Diritti negati

Il Governo non finanzierà le nuove case rifugio Lgbt: "Fingono di non vedere l'omotransfobia". La replica dell'Unar

di Simone Alliva   1 agosto 2024

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Eugenia Roccella

Come anticipato da L'Espresso il nuovo bando non prevede l'istituzione di nuovi centri dove possono trovare riparo le persone picchiate e buttate fuori casa. Il bando non si può cancellare ma Roccella riesce a limitarlo. "Una scelta ideologica"

Lo aveva già anticipato L'Espresso. Poi la mezza smentita sempre su queste colonne della ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, Eugenia Roccella

 

Smentita che però, a distanza di un mese, si sfarina e diventa polvere: il Governo non finanzierà la nascita di nuovi centri che accolgono le persone Lgbt in condizioni di estrema vulnerabilità, cioè buttate fuori casa dai propri parenti, licenziate, aggredite. 

 

Per capirlo basta leggere l'avviso pubblico del 24 luglio 2024 "Per la selezione di progetti. Per l'Istituzione o il rafforzamento di centri contro le discriminazioni motivate da orientamento sessuale o identità di genere".  

Le linee di intervento riguardano: "L’istituzione o il rafforzamento di Centri contro le discriminazioni". Termine fuorviante quello di "istituzione", a leggere bene il bando, infatti, i finanziamenti saranno destinati soltanto a case rifugio già operanti nel territorio. 

Tra i requisiti per ricevere un finanziamento si legge che la struttura residenziale deve: "essere esistente da almeno un anno e aver garantito, nello stesso periodo, condizioni di vitto e alloggio". 

Ma non solo "associazioni o organizzazioni" devono essere  "costituite da almeno tre anni" e aver "svolto attività di erogazione di servizi attinenti", "avere una comprovata e consolidata esperienza di almeno tre anni nell’ambito della tutela dei diritti delle persone LGBT+, nonché del sostegno e aiuto alle persone vittime di discriminazione e violenza per orientamento sessuale e identità di genere" e inoltre "avere un bilancio di esercizio degli ultimi tre anni".

Un muro per quei piccoli centri che non hanno una rete contro le discriminazioni. Eppure proprio qui servirebbero le case rifugio, fanno sapere le associazioni Lgbt, infatti è nei paesi di provincia che l’omotransfobia monta come un’onda che non conosce l’argine delle associazioni, dei movimenti, dei progetti di sensibilizzazione. 

 

A spiegare il contenuto del bando è Trianda Loukarelis, alla direzione del dipartimento UNAR, l'anno in cui furono concessi per la prima volta i fondi, cioè il 2020, oggi responsabile advocacy internazionale per Unicef: «La semantica ricalca quella del primo bando. Punta a finanziare realtà esistenti nel territorio, che sono solide e si trovano nelle grandi città. Mentre le case rifugio che servono nei piccoli centri non vedranno luce. Il bando consente solo l'istituzione dei centri anti-discriminazione, cosa ben diversa dalle case rifugio. I centri anti-discriminazione sono sportelli che erogano servizi di ascolto, sostegno, consulenza, non offrono protezione, vitto e alloggio, non aiutano il reinserimento delle vittime di omotransfobia nel tessuto lavorativo e sociale. Non fanno quel passo in più che serve nei casi di violenza». Loukarelis sottolinea inoltre: «Il fatto di parlare di "rafforzamento" somiglia proprio a una scelta ideologica, mi spiego; quando fu fatto il primo bando, all'epoca anche lì si decise di non finanziare nuove case rifugio ma per due motivi: era una novità assoluta e bisognava fare una sperimentazione, il secondo perché il dipartimento Pari Opportunità sosteneva, insieme ad alcune regioni, che bisognava attendere linee guida per le case rifugio per donne vittime di violenza, per stabilire nuove regole. Adesso sono passati anni e non c'è nessuna giustificazione per non finanziare la nascita di nuove case. Il non detto che leggo da questo bando è chiaro: per evitare critiche confermiamo l'esistenza delle case che già ci sono, ma non vogliamo crearne nuove. Anche se servono». 

Il bando, insomma, però segue le indicazioni di Roccella: le case di rifugio ormai sono nate. Un incidente di percorso. La legge approvata nel 2020 grazie a un emendamento del Movimento Cinque Stelle e inserito nel decreto rilancio, c’è. Non si può cancellare da qui al 2027. Ma oltre non si andrà. 

 

Una decisione che non è una novità per le associazioni che si occupano di violenza omotransfobica. Assuntina Morresi, vice capo di Gabinetto della ministra alla Famiglia e alla Natalità Eugenia Roccella in un incontro a porte chiuse con le associazioni Lgbt aveva infatti dichiarato: «Quelli esistenti continueranno a ricevere un’offerta da parte del governo. Ma sotto il nostro governo non nasceranno nuovi». La frase riportata da L'Espresso era stata prontamente smentita dagli Uffici del Ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, insieme all’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali del Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri): "Viene riportato che Morresi avrebbe affermato che l’attuale governo non aprirà altri centri anti-discriminazione con alloggio e vitto (note come Case Rifugio). In realtà, durante la riunione è stato affermato esattamente il contrario".

 

Questa volta, però, carta canta: le “nuove strutture” per essere finanziate devono essere preesistenti e già operanti sul territorio. Il finanziamento non potrà ricadere su organizzazioni che intendano avviare con questo contributo una casa ex novo per le persone lgbt che si trovano in situazione di estrema vulnerabilità. 

 

«Un bando proibitivo» commenta a L'Espresso Alessandra Maiorino, vicepresidente del gruppo al Senato de Movimento 5 Stelle. È stata sua la firma che all’emendamento inserito nel decreto rilancio di agosto nel 2020 ha messo in sicurezza i 4 milioni di euro necessari per coprire le spese del Ddl, legate all’istituzione di case rifugio e sportelli di ascolto per le vittime di atti omotransfobici: «Non hanno potuto eliminare questo fondo perché hanno constatato che serve. Ma la nascita di nuove case era l'obiettivo principale di questo fondo, creare punti di riferimento in tutta Italia. Hanno aspettato tanto per emanare il nuovo bando ma non ci sono novità. Il servizio serve e lo dimostrano i numeri, purtroppo non lo si vuole estendere ulteriormente. Il fenomeno dell'omolesbobitransfobia è in crescita come vediamo dalle cronache, servirebbe un maggior impegno del Governo e invece è questo un fenomeno che non vedono minimamente»

 

 

Preciso che: 

Egregio Direttore,
l'articolo intitolato "Il Governo non finanzierà le nuove case rifugio LGBT: fingono di non vedere
l'omotransfobia", a firma Simone Alliva, pubblicato sul sito de L'Espresso ni data 31 luglio 2024, contiene affermazioni destituite di fondamento.
Nell'articolo in questione si afferma che l'attuale governo, con l'emanazione dell'Avviso Pubblico del 24 luglio u.s. per la selezione di progetti finalizzati all'istituzione o al rafforzamento di centri contro le discriminazioni motivate da orientamento sessuale o identità di genere, avrebbe deciso di non finanziare nuovi centri con vitto e alloggio (cd. case rifugio) per persone LGBT+. È vero esattamente li contrario.
Innanzitutto, i requisiti che richiedono che le associazioni proponenti esistano da almeno tre anni, che la tutela dei diritti LGBT+ sia presente nel loro statuto da almeno tre anni e che queste operino in tale ambito da almeno tre anni, sono stati previsti per favorire le associazioni specificamente dedicate ai diritti delle persone LGBT+. Questi requisiti garantiscono che i finanziamenti siano destinati ad associazioni con comprovata esperienza nel settore specifico del contrasto della violenza e delle discriminazioni nei confronti delle persone LGBT+, come richiesto dalla legge.


Inoltre, contrariamente a quanto riportato nell'articolo, li finanziamento dei centri con vitto e alloggio (cd. case rifugio) è stato non solo confermato, ma anche incrementato. In particolare, sono stati destinati 2 milioni di euro specificamente a questo scopo, nell'ambito di un bando complessivo di 6 milioni di euro, superiore al precedente bando che ammontava a 4 milioni. Questo incremento si tradurrà, secondo le nostre stime di spesa, in un aumento dei centri con vitto e alloggio finanziati, che passeranno dagli attuali 5 a circa 10: sostanzialmente li doppio! È importante sottolineare che li requisito di almeno un anno di esperienza nella gestione di strutture residenziali è stato mantenuto, in linea con il bando precedente, per garantire che i fondi pubblici siano utilizzati con al massima efficacia e che el strutture beneficiarie siano già operative e in grado di offrire un servizio di qualità.

Infine, va rilevato che per la prima volta dall'approvazione della legge n. 126 del 2020 che finanzia i centri, lo scorso 1 luglio, si è ottenuto li parere positivo in Conferenza Unificata sul Programma triennale per al prevenzione e il contrasto delle discriminazioni per motivi legati all'orientamento sessuale e all'identità di genere. Questo ha permesso di adottare formalmente li citato Programma, che consentirà di emettere bandi in modo più fluido e regolare nei prossimi tre anni.
Alla luce di quanto esposto, in qualità di Direttore dell'UNAR - Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, l'Ufficio preposto alla gestione della citata misura, ritengo indispensabile una rettifica di quanto pubblicato, al fine di fornire ai lettori una informazione accurata e soprattutto veritiera.

 

Il direttore Generale UNAR 

Mattia Peradotto