La lotta per contenere l'immigrazione nel vecchio Continente e per i rimpatri forzati ha dei costi enormi e spesso difficili da scoprire. Perché ogni paese parla la sua lingua e la trasparenza è poca. Ma il business della tratta resta molto allettante per i trafficanti. La seconda parte del progetto Migrants Files

Si chiamano sniffers e sono prototipi di un progetto di ricerca europeo finanziato con 3,5 milioni di euro: nasi artificiali che hanno letteralmente lo scopo di annusare i veicoli che transitano alle frontiere per vedere se al loro interno sono nascosti dei migranti. Questo è solo uno dei progetti europei finanziati per il contrasto all'immigrazione clandestina. Una cifra quasi irrisoria però rispetto al totale dei fondi stanziati dall'Unione Europea dal 2000 ad oggi per cercare di contrastare il fenomeno.

Navi, droni, muri, barriere di protezione, software, controlli alle frontiere e il grande flusso dei rimpatri sono costati ai contribuenti una cifra che sfiora i 13 miliardi di euro (costi che non comprendono i fondi per l'accoglienza vera e propria).

Ma se da un lato il business delle frontiere arricchisce le aziende europee, dall'altro si stima che scafisti, trasportatori e altri intermediari abbiano raccolto dai migranti in transito dal 2000 al 2014 qualcosa come 15,7 miliardi di euro, in un variegato tariffario che cambia notevolmente di rotta in rotta.

Sono questi i nuovi risultati del progetto The Migrants Files sviluppato da un team di quindici giornalisti europei, che ha realizzato una stima dei costi minimi incrociando varie fonti di dati. Numeri che si inseriscono in un panorama allarmante: circa 30 mila migranti morti nel tentativo di raggiungere l'Europa dal 2000 a oggi e un totale di 1,2 milioni di migranti che hanno varcato le frontiere via terra e via mare in maniera non regolare (oltre 200 mila dall'1 gennaio 2014 a giugno 2015).

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Più di 11 miliardi per il rimpatrio dei migranti: ma non c'è trasparenza
L'espulsione dei migranti irregolari è costata agli Stati Membri almeno 11,3 miliardi: è quanto emerge incrociando i dati Eurostat e European Migration Network. Si tratta di una stima al ribasso rispetto ai costi reali e difficile da calcolare in quanto solo il Belgio tra i 28 Stati membri tiene una traccia complessiva dei costi di rimpatrio.

Gli altri Stati – Italia compresa – non rendono pubbliche e facilmente consultabili le tabelle di riepilogo. Sul sito del Ministero dell'Interno sono presenti le voci di budget relative alla gestione dei centri di identificazione e degli Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), come emerso nel maggio 2015, ma cosa accade realmente con i rimpatri? Quanti sono? E quanto costano? I flussi sono enormi, secondo il dossier di Frontex (l'agenzia europea che monitora le frontiere): oltre 441 mila migranti irregolari sono stati identificati in Europa solo nel 2014. Di questi circa 252 mila sono stati formalmente espulsi (12% in più del 2013), dei quali oltre 161 mila risulterebbero realmente rimpatriati. Minore è il numero dei respingimenti, che supera di poco di 114 mila.

E sebbene la direzione verso cui il vecchio continente sembra tendere in tema di immigrazione sia quella di un approccio europeo, manca un dato che fornisca una visione d'insieme, dei suoi costi e quindi dell'efficacia delle misure implementate. Una mancanza di trasparenza diffusa tra gli Stati Membri e in Italia già segnalata dai rapporti di Lunaria, un'associazione che svolge ricerca su temi legati alle migrazioni. «La ricognizione delle risorse pubbliche nazionali e comunitarie che supportano le politiche di contrasto dell'immigrazione irregolare non è agevole», si legge nel rapporto Costi disumani, «la frammentazione delle fonti di finanziamento e la scarsa trasparenza dei documenti ufficiali disponibili rendono complessa l'identificazione di tutte le voci di spesa rilevanti in questo ambito».
Grafico
Migrant Files, quanto costa l'emergenza immigrazione per l'Europa
16/6/2015

Monitorare ingressi, espatri e costi: la Babele degli Stati membri
A livello europeo ognuno parla la sua lingua, in tutti i sensi, in termini di metodologia e raccolta dati sul fenomeno. È la denuncia di Leanne Weber, autrice del paper scientifico "Decifrando le pratiche di espulsione nel Global North” che analizza le complessità a livello locale, nazionale e sovrannazionale delle politiche di espulsione. «I vari paesi europei differiscono sia sulle leggi sull'espulsione sia sulle metodologie di raccolta di dati statistici perché questo aspetto del controllo delle frontiere è ancora prerogativa del singolo stato e non è regolato a livello europeo», commenta la ricercatrice. E tale reticenza nel raccogliere dati uniformi mina la credibilità delle istituzioni europee. «A differenza degli Stati Uniti, dove la raccolta dati statistici è stata al centro del dibattito, in Europa semplicemente nessun organismo sembra essere interessato ad avere l'informazione standardizzata tra i paesi membri», spiega Weber.

Più di 15,7 miliardi di euro spesi dai migranti per arrivare in Europa
L'enorme e sempre crescente quantità di profughi in cerca di un posto in barca per arrivare in Sicilia ha contribuito ad abbassare le tariffe degli scafisti, come testimoniato anche dall'inchiesta "Glauco” della primavera 2015, ma il giro d'affari del contrabbando di migranti è da capogiro: il costo stimato è di 15,7 miliardi di euro dal 2000 a oggi (consulta le tabelle dei dati e la metodologia) con il paradosso dei migranti dall'area sub-sahariana che sembrerebbero dover sopportare costi minori rispetto a chi proviene da Sud-est (Egitto, Siria).



Dagli sniffers ai droni, progetti per 1,6 miliardi per dare la "caccia” ai migranti. Il ruolo di Finmeccanica e il patto di amicizia Italia-Libia
Finmeccanica è con Airbus, Thales e altre aziende tra gli assegnatari di 1,6 miliardi di euro per progetti di ricerca presenti nel sesto e settimo programma quadro dell'Unione europea. Queste aziende hanno lavorato sostanzialmente per fornire strumentazioni utili a controlli di frontiera e servizi di sorveglianza tra i più disparati. Ci sono i droni per monitorare le coste, i dispositivi per scannerizzare le impronte digitali, binocoli a infrarossi per uso notturno, barche speciali, sistemi di sorveglianza speciale via satellite, sniffers per annusare i veicoli alle frontiere (camion, grandi auto) e scoprire se al loro interno si nascondono i migranti: in totale risultano finanziati 5 progetti per sviluppare sniffers per un totale di 16 milioni di euro. Ci sono poi i muri di Ceuta e Melilla per sigillare parte della frontiera sud della Spagna e quelli al confine turco di Grecia e Bulgaria: il tutto per un costo di quasi 80 milioni di euro. Tutto un insieme di strumenti speciali e servizi o progetti di sorveglianza per rendere loro più difficile il passaggio.

Al di là dei progetti europei, Finmeccanica e GEM Elettronica avrebbero poi ricevuto incarico dal governo italiano per sviluppare un sistema di controllo delle frontiere libiche per 300 milioni di euro, nell'ambito del Patto di Amicizia Italia-Libia, siglato da Berlusconi e Gheddafi (che prevedeva fondi dall'Italia alla Libia per 200 milioni di euro l'anno per 25 anni). Morto Gheddafi, il trattato avrebbe dovuto perdere efficacia, ma poi era stato riattivato durante il governo Monti (dicembre 2011). È al momento nuovamente sospeso e l'ambasciatore del governo libico di Tobruck ne chiedeva la riattivazione in un'intervista.

Crediti
Questo articolo è a cura di Andrea Nelson Mauro (Dataninja.it) e Jacopo Ottaviani ed è parte del progetto di data journalism "The Migrants Files” a cui hanno partecipato quindici tra giornalisti, ricercatori e programmatori europei. L'hashtag ufficiale del progetto è #MigrantsFiles. Il progetto è stato in parte finanziato da JournalismFund.eu