metri, piantata nel suolo per un metro e mezzo e con sbarre di ferro distanziate di 12 centimetri per impedire i passaggi. Saranno realizzati un nuovo posto di guardia (al momento in un capanno di legno), una pista carrabile per facilitare i controlli e un impianto di videosorveglianza a infrarossi che darà l'alert quando qualcuno si avvicina dall’esterno. Gare con procedura ordinaria, supervisione del Provveditorato alle opere pubbliche.
Il questore di Foggia Piernicola Silvis, pure lui sentito in audizione, parla apertamente di "favela" per descrivere la situazione ma si direbbe che l'inferno raccontato dall'Espresso fino a poco fa era ancora peggiore. Quando nei mesi scorsi ha visitato il Cara di Borgo Mezzanone, ha riferito il prefetto Tirone, il delegato dell'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati
Stephane Jaquemet avrebbe infatti riscontrato "miglioramenti strutturali e nella gestione dell’accoglienza". Come a intendere: nemmeno l'inviato delle Nazioni unite si sarebbe accorto del degrado.
Esempio: le ispezioni della Prefettura sono carenti? "C'è una periodicità dei controlli. Quanti ne abbiamo svolti al momento non lo so dire ma non mi sono state segnalate irregolarità". Alcuni ospiti del centro sono costretti a riposare nel cortile a causa del sovraffollamento? "Gli eritrei d'estate amano dormire all'aperto e hanno portato fuori i materassi".
L'assenza di lenzuola? "Quelle mono-uso sono un problema comune a tutti i Cara". Lo scambio di badge? "Non dovrebbe essere possibile, se non per situazioni marginali". In pochi seguono i corsi di italiano? "Non sono obbligatori. C'è una convenzione con una scuola per chi vuole perfezionare la lingua e comunque mi sembra che il maliano con cui si è intrattenuto il giornalista gli ha fatto parecchie domande in italiano”.
Parole, quelle del prefetto, che a più riprese sembrano sfiorare l'auto-assoluzione. Tanto che il presidente della commissione d'inchiesta, il democratico Federico Gelli, deve più volte cercare di riportare il discorso, tutto teso a rivendicare il lavoro svolto, sui binari delle criticità denunciate dall'Espresso. Mentre qualcuno, come il commissario Paolo Beni (pure lui del Pd), non lesina critiche: "Il vostro compito prevede un'esigenza di controllo doppia, perché parliamo di una funzione pubblica delegata dal governo e gestita in convenzione col privato con soldi dello Stato".
Intanto il lavoro della magistratura sulla gestione del centro va avanti. E inizia a entrare nel vivo, tanto che il procuratore Leonardo Leone de Castris, pure lui ascoltato dalla commissione, ha chiesto di secretare la sua audizione. Il registro degli indagati vede già i primi nomi iscritti con le accuse di corruzione, truffa, falso e falso in bilancio: la Procura ha deciso di tenere massima la riservatezza sul caso.