Il caso

L’antigender Massimo Gandolfini insegna ai giornalisti come parlare di persone trans

di Simone Alliva   22 settembre 2022

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Relatore in un corso organizzato dall’Ordine contro la disinformazione, il neurochirurgo leader del Family Day ha spesso definito il cambiamento di sesso «assurdo», l’incongruenza di genere «un movimento filosofico» e la transizione «un’operazione di maquillage». Dopo il nostro articolo, l’annuncio della cancellazione dell’evento

«L’omosessualità è un disagio identitario». «L’intersessualità non esiste». «Il transgender è un movimento filosofico». «Parlare di cambio di sesso è assurdo». Queste permesse portano la firma del leader del Family Day Massimo Gandolfini che sarà relatore di un corso dell’ordine dei giornalisti Lombardia e della Fondazione Brunelli Onlus, a Brescia il 23 settembre per offrire “una informazione qualificata ai giornalisti relativamente alla disforia di genere”.

 

Il corso di formazione dal titolo: “Approccio alla persona con disforia di genere e medicina transgender” riconoscerà 4 crediti per gli iscritti e coinvolgerà oltre Gandolfini (presentato dall’ordine come primario di neurochirurgia alla fondazione Poliambulanza di Brescia) anche giornalisti, medici, endocrinologi. Ma il corso, dopo la pubblicazione dell’articolo dell’Espresso, è stato cancellato: «Il corso di formazione su "Approccio alla persona con disforia di genere e medicina transgender" organizzato da Fast - Federazione delle associazioni scientifiche e tecniche e previsto per domani 23 settembre a Brescia è stato CANCELLATO», annuncia su Facebook l’Ordine dei Giornalisti della Lombardia.

 

Da tempo l’Ordine prevede corsi per combattere la scarsa diffusione dell’informazione scientifica sull’argomento, aprire ad un linguaggio inclusivo e non discriminatorio e lavorare sul modo in cui la cronaca restituisce fatti ed eventi che riguardano le tematiche Lgbt. Genera dubbi, dunque, la presenza di Massimo Gandolfini che ha fatto il suo ingresso nella scena mediatica nel 2015 proponendo di risolvere l’incidenza dei suicidi tra i giovani lgbt con una «correzione del disagio identitario”. In poche parole: si suicidano i gay? Li spingiamo verso l’eterosessualità.

Il caso
«Suicidi gay? Spingiamoli all'eterosessualità»: La strana teoria del neurochirurgo anti-gender Massimo Gandolfini
20/4/2015

Il formatore scelto in un primo momento dall’Ordine dei Giornalisti Lombardia vanta di una carriera sfolgorante nel mondo pro-vita. In Italia è stato tra gli organizzatori del World Congress of Family, cioè il Congresso di Verona che nel 2019 ha riunito «il movimento globale» antiabortista, antifemminista e anti-Lgbt, classificato come “gruppo d’odio” dal Southem Poverty Law Center (organizzazione americana senza fini di lucro impegnata nella tutela dei diritti delle persone).

 

Tra le altre battaglie che lo hanno lanciato nel firmamento dei negazionisti, troviamo vere e proprie crociate contro l'eutanasia, contro i diritti delle coppie gay e lesbiche, delle famiglie arcobaleno e dei loro figli, contro l'educazione di genere e sessuale, contro il supporto e l'accoglienza di bambini e giovani trans.

 

Pochi giorni fa dalle colonne del quotidiano “La Verità” ha bollato l’aborto come “omicidio” e definito “doverosa” la decisione ungherese si far ascoltare il battito cardiaco del feto prima di interrompere la gravidanza. Nel 2015 Gandolfini sostenne che tra le 58 identità di genere approvate da Arcigay e tra cui era possibile optare su Facebook per connotare il proprio profilo, vi fosse anche la pedofilia e per questo nel 2019 il Tribunale di Verona lo ha condannato per diffamazione: quattro mesi di reclusione, poi convertiti in una sanzione pecuniaria di 40mila euro all’Arcigay.

Gandolfini ha regalato teorie anti-scientifiche in diverse occasioni e rintracciabili anche sul web da video di conferenze e dichiarazioni. Per fare una sintesi basta andare sul sito “Cultura in pillole” -lanciato da Angela Pellicciari, promotrice e ideologa del format dei Family Day- che raccogliere le voci dell’universo cattolico. Qui Gandolfini, che si definisce «scienziato galileano», bolla così la questione oggetto del corso dell’ordine dei giornalisti: «Il transgender è sostanzialmente un movimento filosofico, culturale e politico e porta avanti l’idea, l’assioma della ideologia gender, cioè un soggetto appartiene a un determinato sesso biologico, maschio o femmina, ma il genere non è strettamente collegato e interdipendente con la identità sessuata».

 

Convinto che gli intersessuali «non esistono», il neurochirurgo nega la necessità di un percorso di transizione: «Parlare di cambiamento di sesso è assurdo» perché trattasi di «operazioni di camouflage o di maquillage».

 

Non può mancare nel rosario del leader pro-vita «l’ideologia del gender» che si vorrebbe diffondere con lo scopo di distruggere il «modello antropologico» dell'essere umano, plagiando fin dalla prima infanzia i bambini e le bambine attraverso un'educazione al sesso e alla sessualità slegata dai «grandi valori» dell'umanesimo cristiano secondo cui non deve esserci rapporto sessuale senza affettività.

 

Eppure la questione “transgender” non ha nulla a che fare con tutto questo come ampiamente dimostrato da anni dalla comunità scientifica e come dichiara a L’Espresso, Guido Giovanardi psicoterapeuta, dottore di ricerca presso il dipartimento di Psicologia dinamica e clinica, all’università La Sapienza di Roma: «Bisogna parlare di identità di genere. Può succedere che, per un insieme molto complesso di fattori (biologici, psicologici e sociali) che il genere percepito non corrisponde al sesso biologico, per cui si parla, usando la terminologia dell’ultima edizione dell’ICD - il manuale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – di incongruenza di genere e di identità transgender. Tali condizioni, considerate un tempo patologiche (come del resto anche l’omosessualità), oggi, dopo anni di ricerche, sono riconosciute come normali varianti identitarie, che non vanno interpretate come disturbi mentali. Le ricerche longitudinali hanno infatti dimostrato che i percorsi di transizione sociale (ovvero l’assunzione di un nome e pronomi, o la scelta degli abiti, legate al genere percepito e non al sesso biologico), o di terapia ormonale e riassegnazione medico-chirurgica, determinano un netto miglioramento del benessere psicologico e una significativa diminuzione della sofferenza individuale».

 

Se il corso, come si legge nell’invito diffuso dall’Odg, punta a offrire “una informazione sulla disforia di genere”, viene banalmente da chiedersi: cosa ci fa il presidente del Family Day, negazionista delle persone transgender, tra i relatori?