Il caso
L’idea di multare i clienti delle prostitute non piace a tutti
Un disegno di legge 5 Stelle ripropone l’idea che trova consensi anche in Fratelli d’Italia e nel Pd. Si oppongono invece le rappresentanze dei sex workers
Sommerso da stratificazioni del costume, della morale e della legalità il dibattito pubblico sulla prostituzione da sempre oscilla tra proibizionismo e legalizzazione. Sull’opportunità di legalizzare o meno il lavoro sessuale la società è divisa, così come i movimenti femministi, tra chi considera la prostituzione una forma di oppressione e chi, come “Non una di meno”, chiede invece di «attuare sforzi culturali per distinguere sex worker e prostituzione forzata, denunciando e combattendo lo stigma nel primo caso e la violenza patriarcale nel secondo» e di riconoscere i diritti di questi lavoratori. Incerta è la politica che aveva fatto riemergere il tema nel mese di giugno, a 64 anni di distanza dall’approvazione della legge Merlin che nel 1958 decretò l’abolizione della regolamentazione della prostituzione e quindi anche delle cosiddette “case chiuse”.
La miccia che ha innescato per mesi discussioni tra le associazioni per i diritti civili è stata il disegno di legge presentato a Palazzo Madama dalla senatrice Cinquestelle Alessandra Maiorino, che puntava a criminalizzare i clienti delle prostitute, seguendo l’approccio «neo-abolizionista» introdotto in Svezia nel 1999 e oggi in vigore anche in Francia. Modello, afferma la prima firmataria, riconfermata al Senato con le ultime elezioni, che ha portato ad una diminuzione del fenomeno del 65 per cento. Oggi quel ddl torna, sulla scia del dibattito scatenatosi sui delitti di Roma.
«La scintilla iniziale- spiega la senatrice a L’Espresso - era scattata già a marzo 2019. Sui giornali Salvini chiedeva di riaprire le case chiuse. Ho approfondito la questione, avviato un’indagine conoscitiva di due anni. Il mio disegno di legge non colpisce chi è in prostituzione ma chi, utilizzando il denaro, pensa di poter comprare l’accesso al corpo di un altro essere umano. Senza sapere che quel gesto mette in moto tutto il sistema di tratta». Va ricordato che nell’ordinamento attuale, non è vietata la prostituzione in sé e per sé, ma solo l’intermediazione di terzi, sia in termini di promozione sia di sfruttamento. La novità introdotta dal ddl Maiorino sarebbe la possibilità di perseguire legalmente i clienti, tramite sanzioni pecuniarie e, in casi estremi, anche pene detentive. Lo scopo è colpire la domanda.
La legge potrebbe convincere Fratelli d’Italia, già nel 2018 la leader Giorgia Meloni e attuale Presidente del Consiglio dichiarava: «Non ha senso colpire le prostitute che sono solo delle vittime. Probabilmente la via che può portare a dei risultati più efficaci è quella adottata dalle nazioni del nord Europa che punta a disincentivare la domanda. Un tentativo che vale la pena fare».
Un tentativo che stona con le uscite del leader della Lega Matteo Salvini da anni favorevole alla riapertura delle case chiuse. «Oggi in Italia questo mercato lo gestisce la criminalità. E riguarda 80 mila persone. In Austria, Svizzera, Germania si mettono le regole, si danno garanzie. È un lavoro come un altro che si fa per scelta ed è sanitariamente tutelato e tassato. Io al governo voglio un Paese con delle regole».
E il Pd? Naviga a vista. «Non ne abbiamo ancora discusso», fanno sapere. Tuttavia, per la senatrice Valeria Valente «potrebbe esserci una maggioranza del partito favorevole a una legge che punisca i clienti».
Dentro questo dibattito muta sembra la voce delle e dei sex worker. «Cavalcando le notizie delle terribili uccisioni di sex worker a Roma si propone ancora il modello abolizionista nordico osteggiato dalle e dai sex worker la cui vita è resa più fragile proprio dalla criminalizzazione dei loro clienti», sottolinea Pia Covre, presidente del Comitato per i diritti civili delle prostitute.
La politica sul tema semplifica la complessità, dimentica che la realtà è fatta di pieghe e non di linee rette, fanno sapere da Ombre Rosse collettivo femminista di sex worker e attivisti: «Togliere il reddito alle lavoratrici vuol dire cancellare la complessità delle loro vite. Il cliente per non farsi multare potrebbe attirare le lavoratrici fuori da uno spazio sicuro. La maggior parte del lavoro sessuale è indoor, esistono dei meccanismi tra lavoratrici di mutua tutela. Il ddl aggrava e non risolve».