Chat, e-commerce, video in streaming, geolocalizzazione: alcune delle più importanti evoluzioni tecnologiche della rete sono merito dell'industria a luci rosse. E adesso un libro le restituisce i meriti spesso dimenticati

Anno 1998. Un giovane sviluppatore italiano appena uscito dal liceo ottiene il suo primo lavoro: creare un forum on line per scambisti. La tecnologia del tempo è avara di soluzioni, mentre le richieste del committente sono al contrario articolate e puntuali. Per portare a casa la commessa servono creatività, iniziativa, sviluppo di soluzioni ex novo. La sfida è bella, il denaro non manca e il progetto parte. Il risultato sarà una community che già 12 anni fa metteva a disposizione degli utenti strumenti allora avveniristici come la chat in tempo reale, l'e-commerce e poi addirittura l'invio di sms via Web. «Anche per quest'ultima funzionalità, al tempo non c'era niente di pronto», racconta Francesco Fullone, quel giovane sviluppatore divenuto oggi imprenditore del Web, «e dovemmo crearla da zero, collegando al pc l'unico cellulare che allora aveva una connessione compatibile». Passeranno anni prima che qui da noi si senta parlare di Facebook.

L'esperienza di Francesco spiega bene come, dagli albori di Internet in poi, l'industria del porno sia stata per lo sviluppo tecnologico della Rete quello che la ricerca militare ha rappresentato per lo sviluppo dell'hardware: una spinta e un sostegno economico inesauribili. «Non bisogna dimenticare quanto terribile fosse la tecnologia di Internet intorno ai primi anni Novanta», spiega l'esperto di nuove tecnologie canadese Patchen Barss: «Costosa, inaffidabile, complicata. Ripensandoci, è difficile credere che qualcuno possa aver avuto la pazienza di usare quegli strumenti, svilupparli e migliorarli».

Il motore erotico
Però è così che andata, e a cosa si debba un tale miracolo Barss lo spiega nel suo libro "The Erotic Engine", ovvero "Come la pornografia ha sostenuto la comunicazione di massa da Gutenberg a Google": «Coloro che hanno investito competenze e denaro in Internet, lo hanno fatto perché il premio era la pornografia - prima il testo, poi le immagini e infine il video. Essa ha generato la domanda per gli accessi a Internet, per maggiore velocità e stabilità di connessione, e per interfacce migliori. Al punto che in molti stimano che nell'era precedente al World Wide Web i contenuti a sfondo sessuale rappresentassero l'80 per cento del traffico totale».

Tutto questo ha avuto conseguenze in termini di innovazione, per documentare la quale Barss porta tre esempi specifici: «Il meno "sexy" è l'ampiezza di banda: la richiesta crescente per contenuti di qualità ha spinto la domanda di connessioni a Internet sempre più veloci ed efficienti, contribuendo alla costruzione dell'infrastruttura tecnologica di cui tutti oggi ci avvaliamo». La seconda conquista è stata il commercio elettronico: «Internet è nata nel cuore dell'esercito americano e si è diffusa grazie alle università, ma è ai produttori di pornografia che si devono sia le tecnologie per l'e-commerce, sia quelle per la protezione delle transazioni, nonché il merito di avere "educato" gli utenti all'uso dei nuovi strumenti. Senza di loro», aggiunge, «oggi non avremmo l'home banking, ma neanche siti come eBay o Amazon». Terzo ma non per questo meno importante, la tecnologia alla base dello streaming video, quella su cui girano servizi ormai ultra noti come YouTube o Vimeo.

Ed è solo l'inizio: in tempi più recenti, all'industria del porno dobbiamo la magia della georeferenziazione, ovvero la capacità di localizzare un utente in tempo reale e di costruire servizi intorno alle informazioni relative alla sua posizione geografica. Una tecnologia che l'industria dell'hard ha messo a frutto per esempio associandola a sistemi di distribuzione pubblicitaria più avanzati persino di Adsense, la piattaforma di advertising cui deve la propria ricchezza la stessa Google. «La georeferenziazione nasce nei siti porno per soddisfare un'esigenza specifica», dice ancora Fullone: «Mostrare all'utente pubblicità strettamente correlata al luogo in cui esso si trova in un dato momento, spesso per indicargli le inserzioni di prostitute nelle vicinanze». E funzionava bene, almeno «finché i regolatori di molti paesi non hanno cominciato a inasprire le leggi a riguardo».

Il trasferimento tecnologico
E oggi che quella stessa tecnologia la ritroviamo alla base di servizi che con la pornografia non hanno nulla a che fare, come ad esempio Foursquare e Gowalla, il tema è anche capire come avvenga l'osmosi di strumenti e competenze con gli altri settori: «Tipicamente, produttori e consumatori di pornografia sono anche "early adopters"», spiega Barss, «gente che si precipita a sperimentare le novità tecnologiche di ogni genere. E se il sesso è la motivazione iniziale, smette di esserlo in seguito: questi "utenti avanzati" sono anche il miglior pubblico per nuovi servizi non porno, e con competenza ed entusiasmo contribuiscono a diffonderne l'uso tra le masse. È uno schema che si ripete da secoli», aggiunge, «e che si conclude con l'oblio, volontario o meno, delle origini porno di ciascuna tecnologia». Pensare che anche chi non frequenta la Rete, ma ad esempio ha un videoregistratore in casa, deve qualcosa al "motore erotico" teorizzato da Barss. E confermato da Gianni Celata, docente di economia dei media e Ict alla Sapienza di Roma, che spiega come il richiamo di pubblico della pornografia sia «alla base del successo di qualsiasi piattaforma di entertainment insieme ad altri due elementi che più distanti non potrebbero essere: i giochi come "Lascia o raddoppia?" e l'intrattenimento dedicato ai bambini».

I tempi cambiano
Tuttavia neanche il porno è più quello di una volta. Come spiega Luca Mascaro, esperto di Rete e amministratore delegato di Sketchin, «negli ultimi anni i vari siti a luci rosse si sono federati e ormai ci sono due o tre proprietà che controllano la maggior parte dei contenuti porno pubblicati on line. E oggi il modello di business è attirare traffico e reindirizzarlo verso offerte commerciali come farmaci e altri prodotti "imbarazzanti" oltre che difficilmente pubblicizzabili su canali tradizionali come quello di Google». Inoltre i produttori di pornografia sono a tutti gli effetti editori, e come tali hanno conosciuto la crisi che investe e tormenta da anni anche gli altri editori. Da un lato, videocassette e riviste cartacee sono state spazzate via; dall'altro gli attori, veri protagonisti del settore, hanno iniziato a usare ad esempio Twitter per dialogare con il proprio pubblico di riferimento, disintermediando i loro ex capi e tagliandoli fuori. Hanno creato siti personali dove vendono "dal produttore al consumatore" il frutto del loro lavoro. E se devono fare uno spettacolo live in streaming, ormai «non investono nello sviluppo di nuove tecnologie ma prendono quelle che già ci sono, come quando usano Google Hangouts per fare spettacoli in streaming».

Un debito che resta
Se i tempi sono cambiati, il debito verso l'industria del porno però resta, e consistente. E pone un problema storiografico che, secondo Barrs, «dipende soprattutto dal fingere che il ruolo dell'industria pornografica non esista». E poi c'è anche un altro aspetto di cui tener conto: «Internet non è stata costruita solo da chi vende e compra pornografia ma anche da persone animate da "amore passionale", che creano materiale pornografico per il proprio partner e hanno fatto propri gli strumenti della Rete animate dal desiderio di connettersi con altri utenti».