Parla a 'l'Espresso' il medico arrestato perché coltivava marijuana a scopo terapeutico: prima il carcere, poi il manicomio giudiziario, ora di nuovo la cella: «Stavamo conducendo ricerche internazionali, voglio uscire per completare il mio lavoro»

Risponde in esclusiva a 'l'Espresso', dal carcere, Fabrizio Cinquini, il medico pro cannabis arrestato lo scorso 22 luglio nella casa di Pietrasanta (Lucca). Il medico, alle spalle una lunga carriera con studi e missioni all'estero, ricercava le proprietà terapeutiche della pianta coltivandola personalmente, da quando, più di dieci anni fa, ne aveva provato i benefici nel trattamento dell'epatite C, malattia contratta in servizio in ambulanza nel '98.

All'udienza del prossimo 26 settembre, il gip di Lucca incaricherà un perito per verificare il THC (tetraidrocannabinolo, un principio attivo della canapa) estraibile dalle piante sequestrate.

Intanto il caso, denunciato dall'Espresso, è approdato in Parlamento: il 4 settembre il deputato Lucio Barani (gruppo GAL), segretario della Presidenza del Senato, medico di Massa-Carrara e membro della seconda Commissione permanente Giustizia, ha rivolto un'interrogazione ai Ministri della Salute e della Giustizia. Ha chiesto se fossero a conoscenza del caso e, tra le altre cose, «se il Ministro della salute intenda affrontare urgentemente il problema delle enormi difficoltà di accesso ai farmaci a base di cannabis da parte di quei malati che, in base ad una copiosissima letteratura scientifica internazionale, potrebbero trarre comprovati vantaggi terapeutici».

Cinquini è stato nel carcere di Lucca, poi nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino; da pochissimo è nel carcere di Massa, in attesa di giudizio.

Come stai?
«Bene, fisicamente e di spirito. A Montelupo tengono in alta considerazione il decoro e la dignità di internati e detenuti. Non come a Lucca».

Perché?
«Là scoppiavano risse, c'erano continui episodi di autolesionismo, tentativi di suicidio. Ne ho visti due in 15 giorni. Poi sovraffollamento, cibo e igiene scarsi. Per questo e altro ho iniziato lo sciopero della fame, durato 16 giorni».

A Lucca ha scritto due lettere di protesta, le ha fatte girare tra i detenuti per farle firmare poi ti hanno sottoposto a perizia psichiatrica e sei finito all'o.p.g. di Montelupo Fiorentino, dove hai interrotto lo sciopero: perché?
«Altrimenti sarei stato costretto a un regime di trattamento sanitario obbligatorio con psicofarmaci».

A Montelupo hanno deciso che non sei pazzo.
«Dopo 12 giorni d'osservazione hanno firmato il mio attestato di sanità mentale. Peccato! Niente pensione anticipata».

Riesci a scherzare. Non sei arrabbiato?
«Sono stato privato della mia dignità, del mio decoro e dei miei affetti. Eppure sento una pace interiore che forse un comportamento diverso, non recidivo, non mi avrebbe fatto provare».

Perché hai scelto questa battaglia?
«Dopo aver visto risultati superiori alla farmacopea chimica in una serie di malattie che l'accademia ritiene erroneamente incurabili, mi sarei sentito veramente criminale a interrompere le mie ricerche».

Che hai scoperto?
«Dopo anni di incroci mirati e selezionati siamo giunti, grazie a un poderoso lavoro di più parti, con scambio di semi e di informazioni, a un prodotto dai forti effetti anti-neoplastici e anti infiammatori a scapito degli effetti 'psicotossici'».

'Siamo giunti' chi?
«È stato un lavoro internazionale: ho testato più di 500 genotipi diversi, fra ceppi selvaggi e ibridi di prima, seconda e terza generazione, messimi a disposizione sia da banche del seme ufficialmente registrate sia da colleghi e pazienti».

Che metodi hai usato?
«Per l'autoimpollinazione il metodo classico alla Gregorio Mendel. Per l'estrazione l'ice-o-lator: acqua e ghiaccio e sacche a porosità controllata».

Il tuo interesse per le terapie alternative ai farmaci, con meno controindicazioni, risale a molto tempo fa.
«Nel '91-'92, durante la leva, come sottotenente medico del corpo sanitario aeronautico ho sperimentato con successo, sui piloti dell'aeronautica, l'anestesia tramite ipnosi durante interventi chirurgici. I miei trattamenti vanno spesso contro gli investimenti multimiliardari dell'industria chimica».