Appassionato di immagini sin da bambino, il visual designer tesse l’elogio di Tanizaki

Di solito, quando diciamo che un libro ci ha liberato, intendiamo, per metafora, che attraverso la voce del suo autore abbiamo capito qualcosa di noi o del mondo (o della relazione fra noi e il mondo); e così – talvolta d’improvviso, altre volte lentamente – è maturato in noi un punto di vista inedito. Il sottinteso è che se ora siamo liberi, prima eravamo in qualche modo schiavi, magari in modo inconsapevole. Il più delle volte ci liberiamo da un’ossessione o da un pensiero fisso. Ma cosa accade se, al contrario, un libro ci inchioda a un’ossessione?

 

Da quando sono bambino il mio interesse maggiore è sempre stato rivolto alle immagini: fumetti, disegno, pittura, fotografia, cinema. Poi le immagini sono diventate il mio lavoro e, come sa bene chi si occupa di queste cose, l’ossessione per i dettagli è fondamentale. Si possono passare ore a scegliere un colore o un contrasto che ci sembra giusto, o a guardare centinaia di scatti fino a trovare quello dall’equilibrio ideale. E tuttavia, io, nella vita, altrettanto tempo l’ho dedicato a cercare le lampadine esatte, quelle che emettono la luce perfetta per leggere, scrivere e disegnare. In generale amici e parenti mi hanno sempre preso in giro per queste cose: sono sempre stato quello strano. Però poi un giorno, poco dopo i vent’anni, mi sono imbattuto in “Libro d’ombra”, un breve saggio del 1933 in cui Tanizaki tesse un elogio delle qualità della luce e della sua assenza, mostrando come l’elettricità abbia impoverito l’esperienza estetica e la vita più in generale. Ora, è chiaro che, a leggerlo oggi, il rifiuto della corrente elettrica sembra un po’ una follia, e invece, non solo a me ha aperto un mondo, ma sono convinto che certi temi siano ancora attuali, specie in un’epoca dominata dagli smartphone e dall’illuminazione standardizzata. Di quanta luce abbiamo bisogno quando lavoriamo? Di che tipo di penombra c’è bisogno in bagno? E che tipo di ombre vogliamo intorno a noi mentre facciamo colazione?

 

Tanizaki è noto soprattutto per i suoi romanzi erotici, per i suoi personaggi dominati da pensieri fissi, morbosi, idiosincratici, spesso violenti. Nel “Libro d’ombra” sposta questa mania dall’erotico all’estetico, e ci invita a osservare le penombre. E così mi ha liberato, non perché mi ha tolto di dosso un’ossessione, ma perché mi ha confermato che alcune manie sono fondamentali. In fondo, solo chi sa vedere le ombre nella vita di tutti i giorni è in grado a guardare, davvero, quadri, film e fotografie e capirne la complessità. Saper guardare significa amare i particolari in modo sconfinato.