Vietati a Istanbul gli articoli sul grande riciclatore protetto dal presidente. Una storia di miliardi sporchi e complicità di Stato che l'Espresso pubblica integralmente con i consorzi Icij e Occrp

erdogan
Il regime di Erdogan ha censurato i Finces Files, l'inchiesta giornalistica internazionale sulle centrali del riciclaggio di denaro sporco, che ha coinvolto anche un uomo d'affari molto vicino al presidente turco.

La storia di Reza Zarrab, il mercante d'oro che da Istanbul ha trasferito più di 13 miliardi di dollari all'Iran violando l'embargo, è stata raccontata dall'Espresso e da decine di testate straniere a partire dal 20 settembre scorso, quando più di 400 giornalisti in 88 nazioni hanno cominciato a pubblicare i risultati dell'inchiesta.

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In Turchia, però, gli articoli sono stati messi al bando. Il divieto è l'effetto di un «ordine restrittivo», convalidato da una corte fedele al regime, che proibisce a tutti i media turchi di pubblicare le notizie dei Fincen Files che riguardano Zarrab e documentano i suoi legami con Erdogan e il suo governo. Lo stop è scattato dopo la diffusione dei primi articoli del network internazionale Occrp, ma per i giornalisti turchi funziona come una censura preventiva: nessuno può scrivere niente, né ora né mai. Per ricordare al regime turco che invece, nei paesi democratici, «la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure», come stabilisce la Costituzione italiana, riproponiamo il testo dell'inchiesta pubblicata dalla nostra testata  con un link all'articolo in lingua inglese di Occrp.

Il caso Zarrab è uno dei tanti capitoli dell'inchiesta Fincen Files, fondata su documenti riservati dell'agenzia americana anti-riciclaggio, ottenuti da BuzzFeed News e condivisi con il consorzio Icij, famoso per i Panama papers, di cui fa parte il nostro settimanale in esclusiva per l'Italia. Ecco la storia di Zarab raccontata dall'Espresso.

I Fincen Files svelano anche un intrigo di portata mondiale, che ha un nome in codice: gold for gas. Un miliardario turco, Reza Zarrab, ha aiutato per anni l'Iran ad aggirare le sanzioni internazionali decise per fermare le sue velleità atomiche. Un sistema fondato su un doppio contrabbando: l'Iran vende gas in cambio di oro e preziosi, con triangolazioni per miliardi manovrate da Zarrab.

Prima dello scandalo, in Turchia lui era una celebrità, con fortissimi agganci nel governo e nella famiglia presidenziale. «Gold for gas» esplode a sorpresa nel dicembre 2013: il re Mida di Istanbul viene arrestato. E quattro ministri si dimettono. I giornali d'opposizione rivelano che la procura turca ha intercettato anche telefonate compromettenti di Erdogan in persona. Il presidente islamista grida al complotto, parla di «intercettazioni false», di «golpe giudiziario» ordito dal suo ex alleato Fetullah Gülen. A quel punto gli inquirenti diventano inquisiti: centinaia di procuratori, giudici e poliziotti finiscono in carcere. L'inchiesta si ferma. E Zarrab torna libero già nel febbraio 2014. 

Nel 2016, però, viene riarrestato negli Stati Uniti. Dove pochi mesi dopo confessa non solo di aver orchestrato davvero lo scandalo dell'oro all'Iran, ma anche corrotto diversi funzionari e quattro ministri turchi. E ammette di aver aiutato Teheran a incamerare, in totale, 13 miliardi di dollari.

Dopo l'elezione di Trump, il vento cambia anche negli Usa. Rudolph Giuliani, l'avvocato del presidente, difende anche Zarrab. E il Washington Post rivela che l'ex procuratore ha chiesto all'allora segretario di Stato, Rex Tillerson, di fare pressioni per chiudere l'istruttoria sul mega-riciclatore. Ma l'inchiesta continua. E nel 2019 coinvolge anche la banca turca Halkbank. Nel suo libro, l'ex ministro repubblicano John Bolton scrive che Erdogan sarebbe intervenuto personalmente su Trump, in difesa della banca. E il presidente americano gli avrebbe promesso di interessarsi, avvertendolo però che il caso, purtroppo, era seguito da procuratori legati a Obama.

Le carte di BuzzFeed News scoperchiano molti altri retroscena di questo intrigo. Come i soldi incassati dall'ex ministro Flynn e dall'avvocato Michael Cohen, il legale di Trump che pagava le pornostar, ora in rotta col presidente: milioni di dollari per fare lobby a favore del governo turco. Ma è lo stesso Zarrab che sembra ancora custodire segreti inconfessabili. I giornalisti di Occrp hanno identificato una serie di offshore che hanno incassato centinaia di milioni mai dichiarati nei suoi interrogatori. E con la stessa rete di «gold for gas» avrebbero ripulito soldi anche società russe: un'accusa che Zarrab aveva smentito. E che potrebbe aprire un nuovo capitolo del Russiagate.

I giornalisti del consorzio hanno contattato tutti gli interessati, dal governo turco alle banche, dalle società russe agli uomini di Trump, che negano qualsiasi ipotesi di reato. Secondo i Fincen Files, però, al caso Zarrab sarebbero legate altre operazioni finora sconosciute: tesori offshore ancora misteriosi. Americani che coprono scandali iraniani, russi che usano le stesse riciclerie dei turchi: benvenuti a Launderland, il magico mondo del riciclaggio, dove il denaro è la misura di tutte le cose.

Ecco l'articolo di Occrp, firmato da Tom Stocks, Daniela Castro e Kelly Bloss, che ha scatenato la censura turca:
https://www.occrp.org/en/the-fincen-files/the-government-is-in-on-it-an-insiders-account-of-the-reza-zarrab-conspiracy