I detrattori dei matrimoni gay si appellano al "pericolo" della stepchild adoption, anticamera della "famiglia omosessuale". Ma chi veramente fa o ha fatto ricorso alla Gpa? E chi si finirebbe col discriminare? L'opinione di ginecologi psicoterapeuti e genitori

Il ddl sulle unioni civili  appena approvato in Senato riconoscerebbe, a fronte di una semplice registrazione, gli stessi diritti e doveri di un matrimonio tradizionale anche alle coppie gay. Inoltre, aprirebbe la strada alla stepchild adoption: se uno dei due componenti della coppia unita da unione civile avesse un figlio naturale, il o la partner potrà adottarlo, anche se la coppia dovesse essere composta da due persone dello stesso sesso. Si escluderebbe l'adozione pura e semplice di un bambino “terzo”, dando così  prevalenza al legame di sangue. Questa opportunità -  secondo i maggiori detrattori delle unioni civili sarebbe l'autostrada per il ricorso all' “utero in affitto” come sprezzantemente viene  chiamata la Gpa, o “gestazione per altri” o maternità surrogata. Infatti, sarebbe sufficiente che uno di due aspiranti padri ricorresse a questa, perché l'altro partner possa diventare anche lui padre del bambino concepito tramite Gpa. E ecco formata la famiglia  gay.
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Ma la questione è davvero più complessa.

Prima di tutto, con la stepchild adoption verrebbero assegnati diritti a quei bambini già nati, a prescindere dal modo in cui siano venuti al mondo e che vivono all'interno di una coppia gay: lo Stato in questo modo tutela e non discrimina, non decide né giudica il modello di vita dei cittadini, né dell'orientamento sessuale dei genitori, semplicemente, rende i figli di genitori gay  uguali agli altri. Del resto, esistono già moltissime coppie gay che hanno già fatto ricorso alla maternità surrogata, così come coppie lesbiche che hanno figli avuti grazie all'etorologa o ancora  coppie gay in cui uno dei due ha avuto un figlio da un precedente matrimonio, e l'altro genitore sia ad esempio morto, etc.

Introdurre la stepchild adoption significa solo riconoscere  l'esistente e normarlo perché non diventi fonte di disuguaglianze e di sofferenze.

Ma chi veramente fa o ha fatto ricorso alla Gpa? E chi si finirebbe col discriminare?

Questo tipo di maternità coinvolge una donna, estranea alla coppia, nel cui utero è impiantato un embrione fecondato in vitro, ad esempio, con  ovocita e  sperma appartenenti a una coppia  eterosessuale, in cui però la donna non abbia potuto portare avanti la gravidanza.

La ginecologa della ASL Roma D e dell'Ospedale Grassi di Ostia (Roma), Lisa Canitano, Presidente dell'associazione Vita di donna, dice: “Molte donne giovani ricorrono alla 'gestazione per altri' in tutti quei casi in cui non possono, per ragioni di salute, portare avanti una gravidanza che aggraverebbe il loro stato. Si tratta di quelle con un utero malformato, o che lo hanno dovuto asportare in seguito a un tumore o quelle alle quali viene prelevato del tessuto ovarico prima di un intervento demolitivo, per esempio. L'utero - precisa Canitano - è un muscolo. Per cui una gravidanza può  essere portata avanti da una donna sterile e in là con gli anni, da una sorella grande, da una madre. Mi si passi l'espressione, si tratta di una regolamentazione  di quello che il popolo chiamava un tempo 'il figlio dal prestito di una povera donna' di cui è strapiena la letteratura e il mondo”.

Pertanto le donne che vorrebbero ricorrere alla Gpa -  vietata e contrastata in Italia- sono oggi discriminate esattamente quanto le coppie di uomini gay, giacché le lesbiche vi ricorrono solo a volte, preferendo di gran lunga  l'eterologa.

Giuseppe Nicodemo, ginecologo romano esperto di procreazione medicalmente assistita  sottolinea appunto che la maternità surrogata “essendo vietata, si deve per forza praticare all'estero. E il paese che tutela di più la donatrice e la portatrice è l'America, in particolare la California, e anche il Canada. Nel caso di una coppia gay (uomini) che volesse farne ricorso, può farlo, ma con il contributo di due donne: la  prima è la “donatrice” degli ovociti poi fecondati in vitro con lo sperma di uno dei due della coppia, e che sarà quella che passa il 50% del patrimonio genetico, la  seconda è la  “portatrice”  che con il suo utero porta avanti la gravidanza. Il costo della maternità surrogata in America può raggiungere cifre anche sino ai 200 mila dollari ma solo una piccola parte di questa cifra è destinato alla portatrice”.
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La vera grande questione che si impone con la gestazione per altri riguarda tutt'altro dato: quanto reale sia il consenso della donna “portatrice” e il rischio latente di uno sfruttamento delle giovani donne, soprattutto delle classi più povere, e soprattutto in paesi con minori tutele, come l'India. Del resto, si tratta pur sempre di una sorta di alienazione delle attività riproduttive della donna, e per  filosofi come, in Francia, Sylviane Agacinski sarebbe  una vera e propria forma di prostituzione,  un'ennesima reificazione del corpo della donna: “E'  vero” dice ancora  Nicodemo “il rischio è reale e per questo l'America è il paese più indicato. Qui le  donne sono estremamente tutelate, lo fanno come libera scelta di donazione e nessuna di loro si arricchisce. Nessuno vende niente, si tratta solo di un rimborso spese”.

Giovanni Fantoni, ingegnere di 35 con il suo compagno Stefano sono  aspiranti  papà: “abbiamo iniziato  nel 2011, quando ci siamo  iscritti  all'associazione  Famiglie  Arcobaleno. Noi   abbiamo scelto di farlo in America cioè il  paese dove sia più etico possibile. D'altro canto  al momento non ci sono tantissime possibilità: la Tahilandia  ha addirittura chiuso alle coppie straniere, l'India  ai gay, e l' Ucraina  ha un  rischio altissimo, vista la situazione politica, che diventi una compravendita. Per questo l'associazione Famiglie Arcobaleno si è dotata anche  di una carta etica.  Comunque l'80% di chi ricorre alle gestazione per altri sono eterosessuali. Il problema di oggi è che la questione della Gpa è affrontato in termini solo ideologici. E anche io, leggendo i giornali, avevo escluso la questione. Nessuno si è posto il problema di andare a parlare con una  portatice”.  Lo ha fatto, con grande cura Samuele Cafasso nel suo libro “ Figli dell'Arcobaleno” (edizione Donzelli), in cui si raccolgono, tra le altre, anche le  testimonianze di madri portatrici

Massimo e Giorgio, 40 anni,  imprenditori del Nord, invece sono diventati  papà di due bambini di due mesi che hanno  avuto appunto  in California: “abbiamo incontrato le nostre donatrici, ci siamo piaciuti tutti reciprocamente, e poi  si è operato. Noi volevamo, per rispetto di tutti, conoscere  le ragazze,  capire che avessero l'amore del gesto e le intenzioni  farlo. Poiché la surrogacy è legale si fanno anche dei contratti molto precisi. Noi siamo sempre in contatto con loro:  ieri notte ad esempio  ho ricevuto un messaggio della madre. La donatrice  dell'ovocita ha 27 anni e lavorava in un salone di bellezza, mentre  la portatrice di 24  è una commessa  in un negozio di abiti da sposa. Le portatrici in particolare devono superare controlli, essere già state madri e non avere necessità economiche. Ma quella di conoscersi è stata una nostra scelta perché ogni percorso è a sé. Alcuni possono anche non vedersi mai. Ma il punto è che oer lo stato italiano i due bambini sono figli di uno di noi: viviamo da 20 anni insieme e siamo coinquilini, di cui oggi uno solo è padre”.

Il solo  punto debole della “gestazione  per altri”  è quello che riguarda  la tutela delle donne,  e ancora una volta, non c'entra niente né l'orientamento sessuale né la capacità genitoriale, né i diritti che sarebbero riconosciuti o meno con la legge proposta al Senato.

E, ancora una volta, non coinvolge neanche la vita psichica  dei  nascituri se non nella stessa misura di una qualsiasi adozione.  “Escludendo il tema dell'abbandono e del rifiuto che talvolta caratterizza la disperata ricerca della madre biologica negli adottati” dice la psicoterapeuta Luana De Vita “va detto  che molti di loro non provano alcun interesse per le proprie origini biologiche, così come molti “figli della provetta” di coppie eterossessuali cercano invece di rintracciare il “donatore” di sperma o di ovocita. Immagino che i vissuti di questi bambini  potrebbero essere  gli stessi sia in positivo che in negativo”.  E per quanto riguarda il crescere con due genitori dello stesso sesso: “La letteratura scientifica internazionale, per quanto esigua e molto recente, evidenzia che nulla dimostra un'incapacità genitoriale determinata dall'orientamento sessuale. Nulla prova che lo sviluppo psicofisico di figli cresciuti in famiglie omosessuali sia in alcun modo compromesso. E' da considerare invece l'enorme importanza che il contesto sociale potrebbe produrre, la mancata tutela dei diritti legali e forme di discriminazione possono influire in modo drammatico, come per qualsiasi altra circostanza: discriminare e non tutelare le minoranze etniche, religiose, razziali produce sempre disastri da ogni punto di vista”.