Accade oggi

Elly Schlein: «Giorgia Meloni è ostaggio del suo passato: Il governo sciolga i gruppi neofascisti»

di Simone Alliva   11 gennaio 2024

  • linkedintwitterfacebook

Lo scontro al question time sui fatti Acca Larentia, la nuova linea del Pd sulla guerra in Ucraina, il tribunale dell'Aia e l'accusa di genocidio contro Israele. I fatti del giorno da conoscere

«Sciogliere i gruppi neofascisti». Schlein contro il governo Meloni che si difende: «Voi non lo avete mai fatto»
«Sciogliere i gruppi neofascisti». «Ma i vostri governi non lo hanno mai fatto». Va in scena al question time alla Camera un botta e risposta tra la segretaria dem Elly Schlein ed il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi dopo l'adunata nera con centinaia di braccia tese alla commemorazione di via Acca Larentia di domenica scorsa. Anche se il vero obiettivo di Schlein è la premier Giorgia Meloni, che non si è ancora espressa sul caso: «Il suo silenzio è imbarazzante», accusa.

Il titolare del Viminale ha quindi respinto l'appello a Sciogliere i gruppi estremisti, per «la particolare complessità dei presupposti previsti dalla normativa vigente», che non ha permesso neanche a governi sostenuti del Pd di adottare iniziative in questo senso. La risposta del ministro ha lasciato «profondamente insoddisfatta» Schlein. «Continueremo ad insistere - ha assicurato - che queste organizzazioni neofasciste vengano sciolte, come chiede la Costituzione, perché rappresentano un pericolo per la pubblica sicurezza. Sono sbagliati i divieti della legge Scelba e della Costituzione? Noi non lo crediamo. Abbiamo presentato una proposta di legge, firmata anche da esponenti di altre forze di opposizione, che raccoglie la spinta delle associazioni antifasciste per rendere ancora più chiara la disciplina, che punisce chi pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo».

C'è quindi l'attacco a Meloni, che «ha parlato 3 ore la settimana scorsa, ma le sarebbero bastati 10 secondi per dichiararsi antifascista, come la Costituzione su cui ha giurato. Siccome ha detto più volte di non essere ricattabile, ci chiedevamo chi la stesse ricattando. Beh, si sta ricattando da sola evidentemente, perché resta in ostaggio del suo passato, da cui continua a non voler prendere la distanza».

Critico anche il leader M5s Giuseppe Conte: «avere un presidente del Consiglio - ha detto - che non spende una parola e che, come sempre, mette la testa sotto la sabbia quando c'è qualche posizione critica e non riesce a dare ai cittadini italiani un'indicazione del fatto che gesti fascisti che rievocano l'apologia del fascismo non sono permessi, è grave».

Respinge le accuse al mittente il ministro della Difesa, Guido Crosetto: «ho sempre preso le distanze da ogni manifestazione che ricordi i regimi passati». Mentre per il capogruppo FdI alla Camera Tommaso Foti «è vergognoso che la segretaria del Pd Schlein, che oggi ha manipolato il manipolabile, non abbia espresso una sola parola di condanna per gli assassini dei giovani missini di Acca Larentia e neppure abbia chiesto che dopo quarantasei anni sia resa loro giustizia». Duri invece l'Anpi, che ha presentato una denuncia nei confronti dei partecipanti all'adunata e la presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche italiane, Noemi Di Segni. che ha parlato di «nostalgia pericolosa. Anche oggi quel gesto ha un significato. Non è solo rievocazione storica. Spero che dalla magistratura sia ribadita una condanna assoluta».

Cento identificati a Acca Larentia, anche ultrà
Volti noti della galassia dell'estrema destra romana e non solo. All'adunata di domenica davanti all'ex sede dell'Msi di Acca Larentia c'erano anche militanti arrivati da altre città, sia italiane che estere, e diversi ultrà. Sono un centinaio finora gli identificati dalla Digos per la manifestazione in memoria dei tre giovani uccisi 46 anni, conclusa con una distesa di saluti romani. Per partecipare alla commemorazione, che chiama ogni anno a raccolta centinaia di militanti, sono arrivati anche da fuori.

Proprio per questo la Digos della capitale sta lavorando in collaborazione con altre questure per dare un nome ai presenti. Tracciati inoltre arrivi dall'estero, sia da Paesi europei sia extra Ue. A sfilare in corteo per le strade del quartiere ci sarebbero state anche frange del tifo ultrà della capitale. Circa mille i partecipanti alla manifestazione partita da Colli Albani: tutti a volto scoperto e molti già noti agli investigatori. Vestiti di nero, hanno raggiunto il piazzale davanti all'ex sezione dell'Msi dove è dipinta una grande croce celtica per terra. C'è stato quindi il tradizionale «presente», urlato a gran voce, in ricordo dei «camerati caduti» il 7 gennaio del 1978.

Gli investigatori stanno analizzando minuziosamente foto, video e riprese della polizia scientifica per dare un'identità a quei volti immortalati nelle immagini. Una prima informativa è stata già inviata nelle scorse ore in Procura. Cinque finora i denunciati ma la lista potrebbe a breve allungarsi. E i magistrati dovranno ora valutare se procedere con l'apertura formale di un fascicolo di indagine. Intanto oggi pomeriggio, a tre giorni dall'adunata a braccia tese, alcuni tifosi della Lazio, radunati a ponte Milvio prima del match contro i giallorossi, hanno fatto saluti romani intonando "Avanti ragazzi di Buda", canzone antisovietica degli anni Cinquanta. Mentre ieri sera un piccolo gruppo di estrema destra si è riunito in piazza dei Mirti, nel quartiere romano di Centocelle, per ricordare Alberto Giaquinto, ucciso il 10 gennaio 1979 durante una manifestazione in occasione proprio del primo anniversario della strage di Acca Larentia. In un video si vedono alcuni militanti fare il saluto romano. L'iniziativa è stata lanciata sul suo profilo X da Ernesto Moroni, presidente del Movimento politico rivoluzionario Azione Frontale che aveva dato appuntamento a ieri sera, postando un manifesto e la frase "il ricordo si onora con l'azione". E forse anche queste nuove immagini potrebbero finire ora all'attenzione delle forze dell'ordine.

Nuova linea Pd su Kiev, basta crediti alla maggioranza
Diventa un caso la posizione del Pd sulla guerra in Ucraina, che, all'insegna di un complesso equilibrismo tra posizioni differenti, alla Camera decide di astenersi sia sulla risoluzione della maggioranza che impegna il governo ad andare avanti negli aiuti militari a Kiev, sia su quella del Movimento 5 stelle, schierato per l'immediata cessazione delle operazioni militari. La nuova linea del partito guidato da Elly Schlein è questa: dopo un anno di governo Meloni e a fronte di un'estrema vaghezza sul tema, non ci saranno più automatismi nel votare le risoluzioni della maggioranza sull'Ucraina, non si fa più credito.

L'orientamento deciso dai dem, però, crea subito fibrillazioni interne e diversi distinguo. L'ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini, Marianna Madia e Lia Quartapelle (responsabile esteri all'epoca di Enrico Letta segretario) a Montecitorio votano «per coerenza» a favore del primo punto del documento di maggioranza, che chiede di continuare a sostenere le autorità ucraine anche con mezzi militari. Le divisioni, dopo poche ore, si ripetono (amplificate) anche a Palazzo Madama, dove ben sei senatori democratici votano in dissenso con il proprio gruppo, a favore della risoluzione proposta dalle forze di maggioranza. «Casi isolati che non minano la compattezza finalmente ottenuta nel voto della nostra risoluzione, dopo tante divisioni registrate in passato - spiega una fonte vicina alla segretaria Elly Schlein - Fortunatamente siamo ancora l'unico partito che discute al suo interno».

Il ragionamento che ha portato alle astensioni multiple sarebbe questo: il Pd non vuole cambiare la sua posizione sulla guerra in Ucraina, ma, dopo un anno di governo Meloni, non è più pensabile votare con la maggioranza su un tema così delicato. La decisione di tenersi 'neutrali' anche sul documento del Movimento viene invece motivata così: in questo caso, il punto più controverso, che chiedeva lo stop all'invio delle armi a Kiev, era decaduto. «Abbiamo messo in difficoltà la maggioranza sull'Ungheria», rimarca un deputato dem in riferimento alla richiesta del governo (poi ritirata) di riformulare la risoluzione dem senza il riferimento a Varsavia. «Inoltre - aggiunge - c'è stata una linea del partito sul tema. Poi qualcuno si è voluto far notare, ma capita sempre...». I dem - con l'astensione della maggioranza - vedono passare, per parti, il loro documento che punta sostenere il popolo e le istituzioni ucraine; rafforzare l'impegno diplomatico e politico dell'Unione europea per una pace giusta e sicura; superare le resistenze dell'Ungheria sul sostegno agli aiuti europei per Kiev. Ma la linea dell'astensione sugli altri documenti, così diversi l'uno dall'altro, crea un cortocircuito interno. «C'è un problema evidente, dovremo chiarirci», afferma un componente della segreteria nazionale dem. E non è il solo, qualcuno fa notare che lo scoglio davvero grosso deve ancora arrivare: il voto sul decreto armi. 

Usa 2024. DeSantis e Haley divisi sul sostegno all'Ucraina
L'ex ambasciatrice Nikki Haley e il governatore della Florida, Ron DeSantis, entrambi candidati alla nomination del Partito repubblicano in vista delle presidenziali di novembre, sono divisi sul sostegno all'Ucraina. Durante il dibattito elettorale sull'emittente Cnn, DeSantis ha affermato che sostenere Kiev «non rappresenta una priorità» per gli Stati Uniti. Il governatore ha riconosciuto la necessità di «trovare un modo per risolvere la situazione», accusando però la sua avversaria di volere «un impegno a tempo indeterminato» da parte di Washington. DeSantis ha aggiunto che il Paese dovrebbe concentrarsi su temi come la sicurezza dei confini e la competizione con la Cina. L'ex rappresentante permanente degli Usa alla Nato, d'altro canto, ha ribadito che a suo parere sostenere Kiev è «una priorità vitale» per Washington, e che è «essenziale porre fine all'aggressione russa».

Causa genocidio contro Israele, oggi udienze all'Aia
Per la prima volta dalla sua fondazione, lo Stato di Israele si trova ad affrontare accuse presso la Corte internazionale di giustizia (ICJ) dell'Aia. L'accusa è quella di genocidio contro i palestinesi durante l'offensiva a Gaza. Le udienze si svolgeranno domani e venerdì. Le udienze, politicamente impegnative, riguarderanno esclusivamente la richiesta del Sudafrica di misure di emergenza che ordinino a Israele di sospendere le sue azioni militari a Gaza mentre la corte esaminerà il merito del caso, un processo che potrebbe richiedere anni. Sono attesi più di un centinaio di giornalisti all'ICJ per le udienze, anche se le sessioni saranno trasmesse in diretta, costringendo la Corte ad aprire ulteriori sale stampa, una situazione a cui i suoi amministratori hanno raramente assistito. Si prevede che decine di troupe televisive copriranno anche la marcia organizzata da gruppi ebrei e cristiani davanti all'edificio in occasione dell'udienza di giovedì a sostegno di Israele. Si prevede che anche i filo-palestinesi manifesteranno contro Israele. Israele è membro della ICJ ed è anche firmatario della Convenzione sul genocidio del 1948. In quanto tale, riconosce in linea di principio la giurisdizione del tribunale. La denuncia sudafricana contro Israele si basa su due serie di prove: l'entità della devastazione a Gaza, compreso il gran numero di morti e l'enorme distruzione causata dai bombardamenti israeliani; e citazioni di funzionari israeliani che presumibilmente mostrano una politica di massacri contro i civili palestinesi. Gli esperti israeliani - scrive il 'Jerusalem Post' - si aspettano un'assoluzione, ma avvertono che nulla è certo.

L’Onu approva la bozza che condanna attacchi Houthi in Mar Rosso 
Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha approvato una bozza di risoluzione che condanna e chiede l'immediata cessazione degli attacchi da parte dei ribelli Houthi dello Yemen contro navi mercantili nell'area del Mar Rosso. Il testo ha ottenuto 11 voti a favore e 4 astensioni (tra cui Russia e Cina). Nella bozza, elaborata da Usa e Giappone, si afferma che gli attacchi stanno ostacolando il commercio globale "e minano i diritti e le libertà di navigazione, nonché la pace e la sicurezza regionale". Gli Houthi sostenuti dall'Iran hanno affermato di aver lanciato i blitz con l'obiettivo di porre fine alla devastante offensiva aerea e terrestre di Israele nella Striscia di Gaza. Tra i quattro membri astenuti, oltre a Russia e Cina, ci sono Algeria e Mozambico. Mosca aveva proposto tre emendamenti alla bozza di risoluzione che sono stati tutti bocciati dal Consiglio. Due hanno avuto 4 voti a favore, 2 contrari - Usa e Gran Bretagna - e 9 astensioni, uno ha avuto 5 sì, due no - Usa e Gran Bretagna - e 8 astensioni. "Abbiamo votato contro perché questi emendamenti suggeriscono che il conflitto a Gaza è la causa degli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso, mentre i ribelli vogliono un precedente che legittimi il loro comportamento illegale", ha commentato l'ambasciatrice americana all'Onu, Linda Thomas-Greenfield. "Il concetto qui non riguarda nessun conflitto ma il principio della libertà di navigazione e di violazione della legge internazionale", ha aggiunto.