L’amministratore delegato di Sogin Emanuele Fontani vive e lavora a Roma. Ma la sua sede di lavoro è fissata per contratto in un paese del Piemonte. In questo modo incassa soldi in più con una tassazione favorevole

Per Sogin non c’è lockdown che tenga. Anche nell’anno della pandemia, quando milioni di italiani sono stati costretti a lavorare da casa, la società pubblica incaricata di smantellare le centrali nucleari ha continuato a distribuire ricche indennità di trasferta ai suoi manager di vertice. Denaro dei contribuenti, perché l’azienda controllata dal ministero dell’Economia viene finanziata con un prelievo dalle bollette elettriche. Si calcola che dal 1999, quando è stata fondata, la Sogin sia costata oltre 4 miliardi alle casse dello Stato con risultati fin qui deludenti, visto che potrebbe non bastare un altro ventennio per smantellare in sicurezza gli impianti chiusi dopo il referendum sul nucleare del 1987. Nel frattempo sono destinati a crescere ancora gli oneri a carico del bilancio pubblico, a cominciare dalle spese per il personale, che conta su circa 1.150 dipendenti.

 

A capo di questo esercito, composto per oltre la metà di impiegati, c’è l’amministratore delegato Emanuele Fontani, origini senesi, un ingegnere nucleare nominato al vertice nel 2019 dopo dieci anni di carriera interna al gruppo pubblico. Ebbene, dalla tabella sui compensi pubblicata da Sogin sul proprio sito si scopre che Fontani nel 2020 ha ricevuto 21.060 euro a titolo di indennità di trasferta. Questa somma va ad aggiungersi ai 140 mila euro dello stipendio base e ad altri 8.385 euro classificati come «parte variabile». A conti fatti, quindi, gli extra per le missioni di lavoro valgono il 15 per cento circa della retribuzione complessiva dell’amministratore delegato. 

 

La sorpresa più grande, però, è un’altra. Visto che i dirigenti di Sogin, da contratto, quando sono in viaggio per conto dell’azienda ricevono 90 euro al giorno come paga supplementare, basta un rapido calcolo per concludere che nel 2020 Fontani dovrebbe aver trascorso ben 234 giorni in trasferta. Un dirigente sempre in viaggio, tra lockdown e restrizioni anti Covid-19 d’ogni sorta. Possibile? Secondo quanto risulta all’Espresso, il capo di Sogin risiede a Roma, ma ha mantenuto la sua precedente sede di lavoro a Bosco Marengo, in Piemonte, ovvero la sede a cui era stato assegnato con la qualifica di «direttore disattivazione impianti». 

 

A Bosco Marengo, infatti, si trova uno dei siti nucleari da smantellare. Quindi, pur vivendo e lavorando nella Capitale, il manager pubblico incassa l’indennità di trasferta ogni volta che varca la soglia del suo ufficio romano. «Fontani però ha rinunciato ai compensi legati alla carica di amministratore delegato», precisano da Sogin. Di certo, grazie alla finzione delle trasferte, il numero uno della società di Stato, inquadrato come lavoratore dipendente con stipendio da dirigente, risparmia anche sulle tasse, visto che i 90 euro extra sono esenti da imposta fino a 46,4 euro. 

 

Adesso Fontani, 48 anni, è chiamato a gestire la complicata ricerca di un sito dove depositare le scorie nucleari, ma da settimane deve anche difendersi dalle voci, raccolte da un’interrogazione parlamentare, che tirano in ballo la sua frequentazione con Piersante Morandini, un consulente attivo a Roma e inserito in uno studio professionale che da tempo lavora per Sogin in Slovacchia, dove l’azienda italiana collabora da anni con una società locale, la Javys, pure impegnata nello smaltimento di scorie nucleari. Fontani e Morandini, padrino di battesimo del figlio del manager pubblico, vantano antichi e consolidati rapporti d’amicizia. Entrambi sono di casa a Bratislava, la capitale della Slovacchia dove il padre di Morandini, scomparso nel 2015, ha aperto una filiale dello studio legale di famiglia già nel 2009. Fontani, invece, ha frequentato il Paese centroeuropeo per conto dell’Enel tra il 2007 e il 2008 e poi da amministratore delegato di Nucleco, una società controllata da Sogin impegnata nella messa in sicurezza di una parte della centrale nucleare di Bohunice.

 

Morandini, classe 1976, tira le fila anche di collaudate relazioni negli ambienti politici. Le cronache di una dozzina di anni fa lo descrivono come il coordinatore nazionale dei giovani dell’Udc, il partito di Pier Ferdinando Casini. Adesso invece il consulente di Sogin è accreditato di ottimi rapporti con Adolfo Urso, il senatore di Fratelli d’Italia che presiede il Copasir, la commissione parlamentare di controllo sui servizi segreti. Proprio con Urso, il 22 ottobre scorso, Morandini ha moderato in Senato un dibattito sulla sicurezza informatica. Da tempo però il nucleare è al centro degli interessi del professionista romano, che giusto un paio di anni fa organizzò, anche allora insieme a Urso, un convegno alla Camera sul decommissioning, cioè lo smantellamento delle centrali. In quell’occasione Morandini prese la parola auspicando che la messa in sicurezza dei siti nucleari potesse avere «un veloce rilancio cogliendo l’occasione del rinnovo in Sogin dei vertici aziendali». 

 

Due mesi dopo, designato dal governo, si è insediato al vertice della società pubblica proprio il suo amico Fontani. Comprensibile, a questo punto, la soddisfazione di Morandini. Risale al 2015, infatti,  il contratto siglato tra Sogin e lo Studio Morandini associati di Bratislava, che è stato scelto, spiegano all’azienda pubblica, «dopo un’apposita indagine di mercato avvenuta nel rispetto della normativa». Nell’arco di cinque anni, in virtù di questo incarico, i consulenti romani hanno incassato circa 600 mila euro, dicono a Sogin.

 

Restano da segnalare un paio di fatti. Meno di un anno dopo la nomina di Fontani, lo Studio Morandini di Bratislava ha cambiato ragione sociale. Dall’ottobre 2020 si chiama Sma Advisory, gestito da una manager slovacca, Denisa Lastovkova, che poche settimane prima era diventata azionista al 48 per cento di un’azienda olearia italiana. La sede? Negli uffici di Roma dello Studio Morandini.