4,6 miliardi di bionde contraffatte e di contrabbando. Lo Stato ci perde 800 milioni di euro e i cittadini molta salute. Ma il primo produttore è la Bielorussia di Lukashenko, che pochi giorni fa era in visita in Italia, ricevuto anche da Bergoglio

Il mercato delle sigarette illegali non è in crescita. Ma non è una notizia così buona, perché a livello europeo l’Italia risulta ancora tra i primi cinque paesi per numero di sigarette contraffatte e contrabbandate, con 4,6 miliardi di sigarette illegali che rappresentano il 5,8 per cento del consumo totale. In termini di mancati introiti per lo Stato si parla di circa 800 milioni di euro. Questo è almeno quello che denuncia un rapporto della società di consulenza Kpmg, che dal 2013 annualmente per l’industria del tabacco monitora il mercato illegale: lo studio è commissionato da British American Tobacco, Imperial Tobacco, Japan Tobacco International e Philip Morris International.

È una guerra per il mercato, ovviamente, perché il rapporto puntualmente ricorda come l’Italia sia il primo produttore di tabacco in Europa e il quattordicesimo al mondo, e come il settore legale conti nel nostro paese circa 200.000 addetti, tra cui 55.000 rivenditori e più di 3.000 imprese agricole soprattutto in Campania, Veneto, Umbria, Toscana e Lazio. «Ogni anno», dicono, «il commercio illecito di prodotti del tabacco mette a rischio un numero considerevole di posti di lavoro».

Poi c’è anche l’interesse pubblico, oltre alle tasse e ai posti di lavoro, legato alla salute: i prodotti contraffatti e le illicit whites, le sigarette di contrabbando, non sono infatti sottoposti agli stessi controlli di qualità richiesti a livello europeo. E se i sequestri aumentano (nel 2015 la Guardia di Finanza ha sequestrato 275 tonnellate di sigarette di contrabbando, il 37,5% in più rispetto del 2014), bisogna però fare di più anche perché, teorizza ancora il rapporto «emerge come non siano politiche di prezzi al ribasso ad influenzare il fenomeno» che anzi ha raggiunto il suo massimo quando i prezzi delle sigarette legali erano al minimo.

Lo studio traccia anche la rotta delle sigarette illegali. Da dove vengono. E si scopre così che il primo produttore è la Bielorussia di Aleksandr Lukashenko, che proprio il 20 maggio è venuto in Italia in visita ufficiale. In Italia e in Vaticano dove ha incontrato Bergoglio parlando però solo - dice la nota ufficiale della Santa Sede - della «pacifica convivenza tra le comunità cattolica ed ortodossa del Paese»: un obiettivo nobile nel clima bielorusso certo non facile, che è valso a Lukashenko, al potere dal 1994, numerose accuse per violazioni di diritti civili e politici.

“L’ultimo dittatore d’Europa» era in Italia per cercare investimenti - «credete nella Bielorussia, ha detto - e per intensificare i rapporti con l’Unione Europa. Che vuole intensificarli, come dimostrano le sanzioni recentemente rimosse, chissà se sorvolando, però, sulle ombre della Bielorussia, non ultima quella evidenziata dal rapporto Kpmg secondo cui la Bielorussia è la principale fonte delle cosiddette “illicit whites”, sigarette prodotte legittimamente in un Paese con lo scopo principale di esportarle illegittimamente. E quando si dice che è il principale produttore si intende proprio lo Stato, perché 6 miliardi di sigarette illegali consumate in Europa (erano 700 milioni nel 2006, un incremento pari ad oltre il 700%) sono prodotte in Bielorussia dalla Grodno Tobacco Factory Neman, azienda posseduta interamente dal governo.

I marchi sono le Minsk e le NZ, vendute a circa 2,50 euro. La concorrenza è dunque forte. A noi cosa interessa? Tra salute e criminalità, dovrebbero almeno interessarci le tasse: sempre il rapporto stima in 100 milioni l’ammanco di accise e IVA per le illicit whites bielorusse.