La senatrice a vita guida la rivolta contro l’Istituto italiano di tecnologia. A cui il governo potrebbe affidare la nuova città della scienza, da realizzare sui terreni dell'Expo. Un progetto che vale 1,5 miliardi di fondi pubblici. E che infuoca perciò il mondo della ricerca

Per un settore che da sempre lamenta mancanza di quattrini, il premio in palio è ricchissimo. Sull’area in cui si è tenuta l’Expo, a Milano, il governo guidato da Matteo Renzi vuole realizzare un enorme centro di ricerca. Si chiamerà Human Technopole e raggrupperà 1.500 studiosi delle cosiddette scienze della vita. Un progetto ambizioso, per cui il premier ha detto di voler investire un miliardo e mezzo in dieci anni.

Quasi tutti gli esperti appoggiano l’idea di puntare sulla ricerca per il dopo Expo. Alcuni, però, non sono d’accordo sulle modalità scelte da Renzi. Con un decreto legge infatti il governo, invece di aprire il bando a tutti gli enti di ricerca, ha scelto di chiedere un progetto di sviluppo a uno dei tanti, l’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit), centro basato a Genova con 1.440 lavoratori.

FAVOREVOLI E CONTRARI
La decisione ha aperto il dibattito all’interno della comunità scientifica italiana: giusto affidare tutto a Iit o meglio aprire la gara anche agli altri? Alcuni si sono schierati a favore del governo. Lo hanno fatto ad esempio il direttore del Cnr, Massimo Inguscio, e i rettori di alcuni atenei come la Statale di Milano, il Politecnico e la Bicocca, che hanno deciso di diventare partner del progetto. A guidare i critici c’è invece Elena Cattaneo, tra le scienziate italiane più note nel mondo.

Conosciuta per i suoi studi sulla malattia di Huntington, Cattaneo è anche senatrice a vita. E ha appena presentato in Parlamento un rapporto - che “l’Espresso” ha letto in anteprima - in cui descrive i motivi per cui la scelta di Renzi è sbagliata. «È una strada che va contro la meritocrazia», premette, «perché in questa gara c’è un solo concorrente e ha già ritirato la prima coppa, quegli 80 milioni che l’Istituto ha ricevuto per scrivere il progetto».

L'intervento
'Così si ferma il declino dell'italia' Il progetto di Elena Cattaneo
25/4/2014

CHE COS'E' IIT?
Fondato nel 2003 dal governo Berlusconi, l’Iit è un ente anomalo nel panorama scientifico tricolore. È una fondazione pubblica di diritto privato, dipendente dal ministero dell’Economia e da quello dell’Istruzione. In altre parole, è il tentativo di creare un connubio tra ricerca di Stato e imprese, di orientare la scienza verso la creazione di posti di lavoro, sulla scorta degli esempi già esistenti all’estero. Natura, questa, che l’Iit rivendica con orgoglio.

L’Istituto evidenzia ad esempio il fatto di essere l’unico ente nazionale che può reclutare ricercatori da tutto il mondo con “call internazionali”, senza perciò passare dai bandi pubblici italiani. E sottolinea la capacità di attirare soldi dall’estero, come dimostrano i 17,3 milioni di euro che nel 2014 sono arrivati da istituzioni europee e aziende private (il 14,5 per cento degli introiti totali).
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SOLDI PUBBLICI E MANAGER PRIVATI
D’altronde, le imprese siedono proprio nel stanza dei bottoni dell’Istituto. Nel Consiglio, una sorta di cda, ci sono manager di banche, assicurazioni, società farmaceutiche, colossi dell’energia e delle telecomunicazioni. Come tutti gli altri enti pubblici di ricerca, tuttavia, l’Iit va avanti soprattutto con fondi pubblici. Ogni anno riceve dal ministero dell’Economia circa 100 milioni di euro. Un contributo che, si legge nel rapporto della Cattaneo, in teoria doveva durare fino al 2014, ma con una modifica introdotta nel 2006 è diventato eterno.

Da Genova dicono che i denari pubblici concessi all’Istituto non sono stati poi così abbondanti: nel 2015 hanno rappresentato l’1 per cento dei 9,5 miliardi di euro investiti dallo Stato nella ricerca. La Cattaneo mette in luce altri numeri: «A fronte di quasi un miliardo concesso in circa dieci anni all’Iit, risulta difficile accettare che per la ricerca italiana di base, in tutte le discipline, siano stati allocati dal ministero dell’Istruzione appena 30 milioni per tre anni, dopo tre di nessun impegno». Privilegi che la senatrice associa ad altre accuse nei confronti dell’Istituto: pochissimi controlli indipendenti, scarsa trasparenza amministrativa, possibili conflitti d’interessi. «Viene da pensare che anche la scienza abbia la sua cricca», chiosa la scienziata.

CONTROLLI E TRASPARENZA
Partiamo dai controlli. Essendo una fondazione che usa denaro pubblico, si spiega nel rapporto, l’Iit dovrebbe essere sottoposto a un monitoraggio indipendente, ma dal 2008 a oggi le valutazioni sulla qualità del suo lavoro sono sempre state fatte da esperti nominati dalla fondazione stessa. Metodo che vale anche per il Consiglio dell’Istituto, secondo la senatrice: «I suoi membri nominano ed eventualmente rinnovano se stessi, senza essere sottoposti a controlli né valutazioni di merito».

E senza rispettare le norme di trasparenza amministrativa previste per gli enti pubblici, come la pubblicazione dei bilanci sul sito internet. L’Iit non contesta quanto sostenuto dalla senatrice, ma fa notare che sulla gestione finanziaria il controllo pubblico non manca: la Corte dei Conti ha piazzato un suo magistrato nel Consiglio e il presidente del Collegio sindacale è un dirigente della Ragioneria dello Stato.

QUEL MEZZO MILIARDO NON USATO
Il tasto su cui la Cattaneo batte con più forza è però quello dell’utilizzo dei soldi ricevuti finora dallo Stato. Dal bilancio 2014, consultato da “l’Espresso”, risulta che l’Iit ha accantonato 453 milioni di euro. Una strategia che la scienziata non gradisce. «Indigna il fatto», si legge nel rapporto, «che denaro pubblico indicato nei bilanci dello Stato come “investimento” si trasformi in “accantonamento finanziario”».

Dall’Istituto precisano che i soldi sono depositati su un conto infruttifero di Banca d’Italia e derivano dai risparmi accumulati nei primi anni di vita, quando non si riuscivano a spendere tutti i soldi che lo Stato elargiva. Come dire: invece di fare investimenti azzardati, i fondi sono stati parcheggiati lì in attesa di essere messi a frutto con progetti scientifici. Giustificazione che non sta in piedi, secondo la Cattaneo: «Se un’università non riesce a spendere entro l’anno i fondi che ha ricevuto, il ministero se li riprende; invece qui ci sono un sacco di soldi inutilizzati, o per meglio dire sprecati visto che potrebbero essere impegnati in altre ricerche».

CONFLITTI D'INTERESSE?
Sui conflitti d’interessi, il rapporto racconta un fatto mai nascosto dall’Iit. Ovvero che nel suo Consiglio ci sono manager della finanza e dell’industria internazionale. Scelta fatta appositamente per creare un legame stretto fra l’Istituto e il mondo delle imprese private. Ma che secondo la Cattaneo è gravida di rischi. «In assenza di una reale valutazione indipendente dell’operato di Iit», argomenta la scienziata, «chi può assicurare che i fondi non vengano destinati a progetti in cui queste persone hanno interessi?».

Tra coloro a cui si fa riferimento c’è ad esempio Pietro Guindani di Vodafone Italia, Elena Zambon dell’omonima azienda farmaceutica, Carlo Rosa di Diasorin, Mauro Moretti di Finmeccanica, Francesco Starace di Enel, Giuseppe Recchi di Telecom, Vittorio Terzi di McKinsey.

IL CASO GRILLI
Il nome su cui il rapporto si concentra maggiormente è quello di Vittorio Grilli, ex ministro delle Finanze nel governo Monti, ora in forza alla banca d’affari americana JP Morgan. Motivo del conflitto d’interessi? Nelle casse di Iit sono confluiti 130 milioni del patrimonio della Fondazione Iri, smantellata dallo Stato nel 2008. «In quell’anno», sottolinea la Cattaneo, «Vittorio Grilli era presidente dell’Iit, direttore generale del ministero dell’Economia e membro del cda della Fondazione Iri». Conflitto inesistente, secondo l’Iit, visto che la Fondazione Iri era pubblica, così come lo è l’Istituto, e Grilli in qualità di dipendente del ministero dell’Economia all’epoca vigilava su entrambi gli enti.

ANCHE LA CATTANEO SOTTO ACCUSA
Da quando ha iniziato a criticare la scelta di affidare il progetto del dopo Expo all’Iit, anche la Cattaneo si è dovuta difendere da qualche accusa. In particolare da quella di essere lei stessa al centro di un conflitto d’interessi. Come ha riportato “La Stampa” a fine marzo, la scienziata ha infatti firmato un emendamento inserito nell’ultima legge di Stabilità, che istituisce un fondo chiamato “Progetto Genomi Italia”. Al quale sono stati assegnati 15 milioni di euro per tre anni.

Il problema, secondo i critici, risiede nel triplo ruolo della senatrice: firmataria della legge; membro della Commissione che deciderà l’utilizzo dei fondi; collaboratrice dell’Ingm (Istituto nazionale di genomica molecolare), potenziale beneficiario dei soldi pubblici. Un’accusa che fa sbottare la Cattaneo. La quale contrattacca: «La Commissione di cui faccio parte deciderà condizioni e obiettivi del progetto: la scelta sui beneficiari dei fondi spetterà invece a un’altra commissione, che deve ancora essere formata. Inoltre io lavoro per l’Università di Milano, non per l’Ingm. E comunque, a differenza di quanto avvenuto con l’Iit per il dopo Expo, il Progetto Genomi Italia è aperto a tutti, non è stato assegnato per decreto a un ente specifico».

SCIENZE POLITICHE
La polemica, insomma, ha assunto i toni infuocati del dibattito politico, più che la pacatezza del confronto scientifico. Ma è proprio la capacità di fare scienza uno dei parametri più importanti per capire se Iit è il soggetto adatto a prendere in mano le chiavi del dopo Expo. Anche qui, ovviamente, i pareri divergono.

L’Istituto sostiene di aver già raggiunto, nonostante i soli dieci anni di attività effettiva, un livello buono. Per dimostrarlo cita i circa 100 brevetti concessi, le 11 startup costituite, i sei laboratori avviati insieme a imprese e istituzioni internazionali. E poi le pubblicazioni: secondo l’indice internazionale Fwci, tra il 2010 e il 2014 l’Istituto italiano di tecnologia ha raggiunto risultati simili a quelli dell’americano Mit.

La Cattaneo sostiene però che «questi numeri non spiegano se l’Iit è adatto a gestire un centro di ricerche sulle scienze della vita: in qualche ambito, come le nanotecnologie, l’Istituto ha degli ottimi valori, ma in altri no, e certamente non in quelli di cui si occuperà lo Human Technopole». Falso, ribatte l’Iit, che cita a suo favore l’ultima valutazione condotta da Anvur: secondo l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, nelle scienze biologiche l’Istituto è risultato primo fra i sette enti in classifica.

Insomma, il caso ha tutta l’aria di essere appena iniziato. Anche se il pallino in mano ce l’ha il governo. E Renzi, finora, non ha dato cenno di voler tornare sui suoi passi.