«Gli italiani non possono autoassolversi: la protesta che si sta vedendo ovunque non è solo contro gli abusi delle forze dell’ordine, ma riguarda gli abusi colpevoli e incolpevoli che subiamo ogni giorno»
James Baldwin più o meno sessant’anni fa si chiedeva come essere una persona nera in un mondo bianco, quale ruolo poteva avere nel suo Paese e come poteva rappresentarlo.
È passato un tempo lunghissimo eppure, noi, dopo tutti questi anni ancora ci domandiamo come sia possibile che vi siano così tante brave persone che pensano di poter parlare per te?
Incolpevolmente perché inconsapevolmente razzisti?
Cosa puoi rispondere alla cassiera della banca, che ti guarda con aria benevola e ti dice: «dimmi» dopo che ha dato del lei alla persona prima di te e lo farà anche a quella dopo di te?
Cosa puoi dire al compagno di partito che organizza la manifestazione per denunciare
il ragazzo ucciso sul ponte? Quel “ragazzo” che aveva quasi 60 anni e che se fosse stato un bianco lo avrebbe chiamato
l’uomo ucciso sul ponte.
Perché noi siamo le ragazze e i ragazzi anche a cinquanta e passa anni.
Noi siamo quelli che ci riconosciamo nella bella vignetta di Altan: «5 anni e poi diventi italiano». «E poi mi dà del lei?».”
Noi siamo quelli che dovremmo essere felici se ci viene data l’opportunità di sfuggire al lavoro nero ma solo per andare a lavorare nei campi come braccianti.
Noi siamo quelle e quelli che «accipicchia-come-parli-bene-l’italiano» anche se siamo nati qua e abbiamo la cittadinanza italiana.
Noi siamo le migranti e i migranti anche se abbiamo vissuto sempre o quasi in Italia.
E invece no. Noi pretendiamo di essere riconosciuti e di essere visti, di essere visibili perché troppe volte sui media siamo stati il problema e non la rappresentazione del presente. Pretendiamo di rappresentare noi stessi, di decidere per noi stessi. Pretendiamo che venga rispettata la Costituzione Italiana e che vengano rimossi tutti quegli ostacoli che impediscono a tutte le persone presenti sul territorio di avere la stessa dignità e le pari opportunità.
C’è un nesso stringente tra le piazze di questi giorni e l’asfittica legislazione di questo Paese che ha partorito i Decreti Sicurezza, ultimo prodotto nefasto figlio della legge Bossi-Fini mai superata. Nella aule della politica entra tutto ciò che ci ghettizza, tutto ciò che ci colpevolizza ma viene escluso tutto quello che servirebbe per una vera equità sostanziale. E così mentre le piazze si riempiono la politica dimentica lo Ius Culturae e anche lo Ius Soli con la scusa che questi non temi non interessano agli italiani. Ma chi sono gli italiani? Noi che siamo italiani come tutti gli altri riteniamo che questi temi siano centrali per il futuro del Paese che vive sempre di più una deriva legata all’istituzionalizzazione del razzismo che ci priva della normalità e della bellezza di essere come tutti.
Voglio non dovermi comportare meglio di altri per essere come gli altri. Voglio potermi spostare in un posto affollato senza dover mettere le mani bene in vista, voglio entrare in un negozio senza che mi segua la proprietaria, voglio andare a camminare in tuta per strade semi deserte, senza che si avvicinino per chiedermi quanto voglio, non voglio parlare sottovoce.
In queste settimane sta nascendo qualcosa e non deve essere una ennesima occasione sprecata. Abbiamo visto come in alcune piazze non è stato dato spazio a chi doveva essere ascoltato. Sappiamo parlare per noi stessi, così come sapevamo farlo anche decenni fa. Non scendiamo in piazza solo “in solidarietà con” il movimento Black Lives Matter. Gli italiani non possono autoassolversi, scendiamo in piazza per dire che ovunque, anche qui, c’è un problema di discriminazione che ha radici antiche e che va risolto. La protesta che si sta vedendo ovunque non è solo contro gli abusi delle forze dell’ordine, ma riguarda gli abusi colpevoli e incolpevoli che subiamo ogni giorno.
Questo movimento nuovo e antico al tempo stesso è adulto, è adulto da tantissimo tempo e porta sulla sua pelle e nella sua memoria le tante risposte mai date.
Antonella Bundu, nata 51 anni fa a Firenze, figlia di un architetto arrivato in Italia dalla Sierra Leone, attivista con i Social Forum, con Oxfam, nel sostegno al referendum sull’acqua, per Mimmo Lucano, consigliera comunale a Palazzo Vecchio. Si definisce «una donna nera, fiorentina e di sinistra»