Nuovi dettagli dall’inchiesta sull’uso dei fondi della Segreteria di Stato che ha portato al rinvio a giudizio del porporato e di altre nove persone

È senza alcun ombra di dubbio l’inchiesta più lunga e complessa della storia della Santa Sede quella condotta dal Promotore di Giustizia Gian Piero Milano, dall’aggiunto Alessandro Diddi e dall’applicato Gianluca Perrone che ha visto l’epilogo col rinvio a giudizio del Cardinale Angelo Becciu, monsignor Mauro Carlino, Enrico Crasso, Tommaso Di Ruzza, Cecilia Marogna, Raffaele Mincione , Nicola Squillace , Fabrizio Tirabassi, Gianluigi Torzi e René Brülhart (già presidente dell’AIF).

 

Un lavoro investigativo minuzioso che ha interessato tre livelli di approfondimento: finanziario, ecclesiastico e sanitario. Ci sono la truffa, il peculato, l’abuso d’ufficio, l’appropriazione indebita, il riciclaggio e autoriciclaggio, la corruzione, l’estorsione, il falso materiale in atto pubblico e quello in scrittura privata, la pubblicazione di documenti interni alla Santa Sede coperti dal segreto nelle motivazioni del rinvio a giudizio della magistratura vaticana, una lista di accuse che si snodano attraverso varie direttrici che gli stessi inquirenti si sono trovati a sintetizzare anche per evitare che la mole di vie secondarie prese dai denari vaticani potesse portare ad una inchiesta infinita.

 

Il livello degli investimenti, il suo punto di caduta nei conti correnti bancari esterni alla Santa Sede, i portafogli delle società di gestione sono gli indizi iniziali che nell’estate del 2019 hanno portato lo Ior (Istituto per le Opere di Religione) e l’Ufficio del Revisore Generale  a presentare due denunce in cui in relazione alla compravendita del palazzo di Sloane Avenue a Londra ravvedano i reati di truffa ed altre frodi che successivamente sarebbero state validate come visto dagli inquirenti.

 

Editoriale
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3/7/2021

L’inchiesta nasce come noto dal buco di 400 milioni di euro generato dalla volontà di acquisto dell’immobile sito al 60 di Sloane Avenue a Londra, ma nella complessità delle 500 pagine che sintetizzano un lavoro lungo tre anni emerge uno spaccato corruttivo che travalica le Mura Vaticane e coinvolge il nuovo modus operandi della criminalità finanziaria internazionale. La Gendarmeria vaticana guidata dal Comandante Gianluca Gauzzi Broccoletti si è trovata a dover ricostruire i passaggi economici di circa 200 società utilizzate con maestria dai rinviati a giudizio per nascondere, camuffare e far planare in altri conti, le risorse che secondo i regolamenti vaticani non sarebbero mai potuti essere investiti. Uno spaccato che è anche un racconto della Chiesa pre-Bergoglio, dove la discrezionalità dei fondi e del loro utilizzo, la scarsa regolamentazione delle finanze e il disordine gestionale che ha creato varie strutture predatorie erano all’ordine del giorno.


La vera svolta dell’inchiesta c’è stata quando Monsignor Alberto Perlasca, già membro dello staff di Angelo Becciu presso la Segreteria di Stato, ha iniziato a collaborare con gli inquirenti, uscendo come racconta in molte deposizioni da una condizione di subordinazione psicologica indotta dal presule sardo, al fine di condizionare la sua tenuta mentale durante le fasi dell’inchiesta. Perlasca racconterà agli inquirenti della ragnatela di relazioni di Becciu, del ruolo di primo piano che il collega di segreteria, Fabrizio Tirabassi avrà in tutta la vicenda, divenendo una sorta di amministratore delegato ombra delle commesse e delle estorsioni maturate ai danni della Santa Sede. Ma Perlasca racconta anche il doppio volto di Becciu, da un lato quello affabile e cordiale, alle volte brusco nei modi come un curato di campagna e dall’altro di intenso tessitore di interessi atti ad alimentare un conflitto di interessi personale enorme.


A settembre in esclusiva sull’Espresso raccontammo come bonifici della Segreteria di Stato e della Conferenza Episcopale Italiana planarono sulla Cooperativa Spes del fratello del cardinale Antonino Becciu, 600.000 euro in totale dati in regime di assoluta discrezionalità, che come si legge nell’ordinanza “le donazioni provenienti dalla Segreteria di Stato contrariamente alle tesi difensive di Becciu, sarebbero state ampiamente utilizzate per finalità diverse da quelle caritatevoli cui erano destinate”.

 

Una larga parte sarebbe stata utilizzata per secondi fini personali e famigliari, tra cui anche prestiti ad una nipote, Maria Luisa Zambrano per l’acquisto di una casa a Roma. Le carte degli inquirenti confermano anche i lavori svolti nelle varie nunziature apostoliche da parte della falegnameria di un altro fratello, Francesco Becciu, grazie anche alla complicità di Monsignor Bruno Musarò legato da uno stretto rapporto con i Becciu e che fu spostato abbastanza a sorpresa da Papa Francesco lo scorso anno dalla nunziatura in Egitto e spedito in Costa Rica. I lavori affidati al fratello falegname superano i 100 mila euro e per gli investigatori anche se non rappresentano un reato raccontano il metodo di Becciu.

 

Questioni famigliari che Becciu ha sempre tenuto in primo piano nello svolgere la sua funzione pubblica come dimostrano i messaggi indirizzati al faccendiere Marco Simeon, a cui chiede di interessarsi al progetto della “Birra Pollicina” dell’altro fratello, il professor Mario Becciu, finanziato dal magnate angolano Antony Mosquito, amico del cardinale e al centro del primo affare a cui la cricca vaticana aveva rivolto le attenzioni e poi non andato in porto del petrolio angolano.

 

Dagli atti della magistratura emerge anche una grande capacità di Becciu di veicolare le notizie sugli organi di informazione e di essere sicuro di riuscire ad indirizzare anche il racconto pubblico dell’inchiesta sul palazzo di Londra. Va ricordato che prima della riforma voluta da Bergoglio, il cardinale era anche responsabile dei media vaticani, tra cui TV2000 in cui troviamo negli organigrammi Antonella Becciu, sua nipote.


Tante le circostanze da chiarire tra cui il ruolo di Cecilia Marogna, l’esperta di relazioni internazionali che ha speso quasi tutto quello che sarebbe dovuto servire per liberare ostaggi in negozi di Prada e altri marchi di alta moda e ha trascorso due notti negli appartamenti di Becciu. Va ricordata infine la manovra che cercò di mettere in atto in fase finale con Marco Simeon per riscattare il palazzo di Londra, mesi dopo non essere più Sostituto. Una manovra che vide coinvolti gli stessi uomini Mincione e Torzi che a piene mani specularono sugli affari e le illecite condotte dentro la Segreteria di Stato.


Tutte circostanze che Becciu spiegherà ai giudici del Tribunale vaticano a partire dal 27 luglio, primo atto del maxiprocesso alla corruzione vaticana che cambierà la Chiesa che verrà.