Dietro agli scaffali sempre pieni c'è il lavoro di chi ha continuato a garantire le merci in tutta Italia. Rischiando molto, tra mille nuove difficoltà. E finendo spesso trattato come un potenziale untore

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«Quarantotto», grida un uomo affacciandosi alla porta scorrevole. Il primo della fila si incammina verso l’ingresso, spingendo il carrello, dietro tutti avanzano con ordine, a piccoli passi. Qualcuno fa microscopiche passeggiate - avanti e indietro - curandosi di non varcare l’area del vicino. La maggior parte è al cellulare, pochi chiacchierano a distanza. In fondo un ragazzo con la mascherina calata sul mento e gli occhiali fuma una sigaretta. Marco strofina le mani bagnate dal gel disinfettante e indossa i guanti.

C’è silenzio nel supermercato interrotto dalla voce soave che ricorda di mantenere la distanza di sicurezza di almeno un metro dagli altri clienti. Si sentono le istruzioni che il responsabile dà ai dipendenti per riempire gli scaffali e spezzoni di discorsi che arrivano dalle casse, l’unico luogo in cui è impossibile non incrociare gli sguardi. C’è tensione: paura di invadere la traiettoria di un altro cliente, di non intuire al primo colpo la fila giusta dietro cui incolonnarsi, di dover riporre un prodotto toccato per distrazione. È venerdì: il giorno che ha preso il posto del sabato per gli italiani che vanno a fare la spesa, secondo Nielsen, gigante della misurazione di ciò che succede nella grande distribuzione.

«Il supermercato», racconta Federica, responsabile vendite, «è diventato un punto di riferimento per gli italiani in questa situazione di emergenza. Passo tanto tempo al telefono durante il turno di lavoro perché chi chiama per ordinare la spesa a domicilio ha voglia di parlare e mi descrive la giornata. Sono anziani soprattutto che non vedono nessuno da giorni».

Da quando è iniziata la pandemia, i consumi degli italiani sono cambiati seguendo la trasformazione dello stile di vita: nelle prime settimane c’è stata un’impennata nelle vendite della Grande Distribuzione Organizzata - supermercati, liberi servizi, discount - che ha superato il +16 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Sono scese drasticamente le vendite dei Cash & Carry, canale principale di distribuzione per gli operatori del settore Horeca (hotel, ristoranti e caffè). Negli ultimi giorni il trend della Gdo, comunque positivo, si è normalizzato in favore della crescita degli e-commerce, dei negozi di quartiere - più vicini a casa - e dell’acquisto diretto dai produttori.
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Maria Letizia Gardoni, giovane presidente di Coldiretti Marche, è sicura che anche da questo periodo difficile sarà possibile trarre esperienze positive. «Il settore agricolo è variegato e non tutti stanno reagendo allo stesso modo: gli agriturismi sono chiusi e lo saranno anche nei prossimi mesi. I florovivaisti soffrono in una stagione in cui solitamente facevano il 70 per cento del fatturato. C’è stato un momento critico, soprattutto all’inizio, per le aziende che riforniscono hotel, ristoranti e bar con prodotti freschi. Anche le esportazioni all’estero sono notevolmente ridotte a danno, ad esempio, delle grandi aziende vitivinicole. Ma i produttori si stanno organizzando: vendita diretta al consumatore, consegne a domicilio e campagne di promozione per l’acquisto di prodotti locali da parte dei supermercati».

Si sente il rumore del vento che muove le foglie in sottofondo, Maria Letizia manda avanti la sua azienda che produce ortofrutta biologica e dirige l’organizzazione regionale degli imprenditori agricoli. «Il mercato, le modalità di lavoro e le abitudini degli italiani stanno cambiando con la pandemia: oggi ci rendiamo conto del valore che ha il cibo genuino e c’è ancora molto da fare».

Anche per Michele il carico di lavoro non è diminuito con il Coronavirus. È responsabile relazioni industriali della Cft, cooperativa che si occupa di trasporto, movimentazione e magazzinaggio di carne, pesce, frutta, verdura, latticini e scatolati. «Tutto è iniziato nel Novecento quando i facchini di piazza Ghiberti, ex carcerati, rifornivano il mercato ortofrutticolo di Sant’Ambrogio a Firenze. Oggi curiamo la logistica della piccola e grande distribuzione della Toscana. Le procedure di sicurezza esplicitate dal protocollo del 14 marzo per il contrasto del Covid-19 hanno modificato la nostra operatività».

I camion utilizzati per il trasporto della merce sono sanificati dopo ogni viaggio. Prima di ciascun turno di lavoro viene misurata la temperatura a tutti i dipendenti che indossano i dispositivi di protezione individuale: mascherine e guanti. I team sono bloccati in modo che il personale si incontri il meno possibile e questo comporta maggior pressione sul singolo lavoratore che diventa indispensabile per il funzionamento dell’intera catena.

«I magazzini sono grandi ma evitare il contatto fisico durante il posizionamento delle merci non è così scontato. Prima ci aiutavamo con un carico pesante e ci scambiavamo gli auricolari che utilizziamo per comunicare. Ora perfino le pause sono regolamentate. Alcune azioni semplici, come compilare i documenti per il trasporto dei colli, sono diventate complicate con i guanti di plastica che impediscono al foglio di aderire al dito», dice Matteo, dipendente Cft, sorridendo.

Le nuove norme hanno rallentato in parte i tempi di lavoro e accresciuto i costi delle aziende per l’attuazione dei protocolli di sicurezza come l’acquisto dei dispositivi di protezione individuale o la regolamentazione dei turni di lavoro ma l’aumento della richiesta dei prodotti, in alcuni casi, ha coperto i nuovi costi. Sta soffrendo il settore ittico, richiestissimi sono farine e leviti. È finito il tempo delle scorte per gli italiani ed è iniziato quello di panificatori, pizzaioli e pasticceri, si evince dai dati sulle vendite Coop.

Molino Spadoni è un’azienda romagnola di farine che ha raddoppiato la sua produzione da 250 mila sacchetti dello scorso anno ai 500 mila di oggi. Ha riorganizzato la distribuzione della propria forza lavoro alleggerendo il personale delle aree dedicate al foodservice, attualmente a regime ridotto, per potenziare gli stabilimenti di produzione di beni per la distribuzione organizzata. «C’è stato qualche problema nel reperire i sacchetti per la farina», spiega Laura, brand manager in smart working dell’azienda. «Non ci aspettavamo una richiesta così elevata ma siamo riusciti ad organizzarci». Per la Molino Spadoni l’attuazione delle nuove norme di sicurezza ha comportato un aumento dei costi in quanto, per garantire il distanziamento sociale dei dipendenti, ha dovuto diluire i turni di lavoro ma non è previsto un aumento del valore del prodotto per il consumatore.

Coop Italia fa lo stesso, prezzi bloccati fino al 31 maggio. Per Claudio, responsabile freschi e freschissimi, è importante offrire una sensazione di normalità ai consumatori e proteggere la spesa dai rischi speculativi. «I prezzi di alcuni generi alimentari sono cresciuti in questo periodo ma Coop ha deciso di assorbire il carico. A incidere sono soprattutto le procedure di preparazione dei prodotti confezionati, più richiesti, ed il trasporto che accresce il prezzo del prodotto dal due fino all’otto percento.

Gli agrumi, ad esempio, come la maggior parte della frutta, sono prodotti in sud Italia. Prima i camion che li trasportavano verso nord rientravano carichi di manufatti, ora che le fabbriche sono chiuse o a regime limitato tornano vuoti. È inevitabile che questo causi un aumento dei costi. E c’è un’altra grande incognita nella determinazione dei prezzi futuri dei generi alimentari: l’eventuale carenza di manodopera. La maggior parte delle attività agricole venivano svolte da cittadini extracomunitari o comunitari dell’est che in questo momento, fisicamente, non possono venire».

Federico fa l’autista da una vita, trasporta generi alimentari. «Non sono abituato a essere trattato in questo modo», dice consapevole ma con un pizzico d’amarezza, «prima, durante lo scarico delle merci, mi capitava di fare due chiacchiere con i clienti o che qualcuno mi offrisse un caffè. Ora sono come un appestato: in pochi mi rivolgono la parola, nessuno mi fa usare il bagno. Resto orgoglioso del mio lavoro, a volte ho un po’ di timore, ma sono un anello importante della catena, non mi fermo».

La rete che permette la distribuzione di generi alimentari in tutta Italia regge il duro colpo battuto dal Coronavirus: vacilla, si riorganizza, si adegua alle nuove procedure nonostante le difficoltà e non si blocca. Tira fuori lo spirito solidale di chi la compone: produttori, imprenditori e consumatori finali, lasciando ancora a tanti - anche se dovrebbe essere a tutti - la possibilità di fare la spesa, di scegliere che cosa mangiare per cena, di concedersi uno sfizio, un aperitivo o un bicchiere di vino (acquisti in crescita, secondo i dati Coop). I generi alimentari arrivano al mercato, al supermercato, a casa e con un click grazie a tantissimi esperti lavoratori, con mansioni a volte ignote ai più, ma egualmente indispensabili.

«Quando sei affaticato dal pesante carico che porti tra le braccia è dura respirare sotto la mascherina», dice Matteo. «Ma le nuove norme per il contenimento del Covid19 mi danno sicurezza: sono cauto e non ho paura mentre lavoro. Ogni volta che faccio la spesa, invece, e scelgo cosa comprare, penso a quante persone ci sono dietro la mela che prendo in mano e all’impegno che ci è voluto affinchè arrivasse nel reparto orto-frutta. Ci sono altri in prima linea nella lotta contro il Coronavirus ma noi siamo l’indispensabile retroguardia».