All’inizio della pandemia sono stati celebrati, definiti eroi o angeli. Poi per sovranisti e novax sono diventati capro espiatorio, insultati, vittime di ritorsioni. E a loro, oggi più che mai, va il nostro grazie

Un annetto fa, di ‘sti tempi, erano semidei. Le loro foto con i segni delle mascherine commuovevano il web quasi più dei gattini d’ordinanza. I fascio/coglioni, orfani degli spalti, li celebravano appendendo lenzuolate in rima sulle ringhiere degli ospedali. Onore, disciplina, stronzate retoriche del genere. Avevamo persino superato un dato cogente: molti di loro, infermieri, infermiere, sono stranieri. Magari senza neppure il permesso di soggiorno definitivo.

 

Ci affidavamo a loro come una sorta di uomo della provvidenza collettivo, di quelli che tanto ci piacciono, incarnazione pedestre dell’italico stellone che tutto dovrebbe risolvere per mezzo di una qualche preghierina, di una raccomandazione, meglio entrambe. “Andrà tutto bene”, per molti, significava che anche stavolta qualcuno si faceva il culo al posto nostro. Poi il virus non se n’è andato. Poi la cura non si è ancora trovata, anche se leggendo i giornali satirici di Destra ne emerge almeno una al giorno scoperta chissà dove ma non cielodicono, talvolta per colpa di Big Pharma, talvolta per colpa di Speranza, talvolta, come diceva Raz Degan (accento anglofono) io non so perché. E a quel punto, come sempre ci accade con tutti gli uomini della provvidenza, infermieri e infermiere sono diventati capri espiatori.

 

Gli stessi che prima cianciavano di onore e disciplina sono in piazza insieme ai tizi che minacciano di marciare su Montecitorio per riaprire i loro locali, alla faccia dei colleghi che in hanno stretto i denti, rispettato il diritto/dovere alla cittadinanza, mantenendo un patto di comunità. I soliti sovranisti alla vaccinara, nel senso che quando va male sono pure novax, spuntano a berciare contro l’ordine costituito, invadono le corsie degli ospedali, osteggiano il grande complotto dei camici bianchi.

 

Qualcuno, di provenienza non ancora chiarita, ha preso l’abitudine di spaccare vetri e specchietti a quelli che erano, appunto, i nostri angeli. Gente che spesso fa (chiedo venia) un lavoro di merda, pur avendo studiato parecchio per svolgerlo, pur possedendo competenze in un settore specifico nel quale una disattenzione può persino essere letale.

 

A loro, mi andava di dire che una parte di noi sa. Che non cercava demiurghi un anno fa, che non cerca nemici ora, che cerca il modo – e spero l’abbia trovato, seppure in un italiano talvolta claudicante – per chiedere scusa a nome di tutti. Non foss’altro perché, infermieri e infermiere, sarete voi a inocularci la speranza. E anche per questo, vi diciamo grazie.

 

Giudizio Sommario.