Pubblicità
Attualità
giugno, 2015

Roberto Maroni pigliatutto: la rete di incarichi e affari del governatore della Lombardia

Dall’Expo alle partecipate, dalla sanità alle ferrovie. Nella regione che governa ma non solo: ecco come Bobo sta tessendo la sua tela

Ci vuole un fisico bestiale per resistere all’ultimo piano del Pirellone. Lo sa bene il governatore Roberto Maroni, arroccato in cima a Palazzo Lombardia, il grattacielo fortemente voluto dal suo predecessore Roberto Formigoni. L’indagine sulle pressioni per garantire contratti alle sue protette proietta lo spettro di un rapido processo, con la mannaia della legge Severino se le accuse venissero confermate. Ma le preoccupazioni quotidiane nascono dalle tensioni con gli alleati, in Regione e nel partito. Forza Italia e Ncd sostengono la sua maggioranza ma sono pronti alle barricate per impedirgli il giro di vite sui fondi alla sanità privata, un settore dove la Lega è storicamente meno forte. Il successo di Matteo Salvini, mattatore dell’intero centrodestra, poi, lo costringe alla rincorsa sui temi del popolo lumbard e limita la sua influenza nelle decisioni di un partito sempre più personalizzato.
[[ge:rep-locali:espresso:285156411]]
Così Maroni sta serrando i ranghi intorno al suo cerchio magico, chiuso e diffidente, tra il timore di tradimenti e di intercettazioni giudiziarie. La Bobocrazia è divisa in compartimenti stagni, con cordate separate che rispondono solo al leader, proseguendo in una sistematica occupazione di poltrone chiave, da Expo alla Fiera, dalle Ferrovie Nord alla Sanità. I leghisti calati nella “Roma Ladrona” per ripulirla con tanto di ramazza sembrano averne assunto alcuni vizi capitali, a partire dal gusto per la lottizzazione, gestita in base alla fedeltà.


IN NOME DELLA DOLCE VITA
Non più ministro, non più segretario federalista, la terza vita di Maroni cerca però di conservare la dolce vita romana. Ed ecco sbarcare al Pirellone Mara Carluccio e Mariagrazia Paturzo, le due collaboratrici degli Interni, illecitamente imposte - stando alla procura - nelle consulenze dell’impero regionale. Con la farsa della giovane Paturzo da imbarcare a tutti i costi nella trasferta giapponese di Expo, per fare «la regina», come suggeriva la madre della ragazza registrata dagli inquirenti. Ma la new entry più vistosa è Maria Criscuolo, boss della Triumph, monopolista dell’organizzazione dei grandi eventi con Bertolaso alla Protezione Civile. Vicina, vicinissima a Bobo tanto che hanno festeggiato insieme il suo sessantesimo compleanno con un aperitivo nel suo appartamento nel cuore di Milano.
Attualità
Maroni tuona contro gli stranieri, ma da ministro spese milioni tra emergenze e sprechi
24/6/2015

L’Expo è l’occasione d’oro per radicare le nuove amicizie. Nell’estate 2013 Maroni invita alla villa reale di Monza il premier Enrico Letta e il presidente Giorgio Napolitano per il lancio del World Expo Tour, un giro del mondo per attirare turisti e imprenditori. A curare la regia dello show ecco che spunta proprio la Criscuolo. Viene montata una tensostruttura in grado di ospitare cinquecento persone, il pianista Giovanni Allevi suona l’inno nazionale per la cena di gala. Il conto per un solo giorno è salato: 476 mila euro, saldato a metà da Regione e Expo spa. Il tutto senza gara d’appalto.
Per la signora dei grandi eventi non è una novità. La sua è un’azienda rinomata, che ha fatto incetta di cerimonie ufficiali. Al telefono gli uomini della Cricca sono stati registrati mentre ne commentavano con ammirazione la capacità di collezionare commesse, dal G8 di Genova a quello dell’Aquila. Lei vanta entrature con Gianni Letta, Walter Veltroni e in Vaticano. A Milano ora torna in scena come consulente per il presidente lombardo «per l’internazionalizzazione in occasione di Expo»: la Triumph diventa rivenditore ufficiale dei biglietti, offre alloggi per le delegazioni e diventa braccio operativo del team di comunicazione per il padiglione della Santa sede.

DONNE AL POTERE
La comunicazione del Pirellone è invece saldamente in mano alla portavoce Isabella Votino, che non ha mai voluto intorno persone del partito: l’ufficio stampa è un affare tutto suo. Con un paradosso: terrorizzata dalle intercettazioni (l’Antimafia l’ha registrata per un anno) usa pochissimo il telefono. L’indagine sulle due raccomandate sembra avere incrinato il legame decennale con Bobo, ma a Roma come a Milano la Votino è sempre stata “l’uomo forte” dell’entourage maroniano. Vanta una folta rete di relazioni personali, inclusa quella con Berlusconi e i suoi, che l’hanno trasformata in una sorta di plenipotenziario nei rapporti con alcuni circoli che contano. Lei sarebbe il mandante del «No» per la nomina al Corecom (il garante delle comunicazioni locale) di Gianluca Savoini, vicino a Matteo Salvini. L’unica ammessa nella stanza dei bottoni è Patrizia Carrarini, amica della Votino che come lei inizia la carriera nella capitale. Nel 2009 approda al gruppo parlamentare del Carroccio grazie ad un contratto da 8 mila euro al mese, poi si trasferisce in Lombardia, affiancando il leghista Andrea Gibelli. Contemporaneamente porta avanti la carriera privata con la sua Pubblica Comunicazione e nel 2013 fa bingo grazie alla vincente campagna elettorale “La Lombardia in testa”, incassando 199 mila euro in due mesi. Il premio è la stanza di direttore della comunicazione in Regione, uno dei manager pubblici più pagati con 144 mila euro l’anno.


LA GRANDE NEMESI SUDISTA
Bobo, il capo dei barbari sognanti contro la «meridionalizzazione della Lega» ha compiuto la sua nemesi: ora c’è uno stuolo di sudisti al suo fianco. Non solo la campana Votino: al centro dei giochi spicca l’avvocato di origini calabresi Domenico Aiello, nel duplice ruolo di difensore di Maroni per il pasticcio delle nomine delle fedelissime e di membro del cda di Expo. Dove l’ha imposto proprio il governatore, passando come una ruspa sopra a ogni questione di opportunità: Expo infatti è formalmente la vittima delle presunte pressioni esercitate dal numero uno del Pirellone. La stessa disinvoltura con cui ha insediato Gibelli, anche lui indagato nell’affaire delle due favorite, alla presidenza delle Ferrovie Nord, rimpiazzando Norberto Achille travolto da uno scandalo di rimborsi folli. Piccoli intrecci: Achille aveva assegnato una consulenza proprio a Aiello.
Milano
Roberto Maroni, l’ultima grana scoppia al ristorante
29/6/2015

L’esordio del legale calabrese avviene con l’indagine Mythos. Siamo nel 2010 e Bobo si trova sotto accusa per una consulenza “a voce” da 60 mila euro. La Votino presenta Aiello a Bobo. E dopo l’archiviazione, per l’avvocato è un crescendo di incarichi regionali: parte civile nel processo per Maugeri, poi la difesa della Pedemontana Lombarda. Non è l’unico professionista della casa a fare strada. Carmine Pallino, commercialista e amico di Bobo, venne chiamato nel 2012 per tagliare le spese di gestione del Carroccio, ramazzando via i dipendenti della storica sede di via Bellerio. Prima è stato consulente per il dicastero del Welfare, Inail e Croce Rossa con l’imprimatur dell’allora ministro. Poi una raffica di nomine regionali: revisore dell’agenzia per il marketing territoriale Promos e nel consiglio di vigilanza di Aler, l’azienda per l’edilizia popolare con un buco da 80 milioni. Infine la holding delle infrastrutture Asam e un mese fa sindaco della Fiera di Milano.


CON IL SACRO MONTE NEL CUORE
Nel dossier-vendetta dell’ex tesoriere Francesco Belsito, Bobo veniva accusato di favorire i suoi amici, «piazzati dal moralizzatore della nuova Lega in Asl e ministeri senza averne alcun titolo». E in effetti le promozioni non sono mancate. L’ultimo arrivato è Giuseppe Bonomi: segretario generale di Palazzo Lombardia, con poteri assoluti sulla macchina regionale. Bonomi da Varese è arrivato prima in Parlamento e poi ha scalato consigli e cariche da Sea, la società di gestione degli aeroporti di Milano, ad Alitalia. Della stessa città natia anche il presidente della Commissione Sanità Fabio Rizzi e l’assessore alla famiglia Maria Cristina Cantù, amica personale di Bobo. E poi Rosella Petrali, braccio destro della Cantù e membro del consiglio di gestione di Infrastrutture Lombarde. L’unico milanese è il Richelieu del presidente, l’onnipresente Massimo Garavaglia, assessore all’economia ed ex senatore leghista: di fatto, il dominus del miliardario bilancio regionale. Il localismo al potere è rappresentato ancora da Carlo Passera ex dirigente del comune di Varese approdato nel cda dell’agenzia regionale per l’ambiente. In Finlombarda, la finanziaria del Pirellone, c’è il commercialista Ignazio Parrinello, studio nel centro del capoluogo prealpino. Nella società regionale di e-government Lombardia Informatica la poltrona più alta è toccata a Davide Rovera, ex direttore di una società di antifurti.

Il cerchio magico è anche una band: Giovanni Daverio in arte Johnny e Giuseppe Rossi detto Gegè. Sono due dei tredici musicisti del «Distretto 51», dove Bobo suona l’organo dagli anni Ottanta. Daverio è stato direttore generale della Asl locale e da due anni è a capo dell’assessorato alla famiglia. Rossi è invece alla testa del polo ospedaliero di Lodi, dopo aver guidato Lecco. Un altro della band è Ivan Caico, sax tenore e baritono, primario di cardiologia a Gallarate. Infine la vocalist Simona Paudice, coadiutore amministrativo all’ospedale di Treviglio. Ma tutte le strade portano a Varese. Maroni ha detto di volerne altri duecento chilometri. E per vigilare sulle opere, ecco indicato alla presidenza di Infrastrutture Lombarde Paolo Besozzi, ingegnere varesotto. Leghista da sempre e storico amico del governatore, adesso è diventato la pedina fondamentale dello scacchiere federale, perché controlla un portafoglio di oltre 10 miliardi, dagli ospedali alle autostrade.
L’inesorabile avanzata delle poltrone maronite ha un costo politico. Perché sta allargando il solco con il partito, e soprattutto con il milanese Matteo Salvini. Tra i due leader non corre buon sangue e ogni contatto rischia di sfumare in scontro. Soprattutto nelle spartizioni. Qualche esempio? A settembre il segretario segnala una lista di docenti universitari da inserire nel pool che dovrà gestire Expo. Senza risultato. Non va meglio con le ricche consulenze degli assessorati: gli uomini in quota Salvini sono appena due.

ha collaborato Marzio Brusini

L'edicola

La pace al ribasso può segnare la fine dell'Europa

Esclusa dai negoziati, per contare deve essere davvero un’Unione di Stati con una sola voce

Pubblicità