La denuncia del report di Legambiente mostra come le differenze tra i territori si riflettano nello stato di avanzamento dei cantieri: dal 73 per cento dei fondi aggiudicati del Trentino al 24 della Campania. E l'autonomia differenziata può solo peggiorare le cose

L’Italia dei divari va avanti spedita. Anche a scuola, il luogo pensato per appianare le disuguaglianze, il gap che allontana il Nord dal Sud diventa sempre più ampio. Mentre il Centro del Paese arranca, soprattutto nelle aree che sono state colpite dal sisma del 2016, «osservate speciali», secondo l’ultimo report di Legambiente, Ecosistema scuola, arrivato alla 23esima edizione. In queste zone solo nel 3,4 per cento degli edifici, negli ultimi cinque anni, sono stati effettuati interventi di adeguamento sismico.

 

Così, nonostante tra gli obiettivi principali del Pnrr ci sia quello di ridurre i divari che frammentano il Paese, da un’analisi dei risultati raggiunti si capisce che le velocità differenti a cui vanno i diversi territori non diminuiscono. Ma si sommano a un ritardo strutturale che caratterizza da lungo periodo gli interventi necessari per migliorare l’edilizia scolastica e l’offerta formativa.

 

Nel Decreto Caivano, ad esempio, convertito in legge a novembre 2023, si sottolinea l’importanza di tenere aperti istituti e palestre oltre l’orario scolastico per fare in modo che la scuola sia di supporto al contrasto del disagio giovanile e quindi anche la dispersione scolastica. Ma dal report “Ecosistema scuola” si evince che c’è un problema da risolvere ancora prima: dotare gli edifici di palestre e impianti sportivi. Che nella metà delle scuole di competenza dei Comuni capoluogo di provincia non ci sono. E nel 29,3 per cento dei casi necessitano di interventi urgenti di manutenzione. Anche quando sono presenti poi, non è detto che restino aperte oltre l’orario standard: nelle Isole succede nel 33 per cento dei casi, al Sud nel 40 per cento. Al Centro-Nord le palestre aperte oltre l’orario scolastico sono il 60 per cento del totale.

 

Per quanto riguarda le mense, gli edifici scolastici a possederne una sono circa 76 su 100. Al nord sono l’87,3 per cento, al sud il 62,8. Il Pnrr ha previsto 519 milioni di euro per realizzare progetti volti alla costruzione di nuove mense o la riqualificazione delle esistenti, necessarie per l’estensione del tempo pieno e ampliare l’offerta formativa. Ma dai dati a disposizione non è impossibile comprendere quanto le 767 nuove realizzazioni o potenziamenti di spazi mensa in atto potranno incidere sull’ampliamento del tempo pieno, conseguenza della sinergia di più enti che, insieme alla scuola, operano sul territorio. A oggi il tempo pieno c’è nel 20 per cento delle classi del Sud e delle Isole, nel 35 per cento di quelle del Centro-Nord.

 

«I fondi del Pnrr stanno incidendo poco sulla riqualificazione dell’edilizia e dei servizi offerti dalle scuole. Più del 40 per cento degli interventi sono bloccati nella fase iniziale di progetto», si legge nel documento realizzato da Legambiente. Che dimostra come i divari del Paese si riflettano anche nella stato dei cantieri nelle diverse regioni italiane: una forbice che va dal 73,8 per di fondi aggiudicati in Trentino-Alto Adige - la regione più avanti di tutte, la media è intorno al 60 per cento - al 24,2 per cento della Campania. A fronte del fatto che, mentre i capoluoghi di provincia del Trentino-Alto Adige che dichiarano di aver bisogno di interventi di manutenzione urgente per le scuole sono il 3,4 per cento, quelli campani sono il 64,5 per cento.

 

“Un paese a due scuole” è anche il risultato dell’analisi condotta da Svimez, associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, all’inizio del 2023. Che ha evidenziato le nette differenze che caratterizzano l’offerta normativa nel nord e nel sud Italia. Tanto che uno studente che vive nel Mezzogiorno è come se studiasse un anno di meno rispetto a chi abita nel settentrione.

 

Ad accelerare lo smantellamento di un sistema pubblico di istruzione nazionale contribuisce anche il ddl Calderoli sull'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni. Secondo cui queste, qualora ne facciano richiesta, potranno godere di condizioni particolari di autonomia su 23 materie. Tra queste c’è l’istruzione. Che così rischia di funzionare con regole diverse sulla base della regione in cui si frequenta la scuola, fatta eccezione per i livelli minimi di prestazioni e dei servizi che restano garantiti in modo uniforme sull'intero territorio nazionale.