L'applicazione per trovare uno sconosciuto, quella per sapere chi abbiamo incrociato, quella che trova il profilo adatto al nostro. Così la geolocalizzazione e gli algoritmi riscrivono i riti dell’erotismo

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È alta e sottile, in gramaglie, e mentre gli passa davanti solleva l’orlo della gonna, mostrando agile e nobile due gambe statuarie. Lei era solo una passante, figura effimera e senza nome, ma lui era Baudelaire, e su di lei scrisse quei versi che oggi, redivivo, non avrebbe scritto. Perché nessuno canterà più le passanti, fulminato dal loro passo fugace e indifferente.

Non ci saranno Brassens e poi De Andrè a cantare e «rimpiangere tutte le belle passanti che non siamo riusciti a trattenere». L’appeal ai tempi delle App è un’altra cosa. Se vi ha colpito (nel senso di turbato, sorpreso) una sconosciuta alle 11 di ieri alla stazione di Roma, o un uomo l’altro pomeriggio alla mostra di Pissarro (che amava appunto dipingere i passanti), siete più fortunati di Baudelaire e Brassens, condannati a vita per l’ammanco. Se vi scaricate l’applicazione Happn, grazie alla geo-localizzazione, algoritmo e contatto, il gioco è fatto.

C’è un nuovo corso e soccorso, poetico e umano, per i predatori di sguardo, i transumanti dell’amore, i pedinanti infelici. Le app tramano per noi, compensano la timidezza, i nostri indugi, riparano gli inciampi del caso, fanno guadagnare tempo (in ricostruzioni e inseguimenti) e ti aiutano a trovare l’anima affine. Ok, tolgono magia all’incontro, ma ne sanno creare altra: con Once ti compare un profilo a mezzanotte, solo uno al giorno, ora o mai più, come fiaba comanda. E se non sei esattamente Jack London o Hemingway, professionisti del rischio, ci sono le App come Lovoo che ti segnalano gli innamorabili della città in cui vivi, ma anche del quartiere, oltre i presenti nella piazza in cui adesso leggi questo pezzo. Se invece esci, e in pizzeria c’è qualcuno che ti intriga, e siete entrambi nell’app propiziatoria, l’incontro - anzi il match - può partire.

Per completezza, ci sono app per i pigri e i segugi da poltrona – del resto anche Freud vantava nel suo diario un migliaio di amanti espugnate (almeno penso) sul divano col drappeggio esotico.

D’altronde. Se è già così arduo incontrarsi e piacersi nella città manifesta, perché non tentare la città sommersa, coi suoi meandri oscuri ma diretti, le strade efficaci degli algoritmi e degli snodi su Tinder, l’app più percorsa da ragazzi e ragazze di ogni età? Se le vie ordinarie dell’incontro accidentale sono rare o fallimentari, perché non abolire il caso, o addomesticarlo? Ebbene sì, il giallo e il noir sono il genere più letto in un Paese che non legge, ma a libro chiuso preferiamo all’azzardo le vie battute dal web, quelle suggerite dal navigatore, gli incroci degli algoritmi. Ci semplificano il lavoro, riducono il rischio dell’esposizione.

Prostituzione 2.0
Faccio sesso, pago, recensisco. Ecco il mondo di Escort Advisor dove la vergogna dura poco
2/8/2019
Ma come prosegue nella vita emersa lo storytelling sentimentale? Qui la narrazione ha una svolta, e a parte le storie di progressione ordinaria, tipo contatto-conoscenza-coppia, il vecchio schema di inizio-svolgimento-epilogo è rivoluzionato. Sullo scolastico Aristotele vince David Lynch, ibrido e multifocale. Le relazioni sul modello App non sono lineari e progressive, ma espanse, pluridirezionali, spesso intercambiabili, perché è cambiato anche il modo di raccontarcele.

Non le chiamiamo nemmeno più storie, sono non-storie in non-luoghi. Anzi iper-storie in iper-luoghi, perché il web è un iperluogo. Poli-amore e piattaforme condivise, al posto del classico e petrarchesco mono-amore. Emerge un intreccio narrativo nuovo, è come entrare in una storia direttamente a metà, saltando preamboli e introduzioni (chi si ricorda la famigerata dichiarazione d’amore?) e promesse di continuità, raggiungendo subito ogni intimità. E poi restare lì, in quella zona di contatto rapido e estremo, senza sviluppo di trama, senza conseguenze, perché forse il contatto si ripeterà uguale o forse è l’ultima volta, ma non puoi prevedere il gioco degli incastri e della fuga- né quello della dimenticanza. Mantieni in rubrica il numero, ma non c’è legame, perché manca un filo narrativo - sono tanti e ingarbugliati. Ogni tanto uno smiley, un cuore. Non ci sarà memoria. Dunque nemmeno oblio.

Fosse vivo Calvino, altro che lezioni americane e narrazione potenziale! Al modello Propp (conflitto duale, tensione tra antagonisti, risoluzione) si è sostituito un più convulso plot da serie tv americana, con punti di vista molteplici, più protagonisti, sfasamenti temporali, sospensioni, dislocazioni. Tant’è: viviamo in un presente permanente, in cui è tutto simultaneo e in presa diretta.

Se una storia non ha un vero inizio, d’altronde non può avere fine. Neverending story. Dove la categoria dell’infinito non si misura con l’oltre e il metafisico, ma al contrario con un al-di-qua fatto di ingorghi e di rumore.
Quando finisce un amore, cantava Cocciante, ti senti un buco nello stomaco, un vuoto nella testa, e vorresti cambiare faccia, cambiare nome, aria, vita. Quando finisce. Ma se una storia non si conclude, con una spiegazione o un vago rito di congedo, puoi dirti che non è finita, no? E può riprendere, forse. Eppure ti senti sospesa. Chissà perché anche ferita, senza sangue.

Le stanze dell’analisi si riempiono di trenta-quarantenni in preda alla paura: della precarietà, della perdita. Raccontano storie di confusione e inappartenenza, hanno perso il centro, l’orizzonte. Storie di vanishing, dove l’altro/a svanisce all’improvviso senza più dare notizia di sé, bloccando il tuo nome in ogni rubrica e accesso. Ghost-stories, fantasmi che ricompaiono come se nulla fosse stato, più spesso uomini che donne. “Seductor interruptus” li chiama il filosofo Gilles Lipovetsky, seduttore a tempo, che non punta alla resa ma al potere sociale della conquista - altro che il gioco estetico di segni e rituali secondo Baudrillard.

Però. Se nelle strade del mondo non fosse passata la passante, col suo passo fatale e trascinante. Se non fosse transitata a un incrocio la Sconosciuta irraggiungibile, con sguardo ambiguo e rapinoso, il passo indolente o rapido a scuotere l’artista, avremmo perso un bel po’ di letteratura, da Dante a Petrarca sino ai poeti maledetti. E tanti incontri fatali e accidentali, che resteranno solo negli sguardi impaginati da Maupassant, Flaubert, Cechov, Proust, Brancati.

È finito il tempo della passanti, figure ambigue in preda alla svagatezza, “prede” inafferrabili, “angeli del tempo”, emblemi di un femminile antico, transitorie e per di più mute, perfette per un certo immaginario maschile di tipo venatorio-decadente. Oggi le donne non passano, vanno. Mirate a una destinazione - la scuola del figlio, un consiglio di amministrazione, la palestra, il supermercato, l’ufficio, la madre anziana – a ognuna il suo ring quotidiano. I loro figli invece si fanno mettere sotto pelle un microchip - almeno nell’inquietante serie Osmosis di Netflix – che pescando i dati direttamente dal cervello li condurrà all’anima gemella, anch’essa monitorata e censita nel catalogo delle anime sole. In una futura Parigi devitalizzata e stanca.

Era meglio sì, quando la attraversava Baudelaire, braccando ubriaco nel macadam la sua passante in nero. E pazienza se gli cadeva l’aura sotto la carrozza.