Il patto tra il politico del Pd e il prelato prima delle elezioni: l’indagine che fa tremare il cuore della regione una volta rossa

Carpi, piazza dei Martiri
Carpi, operazione Mangiafuoco. Un titolo suggestivo, evocativo del burattinaio di Carlo Collodi nelle avventure di Pinocchio. Questo però non è un libro di favole né uno dei capolavori firmati da Liliana Cavani, la regista carpigiana della storica pellicola “Il portiere di notte”.

È piuttosto il nome di una vasta indagine dei carabinieri coordinati dalla procura di Modena sul malaffare locale i cui protagonisti sono politici, faccendieri, alti prelati e collaboratori della diocesi. L’inchiesta che tormenta il prossimo voto, che fa traballare ulteriormente le fragili certezze del Pd e anche di altri partiti. Come la Lega, che sognava di superare il partito dell’Emilia rossa e ora deve fare i conti con una storiaccia di dossier e veleni contro il sindaco della città.

Tra le vie del centro storico di Carpi si dipana l’intrigo che coinvolge un pezzo del potere della città emiliana. C’è il big del partito democratico locale, i favori al vescovo, le nomine nella fondazione bancaria, il ruolo accondiscendente di collaboratori e figure di raccordo tra amministrazione e chiesa. Una storia che può sembrare confinata al perimetro della provincia di Modena, ma che in realtà ha risvolti nazionali per il Pd già in crisi di consensi in vista delle prossime elezioni comunali e regionali.

Inchiesta
Emilia: il malaffare che imbarazza il Pd. In crisi di consenso e con le elezioni sempre più vicine
31/1/2019
In questo giallo di provincia emerge anche un patto tra renziani e leghisti per isolare e diffamare il sindaco in carica, Alberto Bellelli, ricandidato dal partito dopo aver cacciato dalla giunta il renziano indagato che flirtava con la Lega. Il renziano in questione si chiama Simone Morelli, ormai solo ex vice di Bellelli. Morelli è indagato per vari reati, per alcuni la procura ha chiesto l’archiviazione, per altri invece no.

La tentata concussione, per esempio, è ancora in piedi. Così come la tentata diffamazione aggravata ai danni del suo sindaco e compagno di partito. Per quest’ultima ipotesi è sotto inchiesta insieme a un militante leghista di Modena. La collaborazione non deve sorprendere: nei giorni successivi alla notizia dell’indagine sul conto di Morelli, in molti lo davano candidato a sindaco di Carpi con il sostegno del centrodestra, inclusa la Lega. Voci di paese? Forse. Di certo, però, per spodestare il sindaco ha cercato una sponda non solo in semplici militanti leghisti, ma anche in Stefano Vernole, funzionaro del Carroccio modenese (non indagato), affinché le accuse inventate su Bellelli finissero in un’interrogazione al consiglio regionale. Morelli, dal renzismo agli uomini di Matteo Salvini in Emilia.

«Mi sono sentito tradito», racconta Bellelli a L’Espresso, «ho sempre lottato per migliorare il partito di cui faccio parte. Sapere che c’è stato chi vicino a me ha tramato per colpirmi mi fa molto male. Come diciamo qui, tengo botta. Ho sentito il calore della gente, mi chiedono di andare avanti. Nessun tipo di solidarietà è invece arrivato dalla Lega».

La colpa di Bellelli è una sola: non si è mai allineato al pianeta vescovile, incarnato a Carpi da monsignor Francesco Cavina. Classe ’55, è arrivato nella diocesi carpigiana durante il pontificato di Benedetto XVI, di cui è stato uno dei più stretti collaboratori, nella Segreteria di Stato. Lo ha consacrato vescovo, il 22 gennaio 2012, Tarcisio Bertone, il segretario di Stato in auge ai tempi del Papa tedesco. Cavina arriva a Carpi il 5 febbraio 2012, l’anno del primo scandalo VatiLeaks e del terremoto, che ha colpito duramente anche Carpi. Per VatiLeaks fu processato dalla giustizia vaticana il maggiordomo di Ratzinger. E proprio quest’ultimo, Paolo Gabriele, tirerà in ballo il nome di monsignor Cavina. Il vescovo si è sempre difeso spiegando che pur conoscendo Paolo Gabriele, non hanno mai parlato di lavoro durante i loro incontri. «Sono sconvolto e dispiaciuto», disse Cavina. Da vescovo, a Carpi ha stretto alleanze e ha cercato sponde politiche. Tra questi sicuramente c’è Simone Morelli, vicesindaco di Carpi fino alla bufera giudiziaria che lo ha travolto. Ora L’Espresso è in grado di rivelare che anche il vescovo è indagato per corruzione elettorale insieme all’ex vice sindaco Morelli, ma la procura si appresta a chiedere al gip l’archiviazione.

L’indagine “Mangiafuoco” condotta dall’Arma di Carpi, guidata da Alessandro Iacovelli, è un atto d’accusa pesantissimo nei confronti del sistema di favori e clientele messo in piedi dal renziano Morelli. Sistema di cui avrebbe fatto parte anche l’alto prelato. E che ha duramente osteggiato il sindaco Bellelli, offeso ripetutamente dal suo vice nelle intercettazioni: «comunista del caz... buffone, il “bamba”», così lo apostrofava Morelli. I detective nella loro informativa riportano decine di intercettazioni telefoniche in cui emerge la figura di un uomo di chiesa coi piedi ben piantanti negli affari terreni. E di un vicesindaco molto attento alla “Santa benedizione” della diocesi per garantirsi in futuro una elezione sicura. Uno scambio, è l’ipotesi dei carabinieri e della procura di Modena, che sarebbe alla base della corruzione elettorale avvenuta attraverso l’appalto delle fontane danzanti, ideato dalla curia e pagato con soldi pubblici. Tuttavia, secondo la procura di Modena guidata da Lucia Musti, la giurisprudenza sulla corruzione elettorale è rigida. Dunque, seppure sono provati gli stretti rapporti tra Morelli, il vescovo e il suo entourage, potrebbero non essere sufficienti in un processo. Per questo motivo la pm Claudia Natalini e la stessa Musti hanno deciso di non proseguire, scegliendo la strada dell’archiviazione per Cavina, Morelli e altri. L’ultima parola spetta, però, al gip.

Il capitolo corruzione elettorale, perciò, non è chiuso.

Ma al di là del rilievo penale, c’è una questione etica e politica che interessa i cittadini. È opportuno che un membro della giunta faccia di tutto per ingraziarsi il vescovo? E viceversa, è opportuno che il massimo rappresentante del Vaticano sul territorio interferisca nella vita politica di una comunità? Nell’informativa finale sui 22 indagati, gli investigatori guidati dal capitano Iacovelli spiegano l’origine del patto politica-diocesi: «Sono stati sempre chiari i termini di questo scambio elettorale: Morelli, il cui traguardo è evidente («mi vogliono tutti candidato sindaco in questa città»), cerca i voti della Chiesa prestandosi per elargire “favori” al suo più alto rappresentante locale». I militari si riferiscono in particolare allo spettacolo della fontane danzanti, che si doveva svolgere l’8 dicembre scorso in occasione della festa per il ritorno della Madonna Assunta in Cattedrale. Uno show fortemente voluto dal vescovo, come dimostrano i documenti allegati al fascicolo di indagine. Carte, ma anche testimoni diretti: «A fine luglio 2018 venni contattato telefonicamente dal vescovo di Carpi, mons. Francesco Cavina, il quale mi diede mandato di iniziare a concepire uno spettacolo adeguato».

A parlare è il titolare della Prestige Eventi, cioè l’azienda che aveva ricevuto l’incarico di organizzare la festa in piazza per conto della Diocesi. L’imprenditore rivela, per esempio, che il contratto gli fu restituito firmato dal vescovo Cavina, «che mi avrebbe pagato ad emissione di fattura attraverso bonifico». Fin qui, quindi, nulla di strano. Ad alimentare i sospetti è quel che accade nei giorni successivi: «Verso ottobre, fui contattato (da persone vicine al vescovo e a Morelli ndr), e mi informarono che le spese dello spettacolo le avrebbe pagate interamente il comune di Carpi, per poi successivamente ritrattare. A seguire mi ricontattarono per confermarmi nuovamente che le spese sarebbero state pagate dall’amministrazione comunale».

Tanto che l’imprenditore riceve dall’ufficio tecnico una prima notifica dell’avvio della trattativa diretta per assegnare lo spettacolo all’azienda scelta dal vescovo. L’ingranggio si inceppa pochi giorni dopo, perché la procura dispone le prime perquisizioni in quell’ufficio e lo spettacolo verrà annullato. Nei dialoghi intercettati tra i collaboratori del vescovo e di Morelli emerge un ulteriore dettaglio sul bando regalato alla chiesa. «Al di là che ci sia magari un piccolo ribasso da parte del fornitore che si aggiudicherà la gara... è chiaro che quello che avanza diventerà un’erogazione liberale dovuta alla diocesi». Chi parla è Simone Ramella, una sorta di collaboratore di Morelli. Scrivono gli investigatori: Ramella si è proposto «con il vescovo di contribuire nelle spese per un concerto in programma la sera del 7 dicembre in cattedrale. Contribuire, ma non con i suoi soldi bensì malversando parte del contributo che il comune elargirà per la festa dell’Assunta». È sempre l’uomo di Morelli a spiegare come funziona il rapporto con la diocesi: «Anche il vescovo quando ho bisogno è stato sempre vicino, non mi ha mai detto di no, ci tengo a ricambiarlo così».

La figura di monsignor Cavina divide la città. C’è chi lo apprezza e chi lo ritiene una manovratore di cose troppo terrene per un pastore di anime. I detrattori sostengono che la manina del vescovo sia intervenuta pure in occasione del rinnovvo del Cda della Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi. Anche in questo caso in asse con Morelli. Un altro capitolo di questa saga carpigiana, che inizia con l’ostruzionismo nei confronti del presidente dell’epoca Giuseppe Schena, ritenuto poco collaborativo dalla massima autorità della Chiesa di Carpi. Schena alla fine non si è ricandidato. A salire in cima alla fondazione è stato Corrado Faglioni, con la benedizione di monsignor Cavina. Faglioni, tuttavia, ha sempre escluso che la sua fosse la lista del vescovo. «Il mio ex vicesindaco millantava contatti a destra e manca, io sono per il dialogo con le altre istituzioni, di certo però non sono disposto a inginocchiarmi per il potere».

Una cosa è certa. Il vescovo non disdegna regali neppure dai fedeli. Quelli di una donna, per esempio, che lo definisce «un angelo». «Ti ho mandato dei regali, però io volevo regalarti un paio di scarpe», dice la donna al monsignore. E aggiunge: «te non devi ricambiare con niente, per me sei una persona di cui ho bisogno, indispensabile nella mia vita... dici delle cose che corrispondono proprio al mio essere cattolica … anche l’altro giorno l’omelia in casa tua... tutto vestito di bianco e rosa ... sembravi un angelo... comunque se tu fossi un uomo normale ti sposerei... perché andremmo d’accordo... comunque adesso cerco le scarpe e poi te le mando».

Il vescovo è tenuto molto in considerazione proprio per il suo passato in Santa Sede. Riceve confidenze assai sensibili. In alcune intercettazioni una conoscente gli rivela informazioni apprese a Medjugorje durante l’ultimo pellegrinaggio. La notizia riguarda un giovane presbitero, sul quale, spiega la donna al vescovo, ci sarebbe un fascicolo per pedofilia in Vaticano, che lo ha saputo «da fonti certissime Eccellenza... Visto che lei è intrallazzato a Roma, s’informi su questo fascicolo». E sa anche, la signora tornata da Medjugorje, di diaconi omosessuali e di notizie da pubblicare bloccate pagando 15 mila euro a una trasmissione televisiva. Segreti in mano a Cavina. Misteri che da Carpi insidiano il Cupolone.