Alla scoperta della quotidianità di un paese in equilibrio precario tra passato e presente nel reportage di George Georgiou
Un viaggio di più di duemila chilometri, da est a ovest, lungo cinque anni. Più che un viaggio un'immersione in un Paese, la Turchia, che riunisce in sé passato e modernità, Oriente e Occidente. E' quello che ha fatto George Georgiou, fotografo inglese di origine greca, autore del reportage Fault Lines, edito da Postcart e dall'8 luglio al 9 settembre in mostra al
Ciac di Foligno nell'ambito del Canti e Discanti World Festival.
Nel linguaggio della geopolitica
Fault lines è un confine tra due aree geografiche attigue in conflitto. La macchina fotografica di Georgiou vuole mettere in risalto questa coesistenza di contraddizioni e di pericolose tensioni raccontando la Turchia dei volti, delle piccole e grandi città, delle periferie, delle insegne stradali.
Una Turchia quotidiana fatta di cose e persone che in alcune immagini sembrano sospese in un'attesa perenne e in un tempo indefinito. Dove accanto a incombenti palazzoni degni della peggiore edilizia di stile socialista, resistono piccoli e discreti minareti, dove curatissimi praticelli all'inglese si alternano a discariche di inerti abbandonati sul ciglio di strade, ora sovradimensionate, ora neppure asfaltate.
Vincitore di due World Press Photo (nel 2003 e nel 2005) e di un Nikon Press Award Uk, Georgiou ha fotografato a lungo nei Balcani e nell'Europa dell'Est, vivendo e lavorando in Serbia, Grecia e Istanbul. Il titolo del suo
blog la dice lunga: In Transit - Photography in search of a home. In cerca di una casa, quindi, come i personaggi dei suoi ritratti quasi affacciati sul vuoto ma pieni di intensità.