Carta & Penna
Goffredo Bettini: «All'opposizione non serve un federatore per ora. Bisogna prima ricostruire le alleanze»
«Invocare un federatore mi sembra prematuro e sbagliato. Allo stato attuale, nessuno è in grado di indicare un campo largo. Piuttosto, tutti possono dissodare un campo ancora arido e seminare insieme qualche speranza»
La destra italiana, nonostante aspetti in qualche caso catastrofici del suo modo di governare, mantiene un ampio consenso in tutti i sondaggi. Ma non è questo il vero risultato che può vantare. Piuttosto, il fatto doloroso che ha determinato un arretramento generale del campo del confronto pubblico e della lotta politica; circa i temi morali, delle libertà, della collocazione internazionale dell’Italia, del contrasto alla povertà e dello Stato sociale. Ciò che è rimasto in piedi delle conquiste di civiltà degli anni Sessanta e Settanta si intende azzerarlo. Una “reazione” in verità confusa (nazionalismo e autonomia sfilacciante la nazione; rigore europeo e populismo; amici di Orban e servili atlantisti). Ma sappiamo come il potere fa miracoli nel tenere assieme e comunque, nelle diversità. L’insieme della coalizione meloniana è unita da uno sguardo rivolto all’indietro.
E l’opposizione democratica? Un’alleanza ancora molto disastrata. Il Pd, più coeso politicamente, rimane inchiodato al 20%; il M5S, per nulla crollato come molti prevedevano e auspicavano, protegge la sua solitudine; la sinistra rossoverde solleva temi con il pregio della chiarezza, ma stenta ad arrivare al 4%; l’area più centrista e moderata è attraversata dalla guerra civile tra Renzi e Calenda. Qualche passo in avanti è stato compiuto. La battaglia comune sul salario minimo e alcune significative convergenze nell’opposizione parlamentare. Ma il percorso virtuoso è lungo. E tra qualche mese la prova elettorale europea, ultraproporzionale, oggettivamente, rischia di non aiutare.
In questo quadro, invocare un federatore sembra a me prematuro e sbagliato. Romano Prodi, che in ogni occasione tenta di dare un contributo ed è voce preziosa di contenuti e visione, ha risposto affermativamente a una domanda maliziosa e improvvisa circa la capacità di Elly Schlein di mettere insieme il centrosinistra italiano. Cos’altro doveva e poteva rispondere? Certo che la segretaria del Pd sarebbe in grado; per talento e crescente autorevolezza. Lo penso anch’io.
Ma, appunto, la domanda è sbagliata. Il campo democratico vive ancora la coda avvelenata della rottura profonda verificatasi alla caduta del governo Draghi. In quel momento ognuno ha messo benzina sul fuoco. Ora è decisivo fare passo dopo passo con lealtà e pazienza. Chiarire meglio la propria posizione sui temi decisivi: il profilo dell’Europa, il rapporto con gli Stati Uniti, la lotta per una pace giusta, le riforme costituzionali e istituzionali, la crescita economica sostenibile e socialmente giusta, l’immigrazione, la giustizia, la sicurezza.
Ogni forzatura politicista e personalistica ingelosisce e moltiplica i sospetti. Ognuno si radichi più nel profondo della società, con la propria identità. Con la consapevolezza, tuttavia, che, tra possibili e auspicabili alleati futuri, serve un reciproco sguardo benevolo, un po’ di generosità, il rispetto e la solidarietà di una comune fermezza antifascista. Allo stato attuale, nessuno è in grado di indicare un campo largo e neppure quello giusto. Piuttosto, tutti possono dissodare un campo ancora arido e seminare insieme qualche speranza.