Si contendono le star. Fanno a gara ?con i film. Attraggono gli spettatori ?quasi negli stessi giorni. La sfida tra ?i due eventi cinematografici non ?è mai stata così accesa. ?E il Canada guadagna terreno

Sulla carta non ci sarebbe gara. Quando la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia è iniziata nel 1932, per iniziativa del conte Giuseppe Volpi di Misurata, i creatori del festival di Toronto, organizzato per la prima volta nel 1976 come rassegna dei migliori film presentati in altre manifestazioni, erano solo poppanti o nemmeno erano nati. Ma in anni recenti la storica rivalità col festival di Cannes è stata sostituita da quella con Toronto, che insieme alla città lagunare apre la nuova stagione dopo l’estate. Anche quest’anno il calendario si accavalla (al Lido si comincia il 31 agosto e a Toronto l’8 settembre, due giorni prima della consegna del Leone d’oro) e la sfida si misura nella capacità di sottrarsi a vicenda i film più appetibili e le star, e di conseguenza il pubblico e l’attenzione dei media internazionali.

ALL'INSEGUIMENTO DELL'OSCAR

I risultati di questa sfida spesso si giudicano a marzo, con l’assegnazione degli Oscar, che ogni festival poi appunta sul petto come una medaglia, per l’intuito dimostrato nell’aver proiettato i film premiati. Alberto Barbera nei suoi primi due anni di direzione a Venezia ha piazzato altrettanti colpi, inaugurando con “Birdman” nel 2014 e scegliendo l’anno scorso “Spotlight”, entrambi onorati dall’Academy con la statuetta più ambita. Toronto d’altra parte nella storia recente ha dato risonanza a “12 anni schiavo” ed “Argo”, anch’essi vincitori, pur se la prima mondiale se l’è assicurata Telluride, considerato però un festival d’élite, difficilmente raggiungibile dato che si svolge tra le montagne del Colorado, e visto che persino i giornalisti per quattro giorni di proiezioni devono comprare uno dei costosi abbonamenti da 780 dollari.

Che la competizione sia stata accesa anche quest’anno non v’è alcun dubbio: “La La Land”, musical in cui l’amore tra l’aspirante jazzista Ryan Gosling e l’attrice Emma Stone è messo a dura prova dall’ambizione, apre Venezia e poi presenzia in Canada, mentre “I magnifici sette”, remake con Denzel Washington del western di John Sturges, inaugura Toronto e poi arriva in laguna per la chiusura. In totale ci sono altre nove pellicole in prima veneziana che appariranno di là dell’oceano, tra cui spiccano il secondo film dello stilista Tom Ford, “Nocturnal Animals”, tratto dal romanzo “Tony & Susan” di Austin Wright, che è un viaggio alla ricerca del lato più oscuro della natura umana, e “Jackie” di Pablo Larrain, in cui Natalie Portman interpreta Jacqueline Kennedy nei giorni successivi all’assassinio di JFK.

Significativo che in laguna debutti anche “Arrival”, dramma fantascientifico su un incontro con gli extraterrestri del talentuoso regista canadese Denis Villeneuve: anziché esordire in casa, probabilmente è stato sedotto dal fascino che la Mostra esercita su molti registi. Chi vince il Leone d’oro, infatti, entra di diritto nella categoria degli “autori”. Per questo dicono che Mel Gibson abbia fatto il diavolo a quattro per tornare al Lido con l’ambizioso “Hacksaw Ridge”,storia del primo obiettore di coscienza americano, che affiancherà altri ritorni: Wim Wenders col dialogo amoroso in 3D di “Les Beaux Jours d’Aranjuez”, Emir Kusturica col melò fantasioso sullo sfondo della guerra dei Balcani di “On The Milky Road”, Terrence Malick col documentario sull’universo “Voyage of Time: Life’s Journey”. Toronto, che non assegna premi, dalla sua quest’anno si è assicurata in esclusiva diversi titoli che, secondo il Guardian, hanno ambizioni da Oscar: “Snowden” di Oliver Stone, che promette bordate al cyberspionaggio di Cia e Nsa, “Deepwater Horizon”, sull’eroismo a bordo dell’omonima piattaforma petrolifera che ha causato nel 2010 il più grave disastro ambientale della storia americana; e “Lion”, storia vera di Saroo Brierley, indiano smarritosi bambino, adottato in Australia e capace di ritrovare la famiglia con Google Earth, seguito da “A United Kingdom”, sullo scandaloso matrimonio interraziale del futuro presidente del Botswana, oltre a “Pastorale Americana”, con cui Ewan McGregor adatta l’omonimo romanzo di Philip Roth.

DICE SULLE ROTAIE DEL TRAME

Anche sui red carpet ci sarà un bel via vai di divi: Venezia ospiterà Michael Fassbender con la sua compagna Alicia Vikander per il dramma amoroso “The Light Between Oceans”, e poi l’attore irlandese sarà a Toronto per “Trespass Against Us”, faida di una famiglia criminale. Dopo il calo di presenze di star internazionali del recente passato, dovuto anche alle scelte di Marco Müller, al Lido negli ultimi due anni sono tornate più numerose: quest’anno si attendono Amy Adams, Ryan Gosling, Keanu Reeves, Jim Carrey, Jake Gyllenhaal, Natalie Portman, Cate Blanchett, Liev Schreiber, Naomi Watts, Jeremy Renner, Andrew Garfield e altri. Ma se sulla carta la passerella veneziana sarà affollatissima, bisognerà vedere quanti nomi sul cartellone si tradurranno in effettive presenze. Più facilmente, diversi attori disertano Venezia per Toronto: anche se la cornice di King Street, con le rotaie del tram che attentano al tacco 12 delle divine protese verso i fan, non è paragonabile al fascino del lungomare del Lido, le produzioni americane prediligono la metropoli, dove l’intero cast di ogni film è sempre presente.

Il motivo è da individuare nei costi di viaggio, permanenza (nonostante gli aiuti della Biennale) e spostamenti, che in laguna sono molto maggiori, perché anche solo noleggiare un motoscafo non equivale a prenotare una berlina. Ma la ragione è che Venezia, nata con una vocazione artistica e nel tempo apertasi al cinema commerciale, non è riuscita a ritagliare un credibile spazio per il mercato delle pellicole, data la scarsità di sale, mentre Toronto, da sempre popolare nelle sue scelte di film, ha alimentato il business grazie all’ampia disponibilità di strutture, attirando una quantità di film (e di compratori) che farebbe impallidire chiunque: l’anno scorso erano 287, di cui 131 prime mondiali, e i numeri di quest’anno vi si avvicinano molto. Perché nella metropoli si celebra forse non sempre il cinema di eccellenza come a Venezia, ma quello di qualità media, che riempie le sale durante tutto l’anno. Contro un mercato così vivo e affollato non c’è competizione e la Biennale, dopo anni di tentativi mai decollati, quest’anno propone il più ristretto Venice Production Bridge, dove ci saranno 25 progetti di lungometraggi e 7 di serie tv che cercano finanziamenti o distribuzione, più alcuni progetti di realtà virtuale (che ha spazio anche a Toronto insieme a una rassegna di corti su Instagram).


NUMERI A CONFRONTO

Al di là del prestigio che i film prescelti possono far guadagnare e del mercato che traina l’industria e aumenta l’indotto, calcolato in 45 milioni di euro per la città di Venezia e 189 milioni di dollari canadesi (130 milioni di euro) per Toronto, per i festival c’è pur sempre da far quadrare i conti, e le forze in campo, tra Italia e Canada, sono impari: la rassegna nostrana può contare quest’anno su un budget di circa 14 milioni di euro, di cui poco più della metà di soldi del Mibact, mentre Toronto costerà poco più di 44 milioni di dollari (ma il contributo governativo non viene divulgato). Il più giovane festival può contare anche su un pubblico che dal 1976 è cresciuto a dismisura: gli spettatori erano 35mila il primo anno e l’anno scorso hanno toccato i 473mila, cui vanno ad aggiungersi 6600 accreditati, di cui 1200 giornalisti. In laguna nel 2015 i biglietti staccati sono stati 48mila, cui vanno ad aggiungersi 7400 persone munite di badge (che però a Venezia fa cassa mentre a Toronto è gratis), compresi giornalisti e accrediti culturali.

La sproporzione nei numeri si spiega facilmente con la differente capacità di accoglienza: basti pensare che gli schermi a Toronto sono 28 divisi in 9 cinema, con la Roy Thomson Hall, sala concerti da 2630 posti e il multiplex Scotiabank che ne conta 4500, mentre al Lido in totale sono 5615 per 8 sale. Eppure da quando è fallito il progetto del nuovo Palazzo del Cinema, avviato nel 2008, ma bloccato per la scoperta di un’ingente quantità d’amianto sottoterra che ha fatto lievitare i costi, lasciando per anni aperto lo scavo antistante il Casinò, finalmente la Mostra quest’anno si ripresenterà con un aspetto di cui non doversi più vergognare: finalmente vi sorgeranno un’area verde e una nuova sala, temporanea, da 450 posti, in cui saranno proiettate gratuitamente otto pellicole, nell’ambito della sezione Cinema nel Giardino.

Uno sforzo ammirevole che va ad affiancarsi a quello realizzato dalla Biennale negli ultimi anni per ammodernare sale non più al passo coi tempi: nel 2011 è avvenuto il restyling della Sala Grande e nel 2014 quello più ambizioso della Sala Darsena, oggi una vera eccellenza. Naturalmente per chi va alla Mostra, oggi come dieci anni fa, i prezzi sono cari e lievitano a dismisura durante la manifestazione, negli hotel (il costo della stessa camera doppia all’Excelsior, cuore pulsante del festival, sale da 325 a 775 euro a notte), ma anche negli appartamenti privati, pagati in nero e stipati dal pubblico a caccia di un posto letto più economico.

Ai giovani, dunque, non resta che affidarsi a quegli ostelli, quasi tutti a Venezia, o ai camping del Lido, con cui La Biennale stringe partnership. In una metropoli come Toronto la ricezione alberghiera e l’offerta è molto più ampia e varia e i costi sono perciò leggermente inferiori (anche per il cambio favorevole: 1 euro è pari a 1,44 dollari). Sul fronte biglietti invece le due manifestazioni sono sulla stessa linea d’onda, con prezzi in generale mediamente popolari, e con la proiezione più cara, insieme al cast, che a Venezia costa 45 euro, mentre a Toronto 49 dollari; anche se da un paio d’anni ha fatto scalpore la vendita del pacchetto Vip: 1500 dollari per i 5 migliori film in rassegna nei posti più vicini ai propri beniamini. Qualcuno ha tuonato: «Toronto non è più il festival della gente comune». Ma la verità e che lì chi acquista un biglietto o un abbonamento paga un’attività che non si esaurisce negli 11 giorni di festival ma prosegue, tra proiezioni e mostre, tutto l’anno.