Nell'era della mercificazione elettorale e del divorzio tra l'Io e il Noi, solo l’empatia di un nuovo agire può ricucire il rapporto tra decisori e popolo

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«Una massa umana non si distingue e non diventa indipendente per sé, senza organizzarsi (in senso lato) e non c'è organizzazione senza intellettuali, cioè senza organizzatori e dirigenti, cioè senza che l'aspetto teorico del nesso teoria-pratica si distingua concretamente in uno strato di persone specializzate nell'elaborazione concettuale e filosofica», scriveva Antonio Gramsci.

Nel contesto odierno, masse di persone subiscono forme diverse di disuguaglianze che spostano in là i confini tradizionali di classe rendendoli labili e ibridi. Queste masse disorientate non sempre hanno la consapevolezza delle cause profonde sottostanti alla loro condizione di malessere. In effetti, le loro "reazioni spontanee" - che sono espressioni dello stato di sofferenza che li pervade - non portano automaticamente a una presa di coscienza delle ragioni del proprio disagio, almeno che queste ultime non vengono decifrate da pensatori impegnati ad accompagnare le masse nell'esercizio di anatomizzare lo stato sociale.

Di fronte a questa realtà, la politica, sedotta dall'arte della spettacolarizzazione, "sensazionalizza" ed esaspera le disperazioni delle masse, rifugiandosi nell'opera della semplificazione insita nella sovrastruttura, sfuggendo così dall'indagare i processi in atto nella struttura. Il divorzio spirituale e fisico tra la politica e le masse si è consumato in questo quadro dove la società viene mercificata elettoralmente. In effetti, la distanza profonda e costante che si sta creando tra questi due soggetti è l'emblema del divorzio tra pensiero e realtà, tra parola e azione, tra spirito e fisico.

In questo scenario della società "mercificata elettoralmente", la politica, perdendo la propria anima e raison d'être, è diventata prepotente, arrogante, spudorata, pressapochista, superficiale, semplificatrice, egoista, egocentrica, inebriata dall'esercizio del potere, bulimica del presentismo e generatrice del sentimento di inimicizia. Questa politica, autoreferenziale e priva di morale, non suscita emozioni ed empatia costruttiva, visto che non riesce a sintonizzarsi con il sentire comune delle masse. 

Sarebbe intellettualmente ipocrita e politicamente illusorio pensare che il divorzio tra politica e masse si possa sanare attraverso tornate elettorali o manovre di palazzo giocate sul prato della sovrastruttura. Occorre ripensare a una politica alta ed altra elaborata nella dimensione radicale della struttura, se si desidera ricelebrare lo smarrito sposalizio tra la politica e le masse.

Una politica alta deve essere in grado di esprimere un pensiero politico di lungo respiro capace di generare una cultura creatrice di nuovi valori radicati ed impregnati di umanità. La politica alta deve altresì essere accompagnata dall'utopia dell'immaginazione perché il sogno deve rimanere un focolare della speranza. Dall'altro canto, una politica altra deve essere capace di calarsi nella realtà quotidiana delle masse, immedesimandosi nelle loro sofferenze, nelle loro disperazioni e nelle umiliazioni silenti e latenti nella società. Questa politica, individuando di volta in volta un equilibrio tra dimensione teorica e prassi, deve dare risposte concrete alle persone mettendo l'Io al servizio del noi in un cammino collettivo partecipato.

Queste due dimensioni della politica vanno sintetizzate all'interno di un'organizzazione capace di accomodare le diversità facendole convergere verso una prospettiva di comunità e creando nel contempo unità tra le moltitudini anime della società che esprimono desideri, bisogni e sogni diversi. 

Questa politica, intesa come nobile missione del dare e del fare in una prospettiva estetica, deve ambire a migliorare le condizioni delle masse e a tutelare il bene comune nell'era dell'economia digitale e dei processi di disgregazione della globalizzazione. Questa azione politica, da interpretare in una visione internazionale, deve emanciparsi dal giogo del potere economico che impastoia il libero perseguimento di alti e nobili ideali rivolti a dare speranza ai desideri e ai bisogni delle masse. 

In questa ottica, l'alta e l'altra politica devono essere generosamente al servizio delle masse trasformando le loro inconsapevole e spontanea rivolta in una rivoluzione spirituale consapevole e strutturata.