Attualità
21 ottobre, 2025Melillo: "Quadro preoccupante, analoghi provvedimenti per altri club in futuro". Gli interessi dei clan per i servizi che ruotavano intorno alla squadra e allo stadio
Con la Juve Stabia salgono a tre i club finiti in amministrazione giudiziaria in pochi mesi. Il Foggia è stata la prima società di calcio colpita da un decreto di prevenzione, ai sensi dell’articolo 34 del Codice antimafia. Poi, a settembre, è stato il turno del Crotone. E oggi — 21 ottobre — stessa sorte per la squadra campana. “Un quadro generale preoccupante, un caso scuola”, lo ha definito il procuratore nazionale antimafia, Giovanni Melillo.
"Provvedimenti per altri club"
"Il mio ufficio — ha continuato Melillo — ha la convinzione profonda che analoghi provvedimenti riguarderanno anche altre società in futuro: il quadro è davvero allarmante e non riguarda solo le regioni dove tipicamente sono radicate le mafie e non riguarda solo il calcio”. La presenza di gruppi mafiosi — anche il consuocero del boss D’Alessandro è stato presidente della Juve Stabia — ha prodotto “una degenerazione delle logiche che regolano le manifestazioni sportive”.
Le mani sui servizi, le società vicine ai clan
Il provvedimento è stato adottato dal procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, e dal questore del capoluogo campano, Maurizio Agricola. Le indagini hanno portato alla luce un sistema di gestione di gran parte di servizi connessi alla partita gestiti da imprese e soggetti contigui ai clan. In particolare, nei settori della sicurezza, del ticketing, della bouvetteria, delle pulizie e dei servizi sanitari, e, fino al 2024, del trasporto della prima squadra. Si sarebbe così configurato un "oggettivo sistema di condizionamento mafioso dell'attività economica della società", si legge in una nota a firma di Melillo, Gratteri e Agricola.
Gratteri: "Era tutto nelle mani della camorra"
"Gli spostamenti della squadra, la sicurezza, il beveraggio, le gestione dei biglietti: tutto era nelle mani della camorra — ha spiegato Gratteri in conferenza stampa —. La Juve Stabia è una società che milita in serie B, e questo fa scalpore”. La società di Castellammare di Stabia, nel suo attuale assetto societario e proprietario, è subentrata in relazioni economiche di antica data, che sin dall’origine — si legge nella nota — si sono rivelate sottoposte al condizionamento di presenze e interessi mafiosi" rispetto alle quali non si è dotata di adeguati meccanismi di controllo e prevenzione. E anche il settore giovanile, come invece ha sottolineato il questore Agricola, è risultato gestito da personale riconducibile alla camorra.
Gli episodi contestati
Ci sono una serie di episodi che procura e questura citano per descrivere il contesto che caratterizzava la Juve Stabia. Per esempio — oltre ai (problematici) profili delle società coinvolte nei servizi che ruotano attorno allo stadio — lo scorso 29 maggio, sul palco allestito per festeggiare l’accesso del club campano ai play-off di serie B, c’erano anche tre ultras, già raggiunti da Daspo, e ritenuti legati a doppio filo alla camorra. "La saldatura tra gli esponenti del tifo organizzato, già appartenenti o contigui a compagini criminali locali, e la comunità stabiese — spiega la nota della procura di Napoli — si è manifestata secondo tipiche modalità di condizionamento mafioso, nell'evento organizzato dal comune di Castellammare di Stabia lo scorso 29 maggio, per celebrare la conclusione dell'ottima stagione calcistica della squadra”. “Circostanza — aggiunge — nella quale i rappresentanti dei tre gruppi ultras della tifoseria, alcuni colpiti da Daspo e con profili di contiguità criminale, si sono proposti pubblicamente sul palco con vertici della società di calcio, autorità civili e istituzioni pubbliche”.
I precedenti
Un binomio, quello tra calcio e criminalità organizzata, che negli scorsi mesi ha occupato più di una volta le pagine dei giornali. Per società fagocitate dai clan locali — come Foggia e Crotone — e per curve finite in mano alle cosche, come successo all’Inter e, in misura parzialmente diversa, anche al Milan.
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