Nel momento esatto in cui Bugo ha abbandonato il palco dell’Ariston, in quel preciso momento del 23 febbraio avremmo dovuto capire che niente sarebbe potuto andare per il verso giusto.
L’anno maledetto era cominciato con una negazione: il cantante che dice no all’evidenza, nello specifico la necessità di esibirsi. E questo atteggiamento, mancanza di senso, di pubblico, di inventiva, di desiderio di conoscenza, di buon gusto, nel bene ma soprattuto nel male ha costellato con puntualità chirurgica l’intera programmazione televisiva del 2020. Ballando con le stelle, programma dalla punta arrotondata di Rai Uno eleggeva vincitore un fonico di bella presenza spuntato da dietro le quinte nell'attimo in cui Morgan in quel di Sanremo cercava il suo partner. Come dire, la negazione della meritocrazia, riassunta in una rumba.
Negato il pubblico, assente, replicato, inventato, negli studi deserti dove i presenti erano costretti a esaltarsi nel silenzio. Negati anche gli ospiti, confinati mestamente davanti alle loro librerie spolverate, con tristi cuffiette e ritardi di audio. Negazioni ma soprattutto negazionisti, mostruosi danni in carne e ossa che sbandieravano davanti agli spettatori sopravvissuti al dolore i guai di una fantomatica “dittatura sanitaria”, piccoli sconosciuti e ancor più piccoli noti che, troppo spesso armati di camice, sgomitando in modo scomposto prendevano la parola nei salotti distribuendo danni come noccioline equiparando il virus a un raffreddore, dando per finita l’epidemia, tutti in pista a fare quattro salti in discoteca.
Telegiornali della seconda rete che senza pudore negavano l’esistenza stessa del mestiere, e buttando nel cestino il buon vecchio contraddittorio permettevano a ex ministri di tuonare contro un inesistente «prelievo dai conti correnti degli italiani».
Servizi in cui l’ideologo di Trump discettava sulle manipolazioni certe delle elezioni Usa e della conseguente vittoria truffaldina di Biden, toni aggressivi sui vaccini in sfondo rosso con musiche drammatiche seguite da raffiche di misure restrittive che neanche un corso di animazione per adolescenti su Tik Tok.
E poi negazionisti della decenza, rinchiusi in una casa come fossero fratelli, a sputare sentenze e marciume, sino alle negazioni del buon gusto, dalle preghiere snocciolate a mani giunte nel programma della sera dalla conduttrice che prima o poi si butterà in politica al monologo furente della politica che al grido di «Sono Daenerys nata dalla tempesta» prima o poi si butterà nello show. Un anno lunghissimo insomma, in cui la negazione più straziante è stata quella del sacro senso del normale. Ma questo, a dire il vero, in tv non è una novità.