Una ricerca rivela l’urgenza di affrontare stereotipi e pregiudizi sull'uso del condom. Tra gli 11 e i 24 anni, solo quattro su dieci hanno dichiarato di usarlo regolarmente: erano il 57 per cento nel 2019. Ma l'educazione sessuale resta un tabù per la politica

Niente preservativo, siamo Gen Z. Nel 2023 solo il 43 per cento dei ragazzi ha dichiarato di usarlo regolarmente, contro il 57 del 2019. La ricerca dell’annuale Osservatorio "Giovani e sessualità", che Durex realizza da oltre sei anni su un campione di 15.000 giovani tra gli 11 e i 24 anni, illumina un Paese in cui sono sempre meno i giovani che si proteggono durante il sesso. 

 

A complicare ulteriormente la situazione ci sono altri dati, riferiti ai motivi che portano i giovani a non utilizzare il preservativo, dai quali si evincono riferimenti all’interruzione del momento (28%) e alla difficoltà di dialogo (21%). Una cultura del sesso basata sull’importanza della performance personale a discapito del valore di un momento, fatto di responsabilità e rispetto reciproco. Ma non solo, stando alla ricerca aumentano anche le percentuali di “prima volta” nella fascia 11-13 anni (dal 3% del 2019 al 12% del 2023), e un relativo scarso utilizzo del preservativo (53%). «Sappiamo che i nostri giovani scelgono di correre il rischio e che non usano il preservativo per l’imbarazzo nell’indossarlo oppure per la vergogna nel chiederlo» ha dichiarato Paolo Zotti, ad di Reckitt Benckiser Healthcare Italia, che commercializza Durex. «Per questo motivo dobbiamo parlare con loro e coinvolgerli, per aiutarli a comprendere che il preservativo è un atto di responsabilità e rispetto verso sé stessi e gli altri, oltre che un momento di condivisione e intimità»

 

Già nel mese di ottobre una ricerca dell’Osservatorio Giovani e Sessualità  in collaborazione con Skuola.net raccontava di una generazione fuori tempo, a rischio salute e che non sa o non viene neanche messa in condizione di informarsi. Le ragazze e i ragazzi non si sentono a proprio agio nell’affrontare questa tematica a casa: il 45,3% dichiara di rivolgersi a Internet per chiarire i dubbi in ambito affettivo e sessuale, perché provano vergogna (31,6%) e perché non sanno a chi rivolgersi (12,8%), con il rischio di esporsi a fake news, informazioni sbagliate e fuorvianti. Solo il 9,3% si rivolge ai genitori – con percentuali in calo negli ultimi tre anni - il 5,9% al medico, il 12% chiede aiuto agli amici oppure, semplicemente, non chiede a nessuno, con la percentuale di questi ultimi che sale notevolmente al 20,3% nella fascia dei più giovani tra gli 11 e i 13 anni. 

 

L’Italia è uno degli ultimi Stati membri dell’Unione Europea in cui l’educazione sessuale o affettiva non è obbligatoria a scuola. Dal 1977 a oggi ci sono state 16 proposte di legge, tutte naufragate. Eppure i giovani la chiedono: dall’Osservatorio, infatti, emerge che il 93,7% degli intervistati crede che l’educazione alla sessualità e all’affettività dovrebbe essere offerta come materia nel curriculum scolastico. È una richiesta che illumina anche una solitudine intergenerazionale che è dei genitori come dei figli. Contro questa narrazione e contro i pericoli di una mancata educazione alla sessualità nel nostro Paese rimangono solo le iniziative di associazioni, aziende e di qualche amministrazione. Lasciate sole in questa battaglia di civiltà.