Quest'anno si celebrano due anniversari importanti: è passato un secolo dalla Rivoluzione d’Ottobre e dieci anni fa è iniziata la crisi economica con il crack della banca americana. A unirle sono illusioni, menzogne, tradimenti

LENIN_737586_120443
Quest’anno ricorrono due anniversari - il centenario della rivoluzione russa e il decennio trascorso dall’inizio della crisi finanziaria globale - che hanno più in comune di quanto non appaia a prima vista.

Entrambi gli eventi sono chiaramente epocali. La Rivoluzione d’Ottobre ha inaugurato una dittatura destinata a rappresentare, fino alla metà del Novecento, un contraltare all’egemonia del fascismo e, per tutto il XX secolo, al capitalismo democratico. La crisi finanziaria globale, nel frattempo, ha scosso le basi del modello che era emerso vincente dalla guerra fredda.

Il comunismo opprimente che aveva caratterizzato il blocco sovietico negli anni ’80 è crollato sotto il peso delle sue stesse contraddizioni economiche e politiche. Le turbolenze di quest’ultimo periodo dimostrano che stiamo adesso cominciando a chiederci se le economie di mercato subiranno lo stesso destino.

Ma le somiglianze fra i due eventi in questione sono più profonde della loro rilevanza storica. Anche la minaccia che grava attualmente sull’economia di mercato liberale è in sostanza la stessa che si è abbattuta sul suo sistema antagonista.

Il comunismo è fallito perché ha perpetrato due grandi menzogne. La prima è stata quella di tradire il sogno che aveva inizialmente attratto tanti milioni di persone: l’avvento di una società fondata sull’uguaglianza, la solidarietà e l’autorealizzazione attraverso il perseguimento del bene comune. Questa fede è sopravvissuta più a lungo di quanto si potesse giustificare persino nella madrepatria del comunismo – e ancor di più in Occidente. Ma alla fine si è infranta contro la realtà.

Ingrandimento
Silicon balle, quante menzogne ci rifilano le corporation hi-tech
23/8/2017
La seconda menzogna è stata la costruzione di un sistema economico basato sull’inganno e l’illusione. Oggi se ne è perso per lo più il ricordo, ma per buona parte del ventesimo secolo è infuriato un dibattito che tendeva a stabilire se il sistema più efficiente di allocazione delle risorse fosse quello della pianificazione centralizzata o quello dei mercati decentrati. La posizione favorevole al controllo statale dei mezzi di produzione si basava sulla convinzione che soltanto la pianificazione poteva evitare gli evidenti sprechi di risorse derivanti dalla disoccupazione di massa prodotta dal capitalismo e dalle ricorrenti carenze di domanda che provocano le recessioni.

Nella pratica, ovviamente, la pianificazione centrale si è rivelata un pessimo sistema di produzione e distribuzione dei beni richiesti dalla popolazione. Ma invece di correggersi, l’economia centralizzata ha trasformato il piano in una grande menzogna alla quale dovevano conformarsi le credenze pubbliche di tutti i cittadini, anche se in privato nessuno ci credeva. «Voi fate finta di pagarci e noi facciamo finta di lavorare» era la battuta che circolava da Rostock a Vladivostok, ma che rispondeva alla realtà. Solo più tardi la tesi di Friedrich von Hayek, secondo la quale i prezzi di mercato flessibili contengono maggiori informazioni di quante possa sperare di raccoglierne un sistema di pianificazione centralizzato, e che pertanto un processo decisionale disperso funziona in modo più efficiente di quanto le autorità statali possono fare, ha trovato un consenso intellettuale.

Questo concetto fondamentale spiega in larga misura il crescente divario di prosperità tra i paesi capitalisti e quelli comunisti verso la fine della guerra fredda. Fino a quando non è stato messo bruscamente in crisi dalla crisi finanziaria globale, che ha minato qualsiasi pretesa di una superiorità del capitalismo finanziario occidentale come miglior sistema di organizzazione dell’economia.

L’intuizione di Hayek sul meccanismo dei prezzi non è sbagliata, ma incompleta. I prezzi di mercato di beni e servizi sono effettivamente un sistema d’informazione più potente di qualsiasi piano centrale. Ma la recente crisi globale ha dimostrato che non si può dire lo stesso per i prezzi delle attività.

Se il piano quinquennale era la grande menzogna del blocco sovietico, quella del capitalismo è che i valori di mercato delle attività finanziarie e d’altro tipo rispecchiano fedelmente il valore economico che rappresentano.
La crisi scoppiata nel mese di agosto di dieci anni fa ha rivelato brutalmente che i crediti finanziari accumulati durante la fase di espansione degli anni precedenti non si sommavano, e che il futuro sviluppo economico prevedibile era insufficiente per garantirne il pieno rientro.

In sintesi, la ricchezza che la gente credeva di possedere non esisteva di fatto. Quando molti si sono resi conto che la loro ricchezza era fasulla, il sistema è crollato. E il disorientamento e la diffidenza che ne sono derivati, nella sfera dei mercati come in quella della politica, era del resto quel che ci si poteva aspettare quando milioni di persone si accorgono di essere state ingannate.

Una bugia ne ha tirata un’altra, dal momento che il sistema del libero mercato, a sua volta, ha tradito il sogno che aveva alimentato. Le economie occidentali sono oggi molto più povere di quanto la tendenza precedente al crollo dei mercati finanziari lasciasse prevedere. La crisi e le sue conseguenze hanno lasciato i giovani, in particolare, con pochi motivi di speranza nelle stesse opportunità di prosperità economica dei genitori e dei nonni.

Quelli che vogliono che il capitalismo democratico torni a progredire devono trarre due lezioni da questo confronto.

financial times
Innanzitutto, un sistema sociale può sopravvivere alla disillusione per lungo tempo. Il comunismo lo ha dimostrato, al pari del capitalismo, la cui promessa è stata tradita già qualche decennio prima dell’ultima crisi per alcuni gruppi sociali. Ma quando le persone vedono minacciate le proprie possibilità di sopravvivenza, si ribellano. Anche in questo caso, le società meglio in grado di resistere sono quelle che conoscono la verità su se stesse. L’inganno ha effetti disgreganti. Il capitalismo liberale è in pericolo perché il suo sistema finanziario ci ha consentito di ingannare noi stessi; e non ha riconosciuto francamente i suoi difetti quando sono diventati innegabili. Populisti di destra e di sinistra alimentano la nostalgia per gli anni d’oro dell’economia mista. E hanno ragione quando sostengono che la contesa fra pianificazione e laissez-faire si debba risolvere con un mix di questi due elementi. Ma la lezione principale da trarre da questa contesa è che qualsiasi sistema sociale ed economico deve essere innanzitutto onesto: non solo giusto, ma veritiero. E questo è un principio irrinunciabile che i populisti tendono difficilmente a rispettare.

Traduzione di ?Mario Baccianini
?© The Financial Times Limited 2017