Dopo le denunce dell'Espresso e le interrogazioni parlamentari, il caso delle giovani braccianti dell'est abusate dai padroni nelle campagne siciliane è ora al centro di un'inchiesta dell'Arma. Centinaia le persone già controllate
Piegate a raccogliere pomodori e zucchine nelle serre della provincia di Ragusa che, in estate, il caldo e i fertilizzanti trasformano in un inferno che taglia il respiro. Poi, alla fine del turno sfiancante, costrette a soddisfare le voglie sessuali del padrone italiano. L’inchiesta de “l’Espresso” ha raccontato le schiave di Ragusa: lavoratrici, molte anche madri, che vengono soprattutto dall’Europa dell’Est. Braccianti romene ridotte in schiavitù. Dopo
gli articoli di Antonello Mangano e la
video inchiesta di Duccio Giordano i Carabinieri di Ragusa hanno deciso di aprire un’istruttoria.
Anche il Parlamento si è mosso con due interrogazioni presentate da Sel e Pd.
In questa prima fase delle indagini le donne dell’Arma avranno un ruolo fondamentale: saranno loro ad avvicinare le presunte vittime che, altrimenti, di fronte a un uomo in divisa potrebbero restare in silenzio. Gli inquirenti ritengono fondamentali anche le testimonianze delle operaie italiane e straniere che lavorano tra Vittoria e Santa Croce Camerina, nella cosiddetta “Fascia trasformata”, dove all’agricoltura tradizionale si è sostituita la coltivazione nelle serre per produrre primizie tutto l’anno.
[[ge:espresso:inchieste:1.184182:video:http://video.espresso.repubblica.it/tutti-i-video/schiave-romene-a-ragusa-situazione-gravissima-minorenni-costrette-ad-abortire/3258/3279]]
Gli investigatori hanno già
controllato più di 150 persone e una cinquantina di capannoni aziendali. I primi accertamenti, concentrati sulle imprese più grandi, proseguiranno a tappeto in tutta la provincia. I militari stanno bussando alle porte anche delle ditte a gestione familiare. È nelle piccole realtà, infatti, che è più diffusa la violenza sulle braccianti. Una volta raccolte le informazioni e interrogati i testimoni (alcuni intervistati nel nostro reportage), i detective scriveranno una relazione che sarà inviata alla procura della Repubblica di Ragusa.
Insomma, gli imprenditori che esercitano una sorta di
ius primae noctis medievale sulle dipendenti, alcune anche minorenni, sono finalmente entrati nel mirino degli investigatori. Sebbene le prime denunce di sindacalisti e cronisti sui “festini agricoli” siano datate 2010, niente sembra cambiato per le “schiave dei campi”.
Una realtà terribile, fatta di violenze, aborti, omertà. In queste campagne è spesso il diritto feudale a regolare i rapporti di lavoro. Con i signorotti locali che decidono della vita dei sudditi. Uno sfruttamento intensivo di braccia. Che diventa duplice per le ragazze, costrette a prostituirsi dopo una giornata intera passata sotto i teloni delle serre. Di queste relazioni forzate, spesso senza protezioni, le donne pagano le conseguenze peggiori: chi resta incinta decide di interrompere la gravidanza con ogni mezzo, visto che all’ospedale di Vittoria i medici sono tutti obiettori di coscienza.
Don Beniamino Sacco è il sacerdote che per primo ha denunciato i “f
estini agricoli”: «Sono diffusi soprattutto nelle piccole aziende a conduzione familiare. Le giovani madri, che non riescono ad abortire, sono poi costrette ad abbandonare i figli». Tre anni fa il parroco ha mandato in carcere un padrone sfruttatore. Tra le storie raccolte da “l’Espresso” c’è quella di Luana ricattata e umiliata dal padrone che in cambio di un passaggio in paese ha preteso prestazioni sessuali. O la denuncia di Alina: «Possono prendere il mio corpo. Ma l’anima no. Quella non possono toccarmela».
In questo angolo d’Europa, a Sud di Tunisi, tremila aziende producono l’ortofrutta che troviamo in tutti i supermercati. Secondo i sindacati le persone occupate nelle serre oscillano tra 15 mila e 20 mila. Su queste braccia, a costi bassi e senza diritti, si regge un pezzo dell’economia italiana.