Gli ebrei non si sentono sicuri. E i governi non fanno abbastanza. Nonostante la Commissione abbia appena annunciato la sua prima strategia sul tema. Parla Menachem Margolin, direttore dell'associazione degli ebrei europei

L'antisemitismo è in crescita in tutta Europa, al punto che la Commissione europea ha presentato in ottobre la prima strategia volta a combatterlo. Secondo un recente sondaggio sponsorizzato dall'associazione degli ebrei europei, un terzo degli interpellati ritiene che ci sia una rete ebraica segreta che influenza gli affari economici e politici mondiali. Un quarto di loro crede che le politiche di Israele rendano comprensibile l'odio nei confronti degli ebrei. La newsletter dell’Espresso Voci da Bruxelles ne ha parlato con Menachem Margolin, direttore dell'associazione degli ebrei europei.

 

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Quali pensa siano le cause dell'antisemitismo?

«Sono diverse: l'Europa sta attraversando molti cambiamenti, la situazione politica in Israele ha un grande impatto sulle vite degli ebrei in Europa. Ma l'elemento più importante è che l'antisemitismo è un male che esiste da tanti anni e che non sparirà se non lavoriamo duramente, se i capi di governo non faranno abbastanza. Gli ebrei da soli non ce la faranno a cambiare le percezioni negative».

 

Quanto diffuso ritiene essere l'antisemitismo in Europa?

«Circa il 20 per cento degli europei ha delle idee sbagliate sugli ebrei. Si tratta di quasi 100 milioni di persone. Le radici si trovano nei sistemi educativi e di giustizia che i governi potrebbero migliorare. Invece i leader parlano di tanto in tanto del problema ma non compiono mai azioni concrete».

 

Ritiene che l'antisemitismo abbia anche a che fare con il comportamento politico dello stato di Israele verso i palestinesi?

«Certo. Esistono forti relazioni tra Israele e i palestinesi e l'antisemitismo in Europa. Quest'ultimo rimbalza quando succede qualcosa. Molti europei sono arrabbiati contro gli ebrei: ma che colpa ha un ebreo di Milano per quello che succede in Israele?».

 

In quali zone d'Europa è più forte l'antisemitismo?

«Dipende da cosa si intende per antisemitismo. In alcuni Paesi c'è una grande sensibilità sull'Olocausto, in altri c'è un problema di istruzione, in altri di libertà religiosa. Stiamo lavorando per capire quali sono i governi che fanno di più per combattere l'antisemitismo».

 

Menachem Margolini

Quali parametri considerate?

«La sicurezza nelle strade; la disponibilità di prodotti kosher, visto che alcuni Paesi, come il Belgio, hanno reso illegale l'uccisione degli animali alla maniera ebraica (ndr: per dissanguamento) e l'atteggiamento dei governi verso Israele, ovvero se applicano o meno un doppio standard».

 

In che senso?

«Un esempio: stiamo verificando quali governi votano in sede Onu contro Israele sulle questioni dei diritti umani dieci volte più spesso di quanto non condannino l'Iran. Ciò contribuisce a rendere gli ebrei in Europa più a rischio attacchi».

 

In un recente rapporto presentato durante l'incontro annuale dei leader ebraici a Bruxelles, è uscito fuori che i Paesi europei dove ci sono maggiori attacchi contro gli ebrei sono anche quelli dove è minore l'antisemitismo. Come se lo spiega?

«Non tutti coloro che hanno percezioni sbagliate verso gli ebrei hanno un motivo per fare un attacco.E poi una delle associazioni dietro l'antisemitismo è “Boicotta Israele” e loro incitano contro Israele al punto che anche un singolo può decidere di attaccare da solo, dovunque si trovi».

 

Perché è aumentato l'antisemitismo in Europa?

«L’immigrazione è un fattore importante. Negli ultimi anni sono entrate in Europa molte persone con una storia di antisemitismo, e mi riferisco a libanesi, siriani, iracheni e afgani. In questi Paesi l'Islam radicale è al potere e ha una grande influenza. Nell'accogliere gli immigranti, gli europei non dovrebbero solo offrire cibo e un letto ma anche dare educazione e strumenti valoriali nuovi. Abbiamo una nuova generazione in Europa che non sa nulla dell'Olocausto e della storia ebraica».

 

Concretamente quali sono le due cose principali che i governi europei dovrebbero fare?

«Gliene dico tre: assicurare la libertà religiosa, garantire la sicurezza degli ebrei e aggiornare il curriculum scolastico».

 

Come assicurare la libertà religiosa?

«Dipende: per alcuni vuol dire avere una sinagoga a disposizione, per altri trovare il cibo kosher. In altri casi, come a Bruxelles, insegnare a non chiamare gli ebrei “sporchi ebrei”, come capita spesso a mio figlio che dice di essersi abituato all'appellativo».

 

Cosa pensa delle recenti linee guida lanciate dalla Commissione europea, per la prima volta, per combattere l'antisemitismo?

«Tante buone idee. Ma non sono sufficienti, soprattutto per quanto riguarda la garanzia della libertà di religione. Ad esempio negli ultimi anni il governo belga ha bandito l'uccisione degli animali secondo il metodo kosher e ora sta discutendo di circoncisione, il tutto senza mai consultare la comunità ebraica».

 

Qual è il Paese europeo dove gli ebrei sono accolti meglio?

«L'Ungheria è un buon esempio. Il governo fa molto per aiutare gli ebrei. La fabbrica che ha dovuto chiudere in Belgio si è trasferita in Ungheria, che ha recentemente anche costruito una nuova sinagoga. In più c'è grande sicurezza. E infatti, a differenza di altri Paesi, nessun ebreo ha intenzione di emigrare».