
Indignata, la signora ha raccontato all’Espresso la sua vicenda, documentata dai referti sanitari e dagli audio delle telefonate con i medici. Un caso grave, perché mette i dubbio l’unico strumento di controllo del virus: probabilmente l’ospedale ha sbagliato a registrare i risultati. Un errore allarmante, anche perché riguarda un grande ospedale privato del Veneto, la regione modello per i test sul virus.
«Mia madre è sempre stata autosufficiente: ha cominciato a stare male la sera del 7 marzo», spiega la signora Maria. «Ha avuto la febbre altissima per due settimane: 39,9. Ho chiamato cinque volte l’ambulanza, mi dicevano solo di darle la tachipirina, ma la febbre non scendeva sotto i 38,5. È stata ricoverata il 22 marzo, dopo una sospetta ischemia. Ed è risultata positiva al virus. Alla vigilia di Pasqua mi chiama un medico dell’ospedale: dice che mia mamma ormai respira bene, il tampone è negativo, quindi ce la rimandano a casa in ambulanza, senza mascherina perché risulta guarita. Ma il 15 aprile mi chiama un altro dottore, non dell’ospedale: dice che deve controllare come sta mia madre, perché è positiva. Io mi sento svenire: ma come, l’ospedale ce l’ha riportata a casa scrivendo che il tampone è negativo. Il dottore insiste che l’ultimo test, eseguito il 13 aprile, risulta positivo. Rispondo che è impossibile: mia mamma era già tornata a casa da due giorni. Il dottore non sa cosa dire: c’è stato un errore. Quindi chiamo l’ospedale e riesco a parlare con un medico, che non sa spiegare cosa sia successo. Dice che bisogna rifare i tamponi, ma a questo punto voglio un test anche per me e per i miei figli. Dopo una settimana, mi chiama un’altra dottoressa dell’ufficio igiene. Ma anche lei dice che mia madre è risultata positiva al tampone del 13 aprile, che sicuramente non era il suo. Stiamo ancora aspettando che ci facciano i tamponi giusti. Sono disperata».