Politica
8 luglio, 2022

Banche e Fondi fanno il test di governo a Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia

Da BlackRock a Goldman Sachs, la finanza cerca Guido Crosetto e alcuni parlamentari per scoprire cosa pensano di Europa e mercato. E mentre la leader prepara un “tour della finanza”, nel mondo degli hedge fund si parla molto dell’economista liberale Luigi Buttiglione, che in Bankitalia fu vicino di stanza di Mario Draghi

AGGIORNAMENTO 9 LUGLIO : Le accuse di Giorgia Meloni, la risposta dell’Espresso e la lettera di Luigi Buttiglione

 

Amber, Artemis, BlackRock, Brevan Howard, Bridgewater, Caxton, Centerbridge, Cerberus, Citigroup, Clearance, Cvc Capital, Elliott, Fidelity, Goldman Sachs, Hengistbury, Highbridge, Jp Morgan am, King Street, Morgan Stanley, Oceanwood, Pictet am, Threadneedle. Nomi che dicono poco o non dicono molto e però sono icastici, suggestivi, influenti. Banche d’affari, gestori di risparmi, fondi di investimento, sostenibili, speculativi. Volgarmente “hedge fund”. La finanza mondiale ha già intrapreso la sua consueta escursione nella politica italiana. Incontri cordiali. Colloqui noiosi. A volte interrogatori un po’ rozzi. E migliaia di pagine di dotte analisi spesso invecchiate male. Accade alla vigilia di ogni voto. Con maggiore apprensione da quando i partiti sono più fragili e perciò ineffabili. Oggi ci si accalca per Fratelli d’Italia (Fdi) di Giorgia Meloni, che per i sondaggi nel prossimo Parlamento avrà la guida del centrodestra. Più di un quinto o addirittura un quarto degli eletti. Un posto su quattro.

 

A Roma in via Nazionale al civico 54, non distante da palazzo Koch dove ha sede Bankitalia, da mesi c’è un chiassoso pellegrinaggio negli uffici di Guido Crosetto che lì esercita la sua funzione di lobbista per l’industria bellica e dunque di presidente di Aiad, la federazione che unisce le aziende di Aerospazio e Difesa. Con la maiuscola.

 

Il fondatore di Fdi ha lasciato la Camera, il partito e per esteso la politica da anni, ma i successi di Meloni sono i suoi e le ambizioni di Meloni sono le sue. Fdi è il suo caccia bombardiere migliore. Il più efficace.

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Crosetto è un tipo affabile, non si sottrae, piuttosto si infervora. Allora succede che quando riceve fondi e banche per Aiad, è capitato di recente con BlackRock, Citigroup, Cvc Capital, Goldman Sachs, si sottopone volentieri agli esami su Fdi. Le domande sono dritte, forse ingenue, di sicuro ricorrenti. Fdi vuole picconare l’Unione Europea? Fdi vuole aumentare la spesa pubblica? Fdi vuole rivedere il corredo storico di alleanze? Fdi vuole limitare il libero mercato? Temi che si possono declinare con solennità da accademia o con leggerezza da pizzeria, ma comunque irrisolti per Fdi, sfuggenti, non limpidi, decisivi.

 

Le ambizioni di governo passano da qui. Non è sufficiente la maggioranza assoluta nelle urne, e non c’è bisogno di stupirsi o di denunciare golpe bianchi, per accedere a Palazzo Chigi. È il classico processo naturale che porta un cartello elettorale, un agglomerato di malcontenti e di speranze, di omissioni e di propaganda, nel vestibolo delle istituzioni. Tant’è che Meloni, consapevole, per l’autunno ha pianificato - anche i verbi richiedono un salto di qualità - una serie di appuntamenti con la finanza internazionale con tappe a Milano, Londra, New York e Francoforte. «Yo soy Giorgia, soy una mujer» non fatica a infiammare le piazze dei neofranchisti spagnoli di Vox, e lo sa, ma dovrà faticare per rassicurare le piazze del capitalismo occidentale. Crosetto giura che non tornerà indietro. Ci si può sempre correggere con Fdi in un governo di coalizione.

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Il civico 54 di via Nazionale a Roma va tenuto in grande e grave considerazione. Fdi non va oltre la coppia Meloni-Crosetto, vantaggio e limite. Chi ha interessi in Italia si sbraccia per discutere con loro, in rare occasioni con Lucio Malan, senatore ex di Forza Italia, con Adolfo Urso, presidente del Copasir, il comitato che vigila sugli apparati di sicurezza, con Francesco Lollobrigida, capogruppo alla Camera nonché cognato di Giorgia. Riferimenti classici, scontati, quasi banali.

 

A proposito di sigle e nomi, va appuntato un nuovo nome, mai scivolato nei programmi televisivi, nemmeno nei tafferugli che si usano per mendicare ascolti, ben protetto dai retroscena, sconosciuto ai parlamentari in carica o aspiranti. Eppure è il più evocato, sussurrato, chiacchierato dai signori di banche e fondi: sarebbe il punto di contatto tra la finanza europea e il partito di Meloni. Il suo nome è Luigi Buttiglione, sessant’anni compiuti a maggio, di origini pugliesi, lontano parente di Angela e Rocco. Buttiglione è un economista di robuste referenze. Negli anni ’80 entrò per concorso al servizio studi di Bankitalia. Per i governatori Carlo Azeglio Ciampi e poi Antonio Fazio si occupò delle pratiche per l’adesione al sistema euro. Con i suoi dubbi: la moneta renderà i forti più forti e i deboli più deboli se non incrementano le condivisioni di mercato e di politiche. Non ci sono ideali, semmai idee.

Per qualche mese il suo vicino di stanza fu Mario Draghi, di ritorno dalla Banca mondiale e prima di cominciare il decennio di direttore generale al ministero del Tesoro. Dopo l’avvento della moneta unica e l’incarico nel comitato previsione della Banca centrale europea, Buttiglione ha rinunciato a Bankitalia e ha iniziato una seconda carriera nel settore privato: rapido transito in Deutsche Bank, capo economista di Barclays, responsabile delle strategie globali di Brevan Howard. Quest’ultimo è il fondo speculativo di Alan Howard, miliardario britannico che ha appena sposato la giovane chef Caroline Byron sul lago di Como requisendo per un mese villa Olmo con un obolo di 1,3 milioni di euro per il Municipio. Alla festa ha cantato Lady Gaga. Qualche tempo fa, però, Buttiglione si è messo in proprio con la Lb Macro, si è trasferito da Londra a Lugano, fa il consulente di svariate società, interviene alle conferenze sull’Europa, scrive libri con i colleghi di fama internazionale, Lucrezia Reichlin, Vincent Reinhart, Philip R. Lane. Può bastare.

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E che c’entra uno stimato economista che vive all’estero e non vota dal ’94 con un partito a volto unico non ancora sviluppato e additato di nostalgie fasciste? Qui si nasconde e chissà si compie la versione istituzionale di Fdi. «Yo soy Giorgia» vuole gente che non fa dubitare, che non spaventa, che alza il livello. L’ha sperimentato già nel rapporto col premier Draghi e i suoi collaboratori. Fdi è un partito di opposizione, ma è più disciplinato di Cinque Stelle e Lega e già predisposto a sacrifici istituzionali vissuti in rispettoso silenzio (come quando si astiene sulle risoluzioni agli interventi di Draghi). Per esempio Fabio Panetta, membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea e con una carriera ai vertici di Bankitalia, quasi coetaneo e ben conosciuto da Buttiglione, è un economista che per Fdi può funzionare ovunque nel suo governo e quindi può ambire alla successione di Ignazio Visco a palazzo Koch. Questo significa, per parafrasare Crosetto, che Fdi vuole governare con la Bce e non contro la Bce.

Luigi Buttiglione

Buttiglione risponde dalla sua villa che si staglia sul monte Brè e s’affaccia sul lago di Lugano in un tripudio di colori e di confini italosvizzeri che si intersecano: «Io mi ritengo un economista di una destra laica, evoluta, capace di muoversi nelle istituzioni. Ho ricevuto molto dal mio Paese e - spiega all’Espresso - sono pronto a restituire col mio impegno, se serve. A patto che avvenga tramite l’investitura dei cittadini, le votazioni. I membri di governo o i dirigenti di partito non eletti possono essere una eccezione, ma non devono essere una comoda regola. Altrimenti per me sarebbe uno spreco di energie. O peggio: un inaccettabile conflitto permanente. Chi si avvicina alla politica o alle istituzioni deve interrompere le sue attività». Questo per ricacciare l’etichetta di “Davide Serra” di Fdi. Il finanziere di Algebris fu un renziano di spicco nella City e generoso donatore, peraltro non ha smesso, però non fu coinvolto mai nel partito o nel governo.

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Così si rischia di avanzare troppo velocemente. E di inciampare. La prima volta Buttiglione ha incrociato Meloni qualche anno fa e ne ha apprezzato l’umiltà. Non ha frequentazioni speciali con Fratelli d’Italia, ma per le banche e i fondi, soprattutto le banche tedesche, è indicato come un protagonista del partito e di un suo eventuale governo. Panetta, Buttiglione o anche l’ex ministro Domenico Siniscalco, che conserva degli affezionati nel centrodestra, sono sintomi di un approccio imprevisto di Meloni: sancire una credibilità di partito prendendo in prestito quella altrui. Non è detto che ci riesca. E che ottenga prestiti a lunga scadenza. C’è un solo modo per farlo: promettere.

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