Referendum cannabis, parliamo di numeri: quanti vantaggi porterebbe la legalizzazione
Giustizia e forze dell’ordine alleggerite da procedimenti giudiziari di leggera entità e operazioni antidroga, sono due dei benefici dei sostenitori del quesito sulla marijuana. A cui si aggiungono maggiore prevenzione, controllo delle sostanze e lotta al narcotraffico. I dati
Cinque giorni e 420mila firme, 4166 all’ora, 277 al minuto. La raccolta firme per il referendum sulla cannabis è un successo, complice anche l’utilizzo della firma digitale che ha permesso a molti di dare la propria adesione in tempo reale.
Ormai è chiaro che il tetto delle 500mila, sarà raggiunto in poche ore. Festeggia il comitato referendario, composto dalle Associazioni Luca Coscioni, Meglio Legale, Forum Droghe, Antigone, Società della Ragione e rappresentanti dei partiti +Europa, Possibile e Radicali italiani.
«Siamo stupiti sia per la grande partecipazione, sia per il tema: i cittadini vogliono esprimersi sulla cannabis, sono le istituzioni ad aver fatto credere il contrario, a non aver intercettato il paese», spiega Antonella Soldo, Coordinatrice di Meglio Legale e membro del Comitato Referendario. «A firmare sono cittadini consapevoli, non persone stravaganti, che vogliono creare una politica nuova». E non sono pochi, secondo l’Istat i consumatori di cannabis in Italia sono oltre sei milioni, con un mercato delle sostanze stupefacenti che muove attività economiche per 16,2 miliardi di euro, di cui circa il 39% attribuibile al consumo dei derivati della cannabis e quasi il 32% all’utilizzo di cocaina.
I numeri
Un mercato grande che da tempo chiede una regolamentazione diversa riguardo il fumare marijuana: in questo senso il quesito referendario, riferito al Testo Unico sugli stupefacenti, cambierebbe la normativa vigente sia sul piano penale, sia su quello amministrativo. Si intende depenalizzare le condotte di coltivazione e detenzione illecita di qualsiasi sostanza e di eliminare la pena detentiva per qualsiasi condotta illecita relativa alla cannabis (con eccezione della associazione finalizzata al traffico illecito). Mentre sul piano amministrativo si propone di eliminare la sanzione della sospensione della patente di guida e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori.
I temi sui quali i sostenitori del referendum puntano sono diversi: spaziano dalla salute, alla giustizia, fino alla lotta al narcotraffico. Non tralasciando i guadagni dello Stato: secondo uno studio del professor Marco Rossi, dell’Università Sapienza di Roma, la legalizzazione potrebbe portare nelle casse dello Stato fino a sette miliardi di euro all’anno e circa 35mila nuovi posti di lavoro.
Oggi questi soldi sommersi sono totalmente gestiti alle mafie che poi li investe in altri settori: secondo l’ultima relazione sulle Tossico Dipendenze riferita al 2020, degli incassi che la criminalità fa grazie allo spaccio, il 40% è frutto del mercato della cannabis. I gruppi criminali maggiormente coinvolti nei traffici della cannabis e dei suoi derivati si confermano la criminalità laziale, pugliese e siciliana, insieme a gruppi maghrebini, spagnoli e albanesi.
Per la marijuana, la maggior parte delle spedizioni viaggia lungo rotte che partono dall’Albania o dalla Grecia. Dall’esame dei casi, riguardo all’hashish il mercato italiano è stato rifornito prevalentemente da Marocco, Siria, Spagna e Albania; gli ultimi due paesi risultano anche i principali per la provenienza della marijuana.
Alleggerire giustizia e forze dell’ordine
«Finalmente si recupera il senso del referendum, i padri costituenti l’hanno pensato proprio per questo, per far parlare i cittadini, che ci sono, partecipano, ma hanno l’impressione che la politica non si occupi di loro», commenta Riccardo Magi, presidente +Europa. Un tema che secondo il deputato dovrebbe invece occupare l’agenda politica, anche per i benefici che ne potrebbe trarre la giustizia, appesantita nei suoi procedimenti da una politica che in passato a equiparato droghe pesanti e leggere. «E’ grave che per il fronte progressista e riformatore, non si riesca neanche ad aprire un dibattito. C’è uno scollamento rispetto alla comprensione di quali siano gli obiettivi e le riforme che il proprio elettorato si aspetta».
Secondo l’ultima relazione del Parlamento, nel 2020 alle Prefetture sono pervenute 32.879 segnalazioni per detenzione di sostanze psicotrope per uso personale (un terzo dei segnalati ha più di 40 anni e il 9,4% è minorenne), il 74% di queste ha riguardato cannabis. Mentre il 43% delle persone denunciate per reati collegati alla droga, fa riferimento alla cannabis e suoi derivati.
Ai procedimenti giudiziari si aggiungono le operazioni delle forze dell’ordine: 12.066 quelle riguardanti la cannabis nel 2020, che resta lo stupefacente più sequestrato nel nostro Paese. Di tutta la droga individuata, il 50% riguarda i prodotti della cannabis, principalmente marijuana, il 23% la cocaina e poco meno dell’1% eroina e altri oppiacei; il 24% è rappresentato dalle sostanze sintetiche.
Legalizzazione e regolamentazione sono sentimenti ampiamente diffusi nel continente, ma non solo. Oltreoceano negli Stati Uniti (sono dieci gli Stati ad aver legalizzato la cannabis a scopo ricreativo) e paesi dell’America del Sud, come Perù, Bolivia (depenalizzata fino a 50ge), l’Argentina (dove è legale il possesso fino a 5 grammi), hanno ridiscusso l’approccio verso questa sostanza. In Europa ci sono i Paesi Bassi, la Spagna dove è legale la coltivazione a scopo personale (anche in modo collettivo nei Cannabis Social Club) e il consumo in luoghi privati. Mentre fa scuola il Portogallo che con la sua scelta di depenalizzare qualsiasi droga ha abbattuto il consumo di eroina, un fenomeno grave nel paese.
Gli operatori: “Maggiore prevenzione e consumo moderato”
«Dal punto di vista dell’operatore sociale questo sarebbe un grande contributo: perché posso esercitare con maggiore efficacia la mia funzione preventiva, ad esempio quando faccio informazione nelle scuole - spiega Claudio Cippitelli, sociologo, ex presidente del Coordinamento Nazionale Nuove Droghe (Cnnd) e socio fondatore dell’Associazione Parsec di Roma - La cannabis resta una sostanza psicotropa, ma cambiano gli effetti con un uso ininfluente, o se si incappa nell’abuso. Togliere l’aspetto illegale favorirebbe un dibattito pubblico più onesto».
Gli operatori del settore denunciano il fallimento del proibizionismo di leggi come la Fini-Giovanardi e l’aumento dei policonsumatori: uno dei pericoli maggiori, soprattutto per i giovani, resta il trovare una vasta gamma di sostanze, messe sullo stesso piano, nel momento dell’acquisto di cannabis. «Possiamo fare un vero lavoro sulla salute, controllare le sostanze, creare campagne sensibilizzazione a scuola, come si fa con alcool e tabacco, togliere il monopolio alle mafie e aumentare le entrate per lo Stato. Nel frattempo che noi discutiamo la gente firma in massa. Siamo fermi a idee di quarant’anni fa, le nuove generazioni spingono su questo, sono attente ai temi ambientali e ai diritti», commenta Giuditta Pini, deputata Pd, che evidenzia un primo passo avanti nell’aver spostato la presidenza del Dipartimento Politiche Antidroga, dal Consiglio dei Ministri, alla salute.
Cippitelli ci tiene a sottolineare una delle problematiche maggiori dovute all’attuale giurisdizione restrittiva: «Sono i giovani quelli più coinvolti in operazioni della polizia per uso di cannabis e spesso rimangono in un limbo lunghissimo: a causa dei Nos (nucleo operativo speciale) che gestiscono la pratica dopo tre quattro anni, un tempo in cui la patente è bloccata ed è impedita tutta una serie di lavori, ma magari la tua vita è cambiata: questo è entrare nelle scelte di vita delle persone». E’ la cannabis la sostanza più utilizzata dagli studenti: nel 2020 circa un quinto ne ha fatto uso almeno una volta e nella maggior parte dei casi (91%), questa è stata l’unica sostanza consumata.
E’ stato studiato come la coltivazione personale spingerebbe il consumatore a un uso più consapevole e moderato, perché frutto del proprio impegno: «Quattro piante ti proiettano come un contadino con la sua vigna: ne sarà orgoglioso», commenta Cippitelli.
Il dibattito a destra resta ancorato ad alcuni capisaldi, come la paura che con normative meno stringenti il consumo possa aumentare: «Questa è una sciocchezza – conclude Cippitelli – basta vedere i numeri di altri paesi che hanno già scelto questa strada. Anche dire che la canna è l’esordio di una dipendenza di droghe pesanti, come l’eroina, lo è, considerando che spesso nei consumatori di cannabis c’è uno stigma pesante verso altre droghe e che moltissimi consumatori di eroina o cocaina esordiscono con quella sostanza. La dipendenza dei consumatori problematici non è la cannabis, ma nasce spesso da violenza, abusi o una vita difficile».