Femminismo
“Fai rumore”: nove fumetti per spiegare come dire basta alle molestie
Catcalling, bullismo, avance indesiderate. Un’antologia di storie di ribellione ai soprusi. Realizzata da Moleste, il collettivo delle fumettiste in lotta contro la violenza di genere
Le parole per dirlo: non significa solo conoscere il significato di catcalling, gaslighting, slut shaming. Significa avere la forza di chiamare le molestie con il loro nome. E prima ancora, significa avere il coraggio di rompere il silenzio che spesso è la prima reazione a un episodio violento o anche solo sgradevole. “Fai rumore”, raccolta di “Nove storie per osare” pubblicata in questi giorni dalle edizioni il Castoro, nasce prima di tutto per spingere chi è vittima di molestie a parlare. A raccontare. E nei casi più gravi a denunciare. Come hanno fatto le autrici delle storie raccolte in questo volume. E le donne che in questi mesi si sono rivolte a Moleste, “collettivo per la parità di genere nel fumetto”.
Nato a ottobre del 2020 dalla collaborazione di fumettiste, sceneggiatrici, disegnatrici, coloriste, letteriste, soggettiste, giornaliste, traduttrici e ghost writer, il collettivo ha portato sotto i riflettori la situazione di pesante sessismo che dominava anche nel mondo dei cartoon e dei graphic novel. Giulia Blasi su L’Espresso lo ha salutato subito come uno dei progetti più concreti tra quelli ispirati dall’onda del movimento americano “me too”. Ora da quell’iniziativa nasce una raccolta di fumetti originale e costruttiva. Che ha molto da insegnare alle ragazze di oggi, e ha il pregio di insegnare senza farlo notare. Ne abbiamo parlato con Francesca Torre, che ha coordinato il lavoro.
La prima cosa che colpisce sfogliando il volume è la differenza dei disegni: nove storie simili, tutte della stessa lunghezza, raccontate però con tratto e colori completamente diversi.
«All’inizio è stato spiazzante anche per me, rispetto al classico volume di graphic novel disegnati da una sola mano. Ma secondo me funziona: ogni storia ha il suo stile, i personaggi hanno un'altra immagine...»
Sono storie vere?
«Alcune nascono da esperienze personali. Ogni autrice era libera di trattare il tema che desiderava secondo le proprie inclinazioni. Solo alcune sono dichiaratamente autobiografiche: per esempio quella che ho scritto io disegnata da La Tram, mentre “Scrivimi quando arrivi” di Maurizia Rubino sul catcalling nasce da un'esperienza comune che ovviamente ha vissuto anche lei, quella sensazione di inquietudine che ogni donna vive quando torna a casa la sera da sola» e “Un viso di bambino” di Anna Cercignano si ispira a una vicenda personale».
Però non sono le storie di chi ha contattato il collettivo Moleste.
«No, qualcuna è pubblicata sul sito ma il lavoro che stiamo facendo di raccolta passa attraverso un filtro legale: per noi la cosa più importante è tutelare le vittime, e quindi rendere non riconoscibili le testimonianze. Nei casi più gravi, mettiamo le persone in contatto con i centri antiviolenza, con professionisti che garantiscono l’assistenza psicologica o anche legale di cui possono avere bisogno. È importante far sapere che esistono associazioni femministe pronte ad assistere chiunque. Questo è il primo risultato che abbiamo raggiunto: e quando abbiamo iniziato non immaginavamo quanto ci fosse bisogno anche solo di creare un contatto di questo tipo».
E “Fai rumore” come si colloca all’interno del vostro lavoro di lotta contro le molestie?
«Ci siamo rese conto presto che la nostra strada, più che la denuncia che affidiamo ai centri anti-violenza, era quella della divulgazione: del resto veniamo tutte dal mondo del fumetto, per lavoro raccontiamo storie, e abbiamo messo questa nostra capacità a disposizione della causa. Per esempio a Bologna con Cheap, un'associazione che fa campagna di affissioni artistiche, abbiamo raccontato attraverso le illustrazioni alcune tappe della storia transfemminista, come la battaglia per il divorzio ma anche la storia di Franca Viola. Poi è arrivata la proposta del Castoro e ci siamo concentrate su quello: c’è voluto un anno di lavoro intenso per realizzare il libro».
In che modo queste storie possono spingere le lettrici e i lettori a “osare”?
«Sono racconti che invece di affrontare un tema in senso teorico lo mostrano in situazioni specifiche. Mostrano cosa succede in caso di avance indesiderate, o di bullismo, e quale impatto questi comportamenti hanno sulla vita delle persone. Anche una storia come “La felpa gialla” di Vega Guerrieri e Caterina Ferrante, che mostra semplicemente quella sensazione, comune a tanti adolescenti, di disagio col proprio corpo».
Le vittime di molestie sono spesso giovanissime, e i luoghi sono spesso le aule scolastiche: anche le scuole di fumetto sono a rischio?
«Tutti i posti in cui si incontrano esordienti sono luoghi di grandi fragilità. Spesso i fumettisti alle prime armi sono molto giovani o comunque hanno poca esperienza professionale, e questo li rende più esposti ad abusi. Alcune di noi sono anche insegnanti, e quindi dopo la nascita del collettivo sono diventate punti di riferimento per le studentesse e anche per gli studenti, perché ci sono abusi anche sui ragazzi. È importante che ci sia un interlocutore sicuro all'interno dei luoghi della formazione, qualcuno a cui rivolgersi quando si notano situazioni che all’inizio forse non si capiscono. I racconti che raccogliamo mostrano che molto spesso le vittime non capiscono se la sensazione di disagio che provano è giustificata o no: leggere di una storia simile nelle pagine di “Fai rumore” può aiutare a capire se quello che ti stanno facendo è lecito o no».
State già vedendo qualche risultato?
«È un lavoro in evoluzione, ci sentiamo ai primi passi: e comunque di fronte a un problema così pesante e diffuso avremo sempre l’impressione di non fare abbastanza. Però qualcosa sta cambiando: c’è più sensibilità rispetto a comportamenti che anche se diffusi sono scorretti, sta passando il messaggio che di fronte a situazioni come queste non si deve necessariamente tacere e subire. Spesso ci troviamo a parlare negli eventi e nelle fiere, adesso che si possono rifare dal vivo, e lì intercettiamo lettrici e lettori che spesso sono anche aspirati professionisti o professionisti alle prime armi. o anche già affermati: perché le molestie avvengono a tutti i livelli...»
Ho visto che siete in contatto con collettivi stranieri: avete progetti in comune?
«Per ora no, ma chissà… I contatti con loro sono stati importantissimi per iniziare, perché siamo nate per ultime dopo spagnole, francesi e americane. Anche se siamo tutte fumettiste, abbiamo campi d’azione un po’ diversi perché la situazione dal punto di vista legale è diversa e lo è anche il contesto femminista a cui si fa riferimento. Sappiamo, poi, che ci sono collettivi simili al nostro nati in Italia in altri ambienti artistici: Amleta per le attrici e Shesaid.so Italy per la musica. Anche se lavoriamo in campi simili, i comportamenti sessisti e di delegittimazione professionale hanno caratteristiche diverse. Per questo è importante che ogni collettivo sia concentrato sul proprio campo: così mettiamo insieme una spinta di autodeterminazione nei diversi campi professionali che è parallela, e pur avendo caratteristiche diverse spinge verso un obiettivo comune».
Appuntamento per la presentazione di “Fai rumore" al Salone del libro di Torino sabato 21 maggio alle ore 18.30. Il 22 invece alcune rappresentanti di Moleste saranno al WeWorld festival di Milano, in un incontro organizzato dal collettivo per la comunicazione inclusiva Hella Network.