Il caso

Nel santuario dei padrini ora la Calabria vuole separare Dio dalla 'ndrangheta

di Michele Albanese   6 luglio 2017

  • linkedintwitterfacebook

Da sempre è davanti alla Madonna di Polsi, nel luogo più significativo per la religiosità dei calabresi, che si svolgono i riti di affiliazione e i summit dei clan. Ma la visita di Minniti e del vescovo di Locri sono il segno di una nuova volontà: ribadire che religione e crimine non possono stare insieme. E offrire una speranza alla popolazione

"Pesa ancora oggi il lungo ritardo della chiesa nel denunciare e prendere le distanze di fronte alla gravità del fenomeno mafioso. Troppo a lungo mafia e chiesa sono andati a braccetto nello stesso territorio. La mafia non era contro la Chiesa e la Chiesa non mostrava grande interesse a mettersi contro di essa. Questo silenzio non ha favorito lo sradicamento di una mentalità mafiosa, che rappresenta l’humus malefico che rende sempre più difficile la lotta alla mafia".

Parole di Mons. Francesco Oliva, vescovo di Locri – Gerace pronunciate nella chiesa di Polsi, il santuario mariano più famoso della Calabria situato a San Luca, vicino Reggio Calabria, luogo simbolico di summit mafiosi, di affiliazioni, di attribuzioni di doti. E soprattutto luogo di presa d’atto di elezioni al vertice della ‘ndrangheta, come avvenne qualche anno fa con la nomina del capo crimine don Mico Oppedisano, proprio sotto l’immagine della Madonna. Parole pronunciate alla presenza, per la prima volta nella storia della Repubblica, del Ministro dell’Interno, il calabrese Marco Minniti. Uno che sa bene cosa significa la simbologia di Polsi nel contesto sociale calabrese, il legame tra la ‘ndrangheta e il sacro.
Dossier
Calabria, quando la cosca è 'santa'
26/5/2014

Da pochi mesi Polsi, dopo il coinvolgimento del rettore del santuario don Pino Strangio nell’operazione “Fata Morgana” che ha disvelato gli intrecci tra mafia e massoneria deviata, ha un nuovo rettore: si chiama don Tonino Saraco e ha avviato un percorso di legalità nel santuario caro alla criminalità organizzata calabrese facendo istallare un impianto di video sorveglianza e la registrazione degli ospiti che arrivano . Ma occorreva altro, serviva qualcosa di più forte per lanciare un messaggio di rottura con il passato. Ed allora ci hanno pensato il Prefetto di Reggio Calabria Michele Di Bari e lo stesso vescovo Oliva a costruire un evento per far capire che qui a Polsi non ci sarà più posto per affiliati, boss o padrini, e che il vento è cambiato.
Calabria
"Operazione Mandamento". Così la 'ndrangheta comanda ancora
4/7/2017

La Chiesa ci ha voluto mette la faccia e la parola. Messaggi che finalmente hanno fatto tirare un sospiro di sollievo al Procuratore Capo di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho che ricorda come quel santuario simbolico è stato da tempo profanato dalla ‘ndrangheta e al comandante dell’Arma dei Carabinieri Tullio Del Sette che ha giurato di sferzare i mafiosi ovunque essi siano.

I tempi della lotta alla ‘ndrangheta sono stretti, strettissimi, considerata l'abilità delle cosche di evolversi e intrecciare rapporti con mondi paralleli, passando dai narcotrafficanti del Sudamerica, alla politica, a pezzi delle istituzioni locali, alla massoneria, al mondo imprenditoriale a tutte le latitudini e persino a quello bancario.
Mandamento jonico
Le mani della 'ndrangheta sugli appalti della legalità e della curia
4/7/2017

Gli uomini dei clan hanno ingenti possibilità economiche, una montagna di soldi da investire, fanno squadra e allevano nuovi capi che vestono in giacca e cravatta. Una holding del crimine che però ha bisogno di mantenere salda la simbologia dei riti, mutevoli se è necessario. Polsi è sempre stato il luogo ritenuto più adatto a rinverdire le radici criminali, avviare le strategie e i piani di sviluppo, proprio come fa un gruppo imprenditoriale. I summit nelle vicinanze di Polsi hanno sempre costituito l’elemento unitario della ‘ndrangheta, da quella arcaica a quella moderna.

Polsi è un punto nevralgico dell'identità locale dove il rapporto tra bene e male è sempre stato evocato nel corso dei secoli, dalla Sibilla con la sua attività mantica e i suoi vaticini, al culto della Madre Terra o della Dea Madre poi identificate nel periodo greco in Persefone o in Demetra. Polsi è la montagna delle fede mariana dei monaci greco bizantini, che dopo aver spalancato le sue porte ai mafiosi vuole riscoprirsi luogo di sola fede. Ma per far questo occorre allontare la ‘ndrnagheta, combatterla.

Il ministro Minniti lo ha detto chiaro a Polsi: "Il vero problema è che non c'è più tempo da perdere: se vogliamo sconfiggere la 'ndrangheta, e la sconfiggeremo, questo obiettivo deve essere il nostro orizzonte e quello che stiamo facendo oggi qui è straordinariamente importante. A noi spetta il compito di conquistare il cuore e il cervello dei calabresi. E dobbiamo liberarci anche da un’idea antica secondo la quale parlare o scrivere di 'ndrangheta significa far male alla Calabria. Il rapporto tra chiesa e 'ndrangheta è una contraddizione in termini perché la chiesa è di Dio, dei credenti e dei fedeli e Dio non può essere accostato per nessuna ragione alla 'ndrangheta: è iconoclastia mettere le cose di 'ndrangheta nelle cose di Dio. Nel nome di Dio non ci può essere violenza, uccisioni, lutti, guerre. Ecco perché mi viene in mente la parola rottura. Qui occorre separare Dio dalla 'ndrangheta. Per questo considero le parole del vescovo di Locri Oliva e del presidente della Cec mons. Vincenzo Bertolone come potenti perché l’azione della chiesa è cruciale contro le mafie. Per lo Stato non ci sono luoghi franchi, qui il cuore della questione è capire che l'Aspromonte è un luogo tra i più belli del mondo e va difeso e tutelato".

La Chiesa ha definitivamente scelto da che parte stare e lo Stato si è impegnato a non tradire le attese di futuro di intere generazioni, assumendo l’impegno di spendere per “non arricchire la ‘ndrangheta, ma i cittadini per bene di questa regione” e a fare investimenti mirati. Un patto di responsabilità che si spera possa essere onorato, perché non si può più consegnare questa fetta di territorio alla consapevolezza che nulla è possibile, che lo Stato resta sempre patrigno e che la ‘ndrangheta è più credibile e affidabile. Sarebbe la fine di ogni sogno.

La partita cruciale contro la ‘ndrangheta e gli ‘ndranghitisti parte dalla perfetta sinergia tra Stato e Chiesa e chi rompe questo patto si renderà protagonista dell’abisso. “A li pedi di la Madonna” come recita un antico canto dialettale aspromontano, a Polsi, ieri è accaduto qualcosa di straordinario. La Calabria che spera e non spara, che confida nel sole della libertà, ha il dovere di crederci.