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Football Leaks, una miniera d'oro chiamata Paul Pogba

La seconda puntata dell’inchiesta sui segreti del calcio svela  la rete di contratti e paradisi fiscali ?che si muove dietro il calciatore classe ’93. Un vero tesoro per il suo agente Mino Raiola

Che coppia, Mino Raiola e Paul Pogba. Inseparabili. Il campione e il suo procuratore. La vecchia volpe del calciomercato e il giovane fenomeno francese. Il figlio di italiani emigrati in Olanda e il ragazzo di colore, classe 1993, cresciuto in una squallida banlieue parigina. Pogba ha bisogno di Raiola, suo mentore e consigliere. Ma neppure Raiola può fare a meno di Pogba. Il calciatore è diventato una slot machine che segna sempre la combinazione vincente. Vincente per Raiola, naturalmente.

Meglio, molto meglio dell’imprevedibile Mario Balotelli, un altro campione assistito dal procuratore italo-olandese. E meglio perfino di Zlatan Ibrahimovic, pure lui legato a Mino, l’ex pizzaiolo diventato milionario con residenza a Montecarlo. Nell’agosto scorso l’attaccante dei “Blues”, la nazionale transalpina, è stato venduto dalla Juventus al Manchester United per 105 milioni di euro, la somma più alta mai pagata nella storia del calcio per comprare un giocatore. Qualche settimana dopo, a fine ottobre, l’amministratore delegato dei bianconeri, Giuseppe Marotta, ha dichiarato che la Juventus aveva liquidato a Raiola 27 milioni di euro come commissione per quel trasferimento da record. Ancora non basta, perché tra il 2012 e il 2016, quando ha giocato con la maglia dei campioni d’Italia, Pogba ha fruttato al procuratore altri 10 milioni di euro, sborsati, anche questi, dal club controllato dalla famiglia Agnelli. In totale, quindi, fanno 37 milioni in quattro anni per Raiola.

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Nello stesso periodo il calciatore ha guadagnato circa 13 milioni. L’agente pagato più del suo cliente, più del campione di cui cura gli interessi. Questo già sembra un paradosso. Il primo di una storia dove c’è molto altro. Una storia di litigi, contratti segreti e una giostra di milioni che rimbalzano da un paradiso fiscale all’altro. Posti tipo Montecarlo, Jersey e il Lussemburgo.

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I documenti di Football Leaks fanno luce su molti capitoli inediti della Pogba story. Tra le carte dell’archivio segreto offerte da una fonte anonima al settimanale tedesco Der Spiegel e poi condivise con l’Espresso e le altre testate della rete Eic (European Investigative Collaborations) abbiamo trovato una copia del primo contratto siglato da Pogba con la Juve. Lo stipendio, si legge nel documento siglato il 4 agosto 2012, sarà di un milione e 847 mila euro l’anno, al lordo delle tasse. Poi ci sono i premi: 300 mila euro lordi per le prime 10 presenze in campionato; 270 mila euro supplementari alla ventesima e altri 270 mila se il nuovo acquisto fosse riuscito a scendere in campo 30 volte per almeno 45 minuti. Poiché Pogba collezionò 26 presenze nella sua prima stagione italiana e altre 36 in quella successiva, il suo compenso lordo è arrivato a superare i 2,5 milioni.

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È una somma elevatissima per un calciatore di soli 19 anni, anche se dotato del talento immenso del francese. Merito anche dell’abilità di Raiola, probabilmente. Nell’estate del 2012 l’agente aveva bussato alla porta delle principali società italiane per piazzare il campioncino francese, che dopo gli esordi nelle formazioni giovanili del Le Havre, era approdato, a soli 16 anni, al Manchester United. Alla fine è la Juve a vincere la corsa, dopo che i giornali specializzati avevano accreditato anche un interesse da parte del Milan. A Torino, così come in casa rossonera, l’agente di origini campane vanta ottimi agganci. Con Adriano Galliani l’intesa è da sempre perfetta e sul ponte di comando della squadra degli Agnelli c’è un vecchio amico e cliente di Raiola come l’ex calciatore Pavel Nedved, consigliere d’amministrazione e di lì a poco vicepresidente dei bianconeri.

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Affare fatto, quindi. Pogba firma. Lo attende un futuro radioso. Addirittura quattro scudetti di fila. Il contratto, però, ha in serbo una sorpresa. Nel documento conservato nei file di Football Leaks, viene citata anche Rafaela Pimenta, brasiliana, avvocato, nota nell’ambiente come fidata collaboratrice di Raiola. Pimenta, si legge nel file, avrebbe partecipato all’affare in qualità di “agente della società”, cioè della Juventus. Alla voce “Cognome e nome dell’agente del calciatore” lo spazio è stato lasciato in bianco. Raiola, ovvero una sua rappresentante, avrebbe quindi lavorato per la Juventus e non per Pogba.

Eppure, all’epoca, i giornali hanno raccontato le mosse del procuratore per piazzare il suo pupillo. Ora si scopre che l’assistente di Raiola è scesa in campo per la Juve. Negli anni seguenti, Pogba si rivela una miniera d’oro per il suo agente, che continua a incassare commissioni sulla base delle presenze in campionato del giocatore. Nell’estate 2014, quando il campione ottiene un aumento di stipendio, che sale a 4,5 milioni netti l’anno, anche Raiola passa alla cassa. I bianconeri gli riconoscono un premio di 4,5 milioni legato al contratto sottoscritto dal suo cliente.

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A conti fatti, come detto, la slot machine Pogba ha fruttato al procuratore circa 13 milioni nell’arco di quattro anni. Il colpo grosso arriva però nell’estate del 2016, con la cessione del calciatore. Il Manchester United si riprende l’attaccante che aveva lasciato andare nel 2012. A Raiola vanno 27 milioni. Marotta, l’amministratore delegato della Juventus, parla di «commissioni».

È un record nel record. Mai nessun agente aveva incassato una somma simile per un trasferimento: oltre il 25 per cento del valore della transazione. La cifra pare così elevata che molti pensano che Raiola abbia avuto un ruolo diverso da quello del semplice procuratore. C’è il sospetto che potesse disporre di una qualche forma di partecipazione sui cosiddetti “diritti economici” del calciatore, una sorta di quota azionaria dell’azienda Pogba. In gergo si chiama Tpo, che sta per third-party ownership, una formula contrattuale che è stata vietata dalla Fifa all’inizio del 2015. In un’intervista al Financial Times del 28 ottobre, Raiola sembra giocare con le parole.

Nega che ci sia stato un Tpo, ma fa capire di aver ottenuto una forma di partecipazione all’aumento di valore del calciatore. La Juve smentisce l’esistenza di un Tpo, ma resta da chiarire almeno un aspetto. Marotta sostiene che i 27 milioni sono stati versati alla «società Topscore» che, dice il manager, «ha indicato l’agente Mino Raiola quale esecutore fisico». Nessuna informazione supplementare è al momento disponibile. La società bianconera, interpellata dall’Espresso rimanda ai documenti ufficiali già pubblicati.

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Dove sono finiti, quindi, i soldi di quella commissione da record? La Juventus è quotata in Borsa e può contare su migliaia di piccoli azionisti. A loro sarebbe dovuto il massimo di trasparenza su operazioni di questa portata.
Raiola intanto si gode i frutti dell’ennesimo colpo di mercato. Le prime apparizioni di Pogba in Inghilterra sono invece state inferiori alle attese. Poco male. C’è tutto il tempo per recuperare e comunque il 2016 è stato un anno strepitoso per il campione transalpino, che a marzo è diventato un testimonial di Adidas. Non è noto quanto abbia pagato lo sponsor. Fonti di mercato accreditano cifre tra 25 e 40 milioni. Sta di fatto che la firma di questo principesco contratto è stata preceduta da una battaglia legale di cui poco si è saputo, almeno finora.

Mino Raiola

Adesso, grazie ai file di Football Leaks, si scopre che nel novembre 2014 Pogba aveva ceduto i propri diritti d’immagine a Oualid Tanazefti, il francese di origine marocchina che lo aveva assistito nei primi anni della carriera. Per l’occasione, Tanazefti aveva reclutato il suo sodale Yilli Kullashi, figlio di un rifugiato kosovaro in Francia. I due controllavano insieme la Koyote, una società lussemburghese.

Quel contratto del novembre 2014, che ora siamo in grado di descrivere nel dettaglio, era straordinariamente svantaggioso per Pogba. In base all’intesa, il calciatore aveva diritto al 70 per cento dei proventi pubblicitari, ma solo a partire dal 2029. Tanazefti e Kullashi potevano invece incassare il loro 30 per cento fin dal momento in cui i vari sponsor pagavano quanto pattuito. Raiola era stato tenuto all’oscuro dell’operazione e quando viene informato parte al contrattacco.

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Intanto nel dicembre del 2014, Pogba rompe con Tanazefti, forse proprio a causa di quel contratto capestro. A marzo del 2015, il giocatore transalpino, tramite un legale, fa richiesta all’ufficio brevetti europeo di trasferire il marchio “Paul Pogba” a una società irlandese, la Blue Brands. Tanazefti prova a bloccare l’operazione e intanto cerca di vendere i diritti d’immagine del calciatore prima al gruppo Doyen, il colosso del management sportivo, e poi ai cinesi di Fosun. Niente da fare. Lo stallo mette alle strette il franco-marocchino, che finanziariamente non ha certo le spalle forti quanto Raiola. Tanazefti non può permettersi di aspettare ancora a lungo e alla fine trova un’intesa con il rivale. La disputa si chiude giusto in tempo per siglare il contratto con Adidas. I diritti d’immagine di Pogba tornano nella disponibilità del calciatore. Il prezzo di questa transazione resta un mistero, anche se indiscrezioni di mercato accreditano una cifra vicina a 10 milioni.

La storia però non finisce qui. I diritti sul brand con il nome del campione transalpino non appartengono a Pogba in prima persona, ma fanno capo, almeno in parte, alla Aftermath, una società di Jersey, il paradiso fiscale a sovranità britannica nel Canale della Manica. Questo almeno è quanto risulta dai documenti ufficiali che abbiamo potuto consultare. La titolarità del marchio per i mercati francese, cinese e statunitense è stata invece registrata a favore della già citata Blue Brands di Dublino. Resta un mistero se Pogba sia l’unico beneficiario di Aftermath e Blue Brands. Oppure se Raiola sia riuscito a prendersi una fetta della torta. Tanto per cambiare.

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