Il capo di Google News racconta il suo "Trust Project". "Dobbiamo fare di più per essere sicuri che l'attività cruciale del giornalismo, in una democrazia pienamente funzionante, guadagni il rispetto che le spetta"

Foto di Alessio Jacona per #fj14
Agli albori del XIX secolo,  il fiume in piena dell’industrializzazione aveva trascinato milioni di individui dalle campagne ai nuovi centri urbani, le città. Furono i giornali, in quel caos primordiale, a consentire a queste persone di comprendere ciò che accadeva intorno a loro, quali fossero gli usi, i costumi le regole e le possibilità del nuovo mondo. Il giornale consentì ad un intera società di acquisire un’identità condivisa e consapevole e assunse il ruolo di fiduciario nei rapporti tra il nuovo cittadino, le istituzioni  e la società. Un individuo, un evento, un “fatto” acquisivano autorevolezza e legittimazione solo se riportati dal giornale. Il giornale era il luogo di autenticazione della realtà. 

Agli albori del XXI secolo il fiume in piena di Internet ha riversato nei canali digitali della rete una quantità di informazioni come non si era mai verificato prima, sconvolgendo e mutando in maniera definitiva l’ecosistema dell’informazione, deprivando i cittadini di quei punti fermi che erano stati fino ad allora i media tradizionali, radio, giornali e televisione. Il rapporto fiduciario fondato sulla gerarchia dell’informazione calata dall’alto, si è per sempre spezzato. Negli Stati Uniti la credibilità dei giornalisti, come attesta una ricerca del 2013 del Pew Research, è ai minimi storici. 

Richard Gingras, capo di Google News, la sezione del motore di ricerca che indicizza e aggrega le notizie provenienti dalle fonti giornalistiche, immagina di ricostruire quel rapporto, puntando alla qualità e alla credibilità delle news e dei giornalisti. Ha così lanciato l’idea di un progetto, il “Trust Project”, per individuare  criteri di credibilità ed affidabilità  delle notizie. Con l’aiuto, ovviamente, di algoritmi per indicizzare nel motore di ricerca, le notizie più meritevoli. Non senza qualche critica e qualche pericolo.

Mr Gingras, cosa è per lei la “fiducia” nel giornalismo?
Quando uso la frase “fiducia nel giornalismo” immagino queste domande: i lettori di un articolo lo ritengono credibile? Credono a ciò che il giornalista sta loro raccontando? Credono che il giornalista sia competente su quello di cui sta parlando?
Nell’attuale mondo dei media questi aspetti sono sempre più impegnativi ed importanti. Vivo in un paese dove una grande quantità di persone sembrano essere vittime di affermazioni ridicole: che Obama è nato in Kenya o che il cambiamento climatico non è provocato dall’agire umano o, più generalmente, che la scienza non possa essere credibile. Tutto ciò è molto sconfortante e suggerisce che noi dobbiamo fare di più per essere sicuri che l’attività cruciale del giornalismo, in una democrazia pienamente funzionante, guadagni il rispetto che le spetta.

Cosa è il “Trust Project”?
È una iniziativa partita da me e Sally Lehrman, una giornalista di esperienza e professore associato al Markkula Center per l’ Etica Applicata presso l’Università di Santa Clara. Il progetto cerca di promuovere un ripensamento sul come le aziende editoriali che fanno informazione di qualità possono accrescere la credibilità del loro lavoro e crescere nel vortice informativo di internet. Noi pensiamo che questo sia molto importante in un ecosistema digitale dove è difficile distinguere la verità dalla falsità, la saggezza dalla manipolazione.

Perché ha iniziato questo progetto?
Ho lavorato per le strade dei media e della tecnologia tutta la vita. Sono stato a lungo affascinato dall’ ”architettura” dell’ecosistema dei media e da come essi lavorano. L’attuale ecosistema dei media è più ricco, più complesso e caotico di quanto abbiamo visto nell’intera storia della civiltà. Epoca affascinante, ma molto impegnativa. Ho iniziato questo progetto perché credo che dobbiamo adattare ed adottare nuovi modelli che ci aiutino a trovare la saggezza facilmente smarrita nel vortice della libertà di espressione. Mentre amo il fatto che Internet rappresenti l’incarnazione del Primo Emendamento,  riconosco anche, come disse una volta Mark Twain che “una bugia può girare il mondo prima che la verità indossi i suoi pantaloni”: questo è più che mai il caso e abbiamo bisogno di migliori approcci che ci aiutino a cogliere la verità.

Google è uno dei principali attori della rete: non pensa che editori e giornalisti possano immaginare questo progetto come un tentativo di “controllo” sulle proprie attività?
Il nostro obiettivo è semplicemente incoraggiare le testate che fanno informazione di qualità a fornire migliori spunti e segnali per mostrare come i loro sforzi e flussi di lavoro siano differenti. Chiediamo loro di essere “forti e fieri” di come fanno informazione affinché i lettori e, sì anche i motori di ricerca e sistemi di referenziazione, possano compiere scelte migliori su come indicizzare e valutare articoli ed autori. Questo potrebbe essere utile non solo a chi fa informazione di qualità, ma all’intero ecosistema dell’informazione ed a tutti gli attori che vi partecipano. Oggi, i motori di ricerca fanno del loro meglio per classificare i risultati in base ai segnali a loro disposizione. La nostra tesi è che i motori di ricerca e gli altri possono fare un lavoro migliore se i giornalisti e organi di informazione forniscono più segnali.

Emily Bell, Direttrice del Tow Center for Digital Journalism ha detto: “La fiducia non è una metrica valida, finiamo di cercarla…”, che ne pensa?
Ho sempre pensato che l’obiettivo di qualsiasi giornalista sia trasmettere la conoscenza agli altri. L’effettiva ricezione di tale conoscenza dipende da quanto il lettore ritiene che il giornalista sia una voce attendibile.

Mathew Ingram, ha twittato: “I lettori accordano la propria fiducia ad una testata per i giornalisti che vi scrivono, non il contrario”. Lei pensa che possa esistere una fiducia solo nel brand ?
Il rispetto o la fiducia che il lettore ha per un “brand” giornalistico è il risultato della somma della fiducia e del rispetto che egli ha per le persone che lavorano per quel brand. Le aziende possono aggiungere a questo il valore che viene dallo stabilire principi chiari su come esse lavorano.

Può essere un algoritmo, un software a decidere cosa è affidabile?
I lettori decidono in cosa avere fiducia…. e sì, nel mondo digitale di oggi, la classifica dei risultati di ricerca è uno sforzo continuo per far emergere la qualità più elevata, la maggior parte dei risultati pertinenti ed affidabili.