«Se un giornalista pensa solo a quanto guadagna o al timore di irritare e inimicarsi le forze dell’ordine corrotte, penso che stia facendo il mestiere sbagliato. Daphne, senza risorse né finanziamenti, stava per svelare una storia esplosiva». Il ricordo di Matthew Caruana Galizia, figlio della giornalista uccisa
Ieri ho dato sepoltura a mia madre. Stamattina, sul presto, quando era ancora buio e fuori casa i poliziotti dormivano nelle loro automobili, ho eluso la sorveglianza e mi sono diretto nel luogo dell’attentato. Un giornalista straniero passato ?da lì ha lasciato un taccuino del Premio Sacharov appeso a un cespuglio carbonizzato, proprio dove si è verificata la prima esplosione. Le pagine erano tutte bagnate e sgualcite dall’umidità mattutina. In copertina, a grossi caratteri, compariva la scritta:
«Tutti hanno diritto alla libertà di espressione».
Chi l’ha lasciato lì sa che cosa voglia dire giornalismo. In definitiva, uno fa questo mestiere perché è coscienzioso e onesto, e perché ipocrisia, delinquenza, cinismo, ingiustizia, compromessi morali e corruzione lo fanno adirare ?a tal punto che non può fare ?a meno di esprimersi in proposito. Se invece il suo primo pensiero a quanto guadagna o al timore di irritare e inimicarsi le forze dell’ordine corrotte, penso che stia facendo il mestiere sbagliato.
Sì, era un’indagine difficile, ?del tipo di quelle che ti fanno saltare letteralmente in aria mentre sei impegnato a fare ?le tue commissioni. Mia madre lavorava senza nessuna ?risorsa esterna. I suoi unici finanziamenti le arrivavano ?dagli articoli che scriveva per ?un mensile di gastronomia e da una rivista di design pubblicate da lei stessa.
Se non fosse stata assassinata, avrebbe trovato il bandolo della matassa di una storia che inizia in Azerbaijan e termina con ?un gasdotto da 40 miliardi ?di dollari in Europa.Se noi non riusciremo a fare altrettanto, con tutte le risorse che abbiamo oggi a nostra disposizione, che razza di lavoro stiamo mai facendo?