Recensione

Star Wars, è valsa la pena tutta l'attesa?

di Emiliano Morreale   27 dicembre 2015

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Il settimo capitolo della saga, arrivato a metà dicembre nelle sale di tutto il mondo, riporta la scanzonatezza della prima trilogia. E tutta la pellicola vive in funzione del rapporto con gli altri episodi. ATTENZIONE: spoiler

La prima trilogia di “Guerre stellari”, nel riportare all’ordine e all’evasione la fantascienza dopo le fantasie distopiche di un decennio, ereditava lo spirito hippie e cinefilo di una generazione che aveva dato la scalata a Hollywood. Vent’anni dopo, a cavallo dell’11 settembre, i tre antefatti non raccontavano più la lotta dei ribelli contro una super-potenza, ma al contrario i tentativi per arginare la catastrofe, da parte di una superpotenza in crisi (la Repubblica), con implicazioni politiche sempre più esplicite.

Chi rimpiangeva il tono picaresco e scanzonato dei primi tre film è ora contento. Rispetto ai complicati e cupi giochi di potere degli ultimi, il settimo “Star Wars” torna all’avventura pura, su una linea narrativa semplice: due nuovi eroi (un nero in fuga e una ragazza) trovano una mappa che indica dove si trova Luke Skywalker.

A loro si uniscono personaggi vecchi e nuovi, fra cui ovviamente Han Solo/ Harrison Ford (entrata in campo a 40’ dall’inizio, applauso a scena aperta nel cinema in cui l’ho visto). Il cuore del film, pur godibile in sé, è in effetti il rapporto con gli altri episodi: col tempo, col racconto, col mito. E in questo senso, si può permettere di liquidare in pochi minuti il momento forse più apocalittico dell’intera serie, la fine della Repubblica.
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Il regista J. J. Abrams è il primo a essere cresciuto guardando la saga (aveva 11 anni quando uscì il primo episodio), oltreché di spiccato gusto vintage. Forse anche per questo, il film sfugge a due pericoli speculari: la pesantezza dell’allegoria teologico-politica new age, e il feticismo degli effetti speciali.

Tornano le situazioni e i luoghi, a volte con strizzate d’occhio, a volte misurando il tempo passato: i droidi, il Millennium Falcon, un nuovo bar con i mostri alieni. Ma anche “Huckleberry Finn” (il protagonista si chiama Finn e scappa su una astronave-zattera: solo che è lui il nero, e il bianco si chiama Poe...), Re Artù, forse una celebre battuta di “Sentieri selvaggi”.

Insomma, come dice a un certo punto la protagonista: «The garbage will do», ce la faremo con la ferraglia, con i cari vecchi rottami, a combattere un super-cattivo in computer graphic. Anche se proprio “Star Wars” è stato negli anni il laboratorio e il trionfo del digitale...