Arno Kompatscher, presidente della provincia dell'Alto Adige, parla della necessità di "una soluzione comune" per "evitare reticolati". Considerando un paradosso: "spendiamo miliardi di fondi Ue per un il tunnel che unirà i due paesi, e poi lasciamo alzare barriere". La risposta? "Lavorare d'intesa". Partendo "dalla necessità di gestire i flussi, perché l'Austria sta accogliendo molto più dell'Italia"
Prova a smorzare la tensione,
Arno Kompatscher, il presidente della provincia dell'Alto Adige, in giorni raramente così tesi per la sua regione. Chiede di sospendere l'escalation di allarmismo: «Il piano presentato ieri dalla polizia austriaca era previsto da mesi» dice: «È evidente però, per noi, che non potrà essere applicato in modo unilaterale. È fondamentale che l'Austria si renda conto della necessità di adottare le misure speciali, fra cui i controlli o i respingimenti,
se e solo con l'intesa del governo italiano». Fa una pausa: «Per questo oggi si incontreranno i due ministri dell'Interno. Per questo ho ottenuto che il cantiere apra solamente dopo il confronto».
Il politico sud-tirolese si vuole mostrare un mediatore imparziale e concreto. Ma le manovre dall'altra parte del confine – quella cortina
rivelatasi nervosa già nel 2013 proprio contro i migranti, ma adesso pronta a farsi palese barriera – sembrano perentorie. Il Consiglio nazionale austriaco
ha approvato un pacchetto di norme che permetterà alle forza dell'ordine maggiori controlli, arresti, respingimenti e procedure accelerate e selettive sui profughi in arrivo. Non solo: sono già pronti i lavori per costringere le auto di passaggio al Brennero a incolonnarsi in un'unica corsia, a passare dalla guardiola, a sfilare fra i reticolati alzati ai bordi nei prati.
L'Austria, dopo aver attraversato il 2015 facendosi carico di
90mila richieste di aiuto (molte più dell'Italia se rapportate alla popolazione) si muove insomma veloce verso le politiche da “fortino” già sperimentate dai paesi dell'Est Europa, senza che Bruxelles riuscisse a cucire gli strappi causati da muri e senza che la Commissione rendesse efficace l'accordo di redistribuzione dei profughi. Dopo la
Macedonia,
Slovenia e l'
Ungheria, così, anche Vienna, travolta dal recente successo elettorale dell'estrema destra, sembra vedere una sola soluzione alle paure “dell'invasione”: il muro.
Dall'altra parte del muro ci siamo noi. Il premier
Matteo Renzi ha reagito alla conferenza stampa con cui la polizia austriaca ha illustrato i passaggi previsti per il ripristino dei controlli scrivendo: «L'ipotesi di chiudere il Brennero è sfacciatamente contro le regole europee, oltre che contro la storia, contro la logica e contro il futuro». «Ho sentito il primo ministro solo via sms per ora, ma sono in continuo contatto con Angelino Alfano, il ministro dell'Interno austriaco e il mio omologo tirolese», dice Kompatscher: «Stiamo facendo il possibile perché gli annunci, accelerati forse dai bollettini elettorali, non si trasformino in
azioni che oggettivamente danneggerebbero tutti».
È questo il punto su cui il governatore di Bolzano insiste senza abbassare i toni: «Non si rendono conto forse che
stanno mettendo in gioco i valori più profondi e le conquiste dell'Europa unita» commenta, in assonanza con le parole di Renzi: «Il Brennero è un simbolo. È il simbolo di un'Unione che si è liberata dal conflitto.
Le barriere non sono mai una soluzione: saranno solo un problema per
tutti».
Oltre al “valore simbolico” è già nota la catena concreta di conseguenze che i controlli porteranno, a cascata: «Le camere di commercio austriache hanno già stimato il danno per le loro aziende in un miliardo di euro», spiega il governatore, a cui si aggiungono le valutazioni sulle ricadute dei rallentamenti alle frontiere
Schengen elaborate in Francia nei mesi scorsi. Per i migranti i reticolati porteranno poi a due vie: la disperazione da una parte; e un
nuovo business per i contrabbandieri d'uomini e i passeur dall'altra. «Infine vanno considerati i danni al turismo, alle politiche comuni, ai lavoratori».
«È un paradosso», riflette Kompatscher: «
Stiamo investendo 9,6 miliardi di euro di soldi pubblici per un tunnel che unisca in modo più veloce ed efficente i nostri due paesi e poi si parla di reti metalliche, di barriere». È un «gesto politico» conclude «di cui bisogna valutare davvero le conseguenze. Riconoscendo però anche la necessità di una gestione del problema: il Tirolo, da solo, accoglie 7mila richiedenti asilo, più di ogni media italiana».
“Gestire” “l'ondata” di profughi in arrivo in Sicilia da Libia e Egitto è «una necessità». Notizie, previsioni e allarmi su Roma che da ponte diventerebbe “un tappo” di disperazione si susseguono in fondo da settimane. Ieri,
il portavoce dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni in Italia ha pubblicato un numero: ad aprile sono arrivate via mare
8.200 persone. La metà dell'anno scorso. E i dati degli sbarchi, per i primi quattro mesi dell'anno, ricalcano quelli del 2015. Un altro elemento, forse, per smorzare i toni.