
Questa è solo una delle spese inopportune che i periti hanno inserito nella loro relazione, anticipata nei giorni scorsi da Report nel servizio di Danilo Procaccianti in riferimento al costo di alcune cene e delle nuove divise poi abbandonate in un magazzino. In quei mesi i dipendenti di Alitalia non sanno come pagare molte strane fatture al di là dei viaggi di piacere per vedere correre le Ferrari: come quella da 320 mila euro per un roadshow all’hotel Marriott di Fiumicino. I manager di Etihad per questo evento non badano a spese, fanno venire colleghi da Abu Dhabi, affittano impianti video e audio, prenotano camere e cene. E poi presentano il conto ad Alitalia, con i responsabili acquisti della compagnia italiana che non sanno come poter giustificare queste spese. I periti, grazie all’aiuto della Guardia di finanza, riescono a leggere anche le mail interne di quei giorni: «Sto cercando di identificare chi ha chiesto il materiale per il Roadshow indicato nella fattura Etihad allegata - scrive Elena Micheletto - mi sembra facciano riferimento anche ad una conferenza stampa. Tu ne sai qualcosa o sapresti dirmi in caso a chi mi potrei rivolgere? Si tratta di un importo piuttosto alto ed Etihad ne richiede il pagamento». Il collega di Alitalia Valerio Dal Monte risponde: «Io non vedo la fattura....ma quello che leggo mi fa salire la pressione».
Di conti per strampalate iniziative i manager ne hanno presentati tanti. Come i 130 mila euro spesi dal cda per catering e rinfreschi in appena 18 mesi, oppure la cena del 22 settembre 2016 nel noto ristorante di piazza Bucarest a Roma Casina Valadier con una ventina di dirigenti ai tavoli: conto totale 5.900 euro e mancia da ben mille euro. Tutto pagato da Alitalia.
La perizia chiesta dalla procura mette sotto la lente di ingrandimento anche altre operazioni di quella gestione che lasciano a dir poco perplessi, al di là che si tratti si reati o meno. Come la vendita alla Ethiad degli slot di Alitalia nell’aeroporto di Londra Heathrow, che sulla carta serviva a dare liquidità alla società italiana. Vendita avvenuta alla cifra di 60 milioni, iscrizione in bilancio per una cifra molto minore e sospetto che il valore di quegli slot fosse del tutto diverso. Scrivono i periti: «Prescindendo dalle conseguenze che avrebbe affrontato Alitalia Sai per la vendita ad un prezzo di 60 milioni di euro per asset valutati 261 milioni, l’ipotesi formulata da Merighi e l’insieme dei messaggi che anche in seguito saranno descritti, palesa come il management di Alitalia Sai ed Etihad diano per scontato che la valutazione degli slot effettuata da Accuracy al primo gennaio 2015 sia del tutto lontana rispetto alla valutazione reale di tali asset».
Tra le spese anomale nella perizia si fa riferimento anche al sistema informatico di prenotazione biglietti: quando arriva Etihad Alitalia aveva appena acquistato al costo iniziale di 9 milioni il sistema Amadeus: i soci degli Emirati impongono un altro sistema, il Sabre, al costo di 65 milioni considerando anche la penale pagata ad Amadeus per lo stop improvviso. E ancora, tra le spese strane ci sono i 50 milioni utilizzati per acquistare monitor Panasonic, montanti su aerei che erano stati mandati solo in manutenzione, o la spesa per la formazione di 24 allievi piloti ad Abu Dhabi al costo di un milione: cifra molto maggiore rispetto ad altre scuole di formazione in Europa. Perfino il pane, nonostante l’Italia sia un Paese dove non mancano certo i panifici per tradizione e cultura, veniva acquistato da Alitalia in una azienda degli Emirati.
Una gestione, quella con gli emirati, fallimentare. E dire che questa fu la prima operazione di Matteo Renzi presidente del Consiglio, ancora prima di giurare sulla Costituzione. Il 20 febbraio 2015, quando ancora era impegnato nella messa a punto del programma di governo, Renzi incontrò a casa di Luca Cordero di Montezemolo lo sceicco Khaloon al Mubarak, ceo del Fondo Mubadala del governo degli Emirati. Fu il via libera alla nascita di Alitalia Sai, partecipata al 49 per cento dalla compagnia aerea degli Emirati Arabi, Etihad Airways, che dichiarò di impegnarsi per 560 milioni di euro: anche se poi, si legge nella relazione della procura di Civitavecchia, con questi investimenti Etihad acquisterà a prezzi di saldo anche slot di Alitalia e le poche controllate con i conti in ordine. I risultati di questa esperienza sono noti: piano industriale insostenibile, perdite per 408 milioni nel 2015, 496 milioni l’anno successivo e 205 milioni nel 2017 fino alla gestione commissariale e i prestiti dello Stato che hanno evitato il fallimento. E addio emiri.
Il governo Conte ha appena staccato un assegno da 3 miliardi di euro a garanzia della nuova compagnia, soldi che si aggiungono ai 300 milioni erogati dal governo Berlusconi per l’operazione “Fenice”, quella dei capitani coraggiosi, ai 900 milioni dei governi Letta e Renzi e ai 400 milioni di prestito ponte concessi dal governo Conte I. Totale 5 miliardi di euro in dieci anni. La metà è andata in fumo. Ora tocca a Ita.