Il primo aprile del 2009 la Consulta ha dichiarato anticostituzionale sia l'obbligo dei tre embrioni, sia il fatto che il trasferimento debba essere effettuato "il prima possibile senza pregiudizio della salute della donna"

Sì alla diagnosi preimpianto, anche per coppie non sterili, sì (implicito) alla crioconservazione, no al limite massimo di tre embrioni da impiantare contemporaneamente nell'utero. Sono bastati sei anni per fare letteralmente a pezzi la legge 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita (Pma).

La prima spallata l'ha data nel 2007 il Tribunale di Cagliari proprio sulla faccenda della diagnosi preimpianto: leggendo la Costituzione, aveva affermato la liceità di questa prassi medica per l'accertamento di malattie dell'embrione, se richiesta; e ha dato così ragione alla coppia infertile e affetta da anemia mediterranea che era ricorsa al giudice.

Simile la presa di posizione del Tribunale di Firenze nel dicembre dello stesso anno, che aveva anche consentito la crioconservazione degli embrioni eventualmente malati. La coppia questa volta era affetta da esostosi, una malattia che porta all'accrescimento del tessuto osseo e che può essere trasmessa ai figli con una probabilità del 50 per cento.

Per ovviare a queste contestazioni le linee guida - emanate nel 2008 dall'allora ministro della Salute Livia Turco - decidevano di contemplare esplicitamente la possibilità di diagnosi preimpianto, e prevedere l'accesso alla diagnosi anche alle coppie non sterili portatrici di malattie genetiche o trasmissibili al feto. In linea con queste linee guida, a giugno 2009 e a gennaio 2010 altre due sentenze dei tribunali di Bologna e di Salerno hanno concesso a due coppie fertili (con sindrome di Duchenne e con atrofia muscolare spinale di tipo 1, rispettivamente), di accedere alle tecniche di Pma al fine di eseguire la diagnosi pre-impianto.  

Intanto il Tar del Lazio si era già spinto oltre, sollevando nel 2008 la questione di legittimità costituzionale sul "limite dei tre embrioni", cioè sull'impianto contemporaneo di tutti gli embrioni prodotti, e sul divieto alla crioconservazione, perché lesivi della salute della donna.

A quella del Tar sono poi seguite altre due ordinanze del Tribunale di Firenze con le medesime richieste.  Si arriva così alla data che ha segnato il punto di svolta: il primo aprile del 2009, quando la Consulta ha dato  la sua risposta, dichiarando effettivamente anticostituzionale sia l'obbligo dei tre embrioni, sia il fatto che il trasferimento debba essere effettuato "il prima possibile senza pregiudizio della salute della donna". La sentenza ha aperto così la porta alle deroghe per la crioconservazione degli embrioni, dal momento che è l'unico destino possibile, ad oggi in Italia, per quelli soprannumerari.