L'attore lanciato da Almodovar in 'Parla con lei' è il protagonista di 'La vita è facile a occhi chiusi', il film rivelazione di David Trueba (nelle nostre sale dall'8 ottobre). “Mi sono innamorato di questo personaggio, che usa le canzoni dei Beatles come un’arma per aprire la mente dei suoi allievi»

«Oggi, un professore che usa le canzoni dei Beatles per insegnare l’inglese ai suoi alunni forse non farebbe notizia, ma vi assicuro negli anni ’60, in piena dittatura franchista, quell’uomo ebbe nel suo piccolo il potere di cambiare la storia». Javier Cámara, l’attore spagnolo lanciato da Pedro Almodovar con “Parla con lei” descrive con grande entusiasmo la figura del coraggioso insegnante che ha interpretato ne “La vita è facile … a occhi chiusi”, il film rivelazione di David Trueba (nelle nostre sale dall’ 8 di ottobre) con cui la scorsa stagione ha vinto il premio Goya al miglior attore protagonista.

Quando nel 1966 si viene a sapere che John Lennon si trova in Almeria dove è stato chiamato da Richard Lester per girare il film “Come ho vinto la guerra”, il professore decide che vuole conoscerlo e si mette in viaggio in macchina verso Sud. Lungo il tragitto dà un passaggio a due autostoppisti, un capellone sedicenne, Juanio (Francesc Colomer) e a una ragazza, Belén (Natalia de Molina). Nel corso del viaggio sullo sfondo di quella stessa Almeria desertica e assolata immortalata da tanti spaghetti western, fra i tre che in modo diverso incarnano ognuno una forma di ribellione all’ordine costituito, nascerà uno straordinario rapporto di complicità e di amicizia.
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Dopo personaggi piuttosto sopra le righe come quelli interpretati con Almodovar, pensiamo all’infermiere Benigno di “Parla con lei” o al travestito Paca di “La Mala Educatiòn”, come si è trovato nei panni di questo tranquillo eroe della classe accanto?
«Dico la verità, mi sono subito innamorato del personaggio. Questo professore, infatti, non vuole soltanto insegnare l’inglese, desidera che i suoi alunni, diventino degli individui responsabili, nonostante la dittatura si adoperi con tutte le forze per impedirlo. Le canzoni dei Beatles nelle sue mani diventano un’arma per aprire la mente dei suoi allievi».

È molto efficace la scena in cui il professore spiega il significato di “Help!”.
«Colpisce che Antonio non intenda usare quella canzone per spiegare la corretta pronuncia inglese, ma vada diretto al cuore del problema John Lennon: un artista arrivato alle più alte vette del successo che grida “Help” aiuto! Perché? Provate a rispondere… John sta parlando di sé, della sua solitudine».
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Tutti i ragazzi avrebbero adorato un professore così.
«Il professore esiste davvero, si chiama Juan Carriòn e la storia è andata all’incirca come racconta il film. Antonio voleva chiedere a Lennon di rivedere insieme i testi delle canzoni che lui aveva trascritto su un quaderno per poterli poi insegnare ai suoi alunni. Pare che proprio da quell’incontro i Beatles, presto imitati da altre band iniziarono a pubblicare i testi nel retro copertina dei loro Lp».

Come vi siete imbattuti in questa storia?
«Carrìon aveva raccontato la vicenda  in un’intervista rilasciata a un quotidiano.  Trueba ha pensato immediatamente che fosse un’idea fantastica per un film. Ha rintracciato il giornalista e si è fatto dare il telefono del professore che ormai da molti anni vive in Andalucia. Pensavamo fosse ormai molto vecchio, invece ci siamo trovati di fronte a un tipo ancora incredibilmente energico e vitale: capelli lunghi bianchi, occhi blu come il mare e con la schiena dritta nonostante i suoi novantadue anni».

Com’è stato il vostro incontro?
«Il professor Carriòn ha voluto mostrarci il diario, scritto in inglese, su cui aveva annotato ogni particolare della sua avventura. A un certo punto mi ha perfino chiesto di leggere una pagina, salvo poi interrompermi ogni momento per correggere la mia pronuncia, secondo lui pessima.  “Non preoccuparti, nel film sarai un ottimo insegnante”, mi ha congedato stringendomi con un abbraccio. Dopo qualche settimana è venuto in Almeria per visitare il set con alcuni suoi vecchi alunni».

John Lennon ha raccontato di aver impiegato sei mesi a scrivere “Strawberry Fields Forever”, in pratica tutta la durata delle riprese.
«Lennon era arrivato in Spagna in piena crisi esistenziale. Inseguito alla famigerata dichiarazione: “Ormai siamo più popolari di Gesù Cristo” era diventato oggetto di continue minacce, quindi al termine del tour americano i Beatles avevano deciso che non avrebbero più fatto tournée. “Strawberry Fields Forever” è una seduta di psicanalisi in musica raccontata come un’avventura psichedelica».
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Un’altra storia piuttosto curiosa riguarda la battaglia per utilizzare la canzone. Com’è andata veramente?
«La società che detiene i diritti aveva chiesto una cifra impossibile, considerato in nostro modesto budget. La produttrice, Cristina Huete, ha combattuto per più di un anno per spuntare un prezzo ragionevole, ma non c’è stato niente da fare. Così si è dovuto ricorrere a uno strattagemma: quando ascoltiamo il “demo” di “Strawberry Fields…” che il professore ha inciso sul suo registratore non è la vera voce di John Lennon che canta ma quella di un bravissimo imitatore».

 La musica, comunque resta un elemento importante di questo film grazie alla splendida colonna sonora realizzata da Pat Metheny.
«David Trueba, in prima battuta aveva chiesto di scrivere la musica al suo amico Charlie Haden. Purtroppo Charlie era già troppo malato: “Ho un giovane collaboratore molto in gamba, potrebbe occuparsene lui” gli propose al telefono. “Come si chiama?”, chiese Trueba. “Si chiama Pat Metheny!”.  Trueba udendo quel nome si spaventò, pensava che il chitarrista avrebbe chiesto una fortuna. Invece Metheny ha adorato il film, non ha posto alcun problema di soldi e dopo poche settimane ha inviato la sua musica meravigliosa. Tutto bene quel che finisce bene!»