Fenomeni
Né classi, né pc: l’esperimento della casa-laboratorio Cenci, il bosco dove si impara vivendo
Archiviato il lockdown riprendono in Umbria le attività del centro di sperimentazione. «Diamo l’opportunità di scoprire metodi di apprendimento diversi»
Il bosco è buio. Esplode una danza di punti luminosi: «È ora, seguiamo le lucciole!», sussurra il maestro Franco Lorenzoni. Bambine e bambini, ragazze e ragazzi si prendono per mano in fila indiana. È la casa-laboratorio Cenci, il centro di sperimentazione educativa fondato nel 1980 in una valle isolata vicino ad Amelia, in Umbria, che dopo la pausa imposta dalla pandemia riapre le porte – offrendo la possibilità di un incontro offline a chi ha sofferto oltre due anni di didattica a distanza intermittente tra lockdown, zone rosse e coprifuochi.
Creata da un gruppo di insegnanti del Movimento di cooperazione educativa – associazione nata in Italia nel 1951 sulla scia del pensiero di Célestin ed Elise Freinet – Cenci è coordinata da Franco Lorenzoni e Roberta Passoni. «Il contatto diretto con acqua, terra, aria e fuoco favorisce le relazioni reciproche e anche una relazione viva con la conoscenza. Diamo un’opportunità di scoprire metodi di apprendimento diversi», spiega Lorenzoni, che dopo aver insegnato per 40 anni nella scuola elementare di Giove (Terni), nel 2021 ha ricevuto due lauree honoris causa in Scienze della formazione all’università Bicocca di Milano e all’università di Palermo.
Le radici della casa-laboratorio sono molteplici: le pratiche innovative della maestra Nora Giacobini, l’osservazione del cielo dell’astronoma Nicoletta Lanciano, la Pedagogia dell’ascolto elaborata all’interno del Mce e dalla psicoanalista Alessandra Ginzburg, il Teatro delle Sorgenti multietnico del regista polacco Jerzy Grotowski – con la sua passione per un linguaggio comune precedente a ogni differenziazione culturale. I campi iniziano nel 1982 come esperimento interno: «Dal 1983 li proponiamo al Comune di Roma e in seguito ad altri Comuni italiani, invitando le classi con i loro insegnanti. Abbiamo cominciato con “La prima notte di scuola”. Ci sembrava importante guardare insieme sole, luna e stelle», ricorda Lorenzoni.
I villaggi 7-70 (con partecipanti dai sette ai settant’anni) si sviluppano invece dal 1984, dopo un viaggio in Indonesia di Sista Bramini, autrice e regista teatrale. Alle feste e ai riti di Bali prende parte tutta la comunità, riunendo provenienze sociali, culture e generazioni diverse. Da allora a luglio si celebrano quindici giorni di scienza, arte, teatro e movimento, narrazioni orali, canti e geometrie astrali, fuochi e veglie notturne con temi sempre diversi – il Simposio e Le mille e una Notte, il Barone rampante e l’Antigone, il Muro di Berlino e l’Altrondo (una sorta di dimensione parallela, collegata a un universo sotterraneo). «Qualcuno imparerà dalla notte, dal vento, dal bosco o dagli astri. Qualcuno da un bambino o da un anziano, qualcuno da se stesso, ritrovando la libertà di ascoltare nel silenzio il grande mondo degli esseri in cui noi viviamo», si legge sul sito cencicasalab.it. «Ho un dubbio che mi scoppia in testa / Come una tempesta / Succede pure a te? Ho un dubbio che mi confonde / Il cuore tra le onde / Tiresia non risponde», recita una delle canzoni ispirate dalla tragedia di Sofocle.
L’ingresso a Cenci richiede uno spaesamento, una sovversione delle abitudini e un ritorno al qui e ora. «Una palestra della mente, ma anche del corpo, inteso come un corpo senza confini», racconta Margherita, 16 anni, studentessa di Pisa. Nascosti smartphone e orologi, il primo passo è il calcolo delle età in base ai cicli lunari: «Quante lune hai?», domanda l’educatore Lucio Mattioli ai nuovi arrivati.
Perché qui «il futuro non esiste», spiega Marta, pisana di terzo liceo. «Stiamo nel presente», commenta Maia, di Giove, 14 anni. Un «ritmo diverso» dove «non c’è competizione» e che si distingue soprattutto perché, secondo Anita, studentessa di IV ginnasio a Orvieto, «è una cosa bellissima imparare sotto gli alberi sentendo il mondo intorno a te». E in più «a scuola stiamo al chiuso, qui stiamo all’aperto. Ci sono gli animali…», osserva Maddalena, terza elementare, di Cesena. È «una sperimentazione corale, artistica, visiva, in cui si possono usare tutti i materiali senza limiti», chiarisce Sergio al terzo anno di scientifico di Pisa. E Orfeo, bolognese, seconda elementare, ama il fuoco serale, perché è una «pausa», e sottolinea: «A Cenci si studia come esplorazione…Invece a scuola si studia e basta».
Non manca chi ha dedicato la tesi di laurea magistrale in Scienze pedagogiche ai villaggi successivi al secondo confinamento, come Elena Mauri: «Ho trovato uno spazio aperto e multiforme e un tempo lungo in continuo dialogo con i ritmi di bambini e ragazzi e con quelli del cosmo, in un rapporto autentico e bidirezionale tra mondo della formazione e mondo della vita».
Le attività prendono direzioni impreviste e nascono soprattutto dal dialogo. Aggiunge Maia: «Franco magari comincia con una domanda tipo: che cosa sono per voi i satelliti? Allora ognuno dice la sua, andando avanti anche seguendo il ragionamento degli altri». E Marta, 17 anni, romana, liceo classico, si chiede, in un atelier sulle corrispondenze tra natura e persona: «Di amicizie al mondo ce ne sono tante, ma ditemi siete mai stati amici di un albero e di una stella?». Dopo una prima ripresa nel 2021 Cenci si prepara per l’estate e l’autunno. Concluso lo stato di emergenza, l’équipe educativa vuole superare i limiti della capienza limitata e recuperare la formula originaria, eterogenea e immersiva. Oltre ai campi aperti tutto l’anno per classi dalla primaria alle superiori e ai villaggi, ci sono gli stage per adulti.
«Dall’inverno alla primavera abbiamo lavorato tutti i lunedì con ragazze e ragazzi che avevano bisogno di svolgere attività fuori dalla scuola, per andare incontro alle sofferenze della pandemia. Ospiteremo anche Aperture una struttura che riunisce giovani con disabilità e insegnanti di sostegno, sperimentando collettivamente un rovesciamento di ruoli in cui i docenti imparano dagli allievi e i più fragili diventano guide e protagonisti», dice Roberta Passoni, ideatrice del progetto. A settembre tornano anche l’Officina matematica ispirata alla rivoluzionaria insegnante Emma Castelnuovo, i Laboratori di narrazione e l’Officina della lingua. L’unica condizione di accesso è «mettersi in gioco in prima persona, vivendo le esperienze poi proposte in classe», spiega il maestro Marco Pollano. «Gli adulti scoprono quello che non sanno e ripartono con più dubbi di quando sono arrivati», incalza Lorenzoni.
Attraversare Cenci oggi, in qualsiasi stagione e a ogni età o ora del giorno e della notte, provoca una domanda urgente: in che modo la scuola italiana, reduce da un’emergenza sanitaria che ha discriminato l’accesso alla cultura e ha rimosso l’incontro dalla pratica didattica, può evolversi al contatto con uno spazio di ricerca in continua trasformazione? Risponde Lorenzoni: «Rimettiamo al centro il corpo e tutti i sensi ricordando che la prima mostra della casa-laboratorio, intitolata Con il cielo negli occhi, si apriva con le parole di William Blake: se spalanchi le porte della percezione ogni cosa ti apparirà così com’è, immensa».