Inchiesta
Ritardi sui vaccini, favori e imbucati nelle liste: tutti gli scandali dalla Lombardia alla Sicilia
Così le Regioni hanno gestito i primi tre mesi di campagna vaccinale, sopraffatte da avvocati, magistrati, giornalisti. E da uno strano esercito di nuovi sanitari e volontari
Le esitazioni del governo di Giuseppe Conte col piano vaccinale, come l’eccetera contenuto nelle prime linee guida formulate dal ministero della Salute di Roberto Speranza, hanno dato ampio (e pericoloso) margine di discrezione alle Regioni.
Allora avvocati, magistrati, giornalisti, commercialisti, portuali, bancari e tanti altri ordini professionali e sindacati di categoria hanno tentato, e a volte ci sono riusciti, di scavalcare la fila. Ecco come e dove.
BARONI E DOTTORANDI
Nel giallo con trentamila morti che è la Lombardia anche le quattordici università regionali hanno giocato un ruolo. Una rapida cronologia. L’8 febbraio il Cts inserisce nella seconda fase delle vaccinazioni il personale scolastico docente e non docente. Il 24 febbraio Remo Morzenti Pellegrini, docente di diritto amministrativo che guida l’ateneo di Bergamo e presiede il Crul (conferenza dei rettori delle università lombarde) scrive all’assessora al Welfare e vicepresidente della giunta, Letizia Brichetto Moratti, per sapere come mai in alcune regioni italiani, come il Friuli-Venezia-Giulia, le università siano state inserite nei protocolli e la Lombardia no.
La giunta di Attilio Fontana si trova in un impasse terrificante. Sei giorni prima è stato silurato il dg Marco Trivelli e la regione è inchiodata a 612 mila dosi somministrate, pari al 71,3 per cento delle disponibilità. Il portale allestito dall’agenzia pubblica Aria per le prenotazioni degli ultraottantenni (18,5 milioni di costo) si è già piantato. L’ordine di palazzo Lombardia è chiaro: bisogna far salire i numeri. Con una celerità che molti anziani avrebbero apprezzato, Moratti risponde a Morzenti Pellegrini, il 27 febbraio si firma l’accordo e il 2 marzo partono dai depositi le dosi necessarie a immunizzare quindicimila fra professori, contrattisti, personale amministrativo che in larghissima parte lavora in remoto da mesi. Possono sembrare piccole cifre in assoluto per una regione da 10 milioni di persone ma i dati del 3 marzo, riferiti al giorno precedente, indicano che gli over 80 hanno ricevuto non più di 143 mila dosi.
Anche in Toscana, la giunta guidata da Eugenio Giani (Pd) ha aperto il suo portale di prenotazioni a una vasta popolazione di universitari. Così due baldi under 30, dottorandi alla Normale di Pisa, raccontano all’Espresso di avere potuto accedere alle fiale AstraZeneca. «Bastava andare sul portale della Regione», dicono. «Non c’è stato nulla di irregolare». Il caso Toscana ha scosso la politica, con Giani che ha dovuto smentire le voci di freddezza fra lui e un altro pisano, il neosegretario del Pd Enrico Letta. La regione è corsa ai ripari quando ormai gran parte del danno era fatto. Solo pochi giorni fa è stata rimossa dal portale l’area dedicata agli uffici giudiziari: impiegati, magistrati, avvocati.
PRIMA I TRIBUNALI
Troppo tardi, ormai, per rimettere il coperchio sul pentolone delle polemiche. A Firenze, l’assessore regionale alla sanità Stefania Saccardi (Italia Viva) che il 5 marzo su Facebook ha trionfalmente annunciato l’avvenuta vaccinazione di sé stessa, esponendosi così alle critiche, e spesso anche gli insulti, di chi l’ha attaccata come la personificazione di un doppio privilegio di casta: avvocato e politico. Lo stesso vale per un altro renziano come il senatore fiorentino Francesco Bonifazi. Pure lui è riuscito ad accaparrarsi la sua dose di AstraZeneca prima che Giani facesse marcia indietro cancellando la norma che ha garantito il vaccino a Bonifazi come a migliaia di altri professionisti non proprio in prima linea sul fronte del contagio.
Tra i politici va segnalato, quanto meno per la rumorosità, il caso del presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gianfranco Miccichè. Il quale, venerdì 26 marzo, dopo aver appreso di un contagio tra i dipendenti di Palazzo dei Normanni, ha inveito tra urla e volgarità contro le norme che hanno impedito ai deputati siciliani di vaccinarsi. Seduta sospesa. Tre giorni dopo lo stesso Miccichè, 67 anni, ha ricevuto la sua dose anti-Covid-19. «Ne avevo diritto – si è giustificato - sono cardiopatico».
In Sicilia, fin da metà febbraio era scattata la corsa alle dosi da parte di giudici, pm e cancellieri. Negli stessi giorni anche in altre parti d’Italia toghe e avvocati hanno approfittato dei varchi aperti dalle regioni. A Bolzano, tra il 10 e il 12 marzo, alcuni magistrati sono stati vaccinati addirittura in carcere. «È una evidente forma di tutela a favore della popolazione detenuta che costantemente viene in contatto con i tre magistrati», ha spiegato il presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bolzano, Claudio Gottardi.
Avvocati e giudici, su fronti opposti dentro le aule di giustizia, vanno invece di conserva quando c’è da difendere il posto in prima fila nelle vaccinazioni anti Covid-19. E se per caso una categoria resta indietro rispetto all’altra ecco che scattano le proteste. In Veneto, per dire, a fine febbraio il locale ordine degli avvocati ha protestato contro la giunta di Luca Zaia, perché avrebbe ceduto alle richieste dei magistrati, mentre i legali sono stati tagliati fuori dalle liste dei vaccinandi. A chiudere la partita, già a metà marzo, è arrivato il provvedimento del governo che ha escluso il settore giustizia nel suo complesso da quelli considerati prioritari. I magistrati non l’hanno presa bene e con una nota della loro associazione di categoria hanno minacciato addirittura di bloccare l’attività dei tribunali. Draghi ha incassato senza arretrare e le Regioni, almeno per il momento, hanno bloccato i vaccini per giudici e avvocati.
L’ESERCITO DEI SANITARI
Impiegati e dirigenti delle Asl, giovani ricercatori e studenti di medicina: tutti da vaccinare con urgenza insieme ai medici che davvero rischiano il contagio ogni giorno nei reparti ospedalieri. Il copione, sempre uguale, è andato in scena dalla Valle d’Aosta fino in Sicilia, con episodi al limite del surreale. O del grottesco, se preferite. A Genova, il consigliere regionale Stefano Anzalone, ex sindacalista della polizia, passato dal centrosinistra al centrodestra di Cambiamo con Toti, ha chiesto al direttore generale del San Martino di vaccinare il personale del bar edicola Wanda, collocato strategicamente di fronte all’ingresso del grande ospedale. L
’idea, respinta, era che quei lavoratori fossero esposti a un rischio speciale per via dello stretto contatto con il personale sanitario. Stop agli edicolanti, quindi, ma perché escludere i centralinisti? Ad Ascoli Piceno, dove la procura della Repubblica ha aperto un’inchiesta su «presunte somministrazioni indebite», gli elenchi dei vaccinati sequestrati dalla magistratura comprendono per l’appunto anche i centralinisti insieme ai dipendenti di ditte esterne che lavorano nelle strutture sanitarie, per esempio gli addetti alle pulizie. Questi ultimi, però, almeno lavorano nei reparti che ospitano i malati. Lo stesso non si può dire per gli addetti alle segreterie degli ospedali con l’ufficio a chilometri di distanza dai plessi sanitari. Nessun problema: in Sicilia ne hanno vaccinati a centinaia. È la stessa regione in cui l’assessore alla Sanità, Ruggero Razza (dimissionario), è coinvolto in un’inchiesta per la comunicazione di dati falsi sulla pandemia. Nell’isola, peraltro, si sono assicurati una dose di Pfizer anche dirigenti e impiegati di enti pubblici come l’Istituto Zooprofilattico. Tutti lavoratori non proprio a rischio di contagio, diciamo. Tra loro anche giovani di 30 anni che avrebbero potuto ricevere AstraZeneca e invece hanno ottenuto il vaccino destinato ad anziani ultraottantenni.
TRA MOGLIE E MARITO
In tempi di grande emergenza c’è un gran bisogno di volontari. Gente disposta a dare una mano senza chiedere nulla in cambio. Di recente però, con sempre maggiore frequenza, le cronache hanno illuminato episodi in cui la generosità delle nuove leve del no profit sembra tutt’altro che disinteressata. In Puglia, per esempio, le richieste per arruolarsi in diverse associazioni legate alla protezione civile sono aumentate da quando la Regione ha inserito anche questi volontari tra quelli con il pass per la vaccinazione immediata. A Trento invece Enrico Nava, alto dirigente della locale azienda sanitaria, ha provato a giustificare il vaccino per la moglie magistrato spiegando che la signora rientrava nella categoria del volontariato.
Alla fine, però, Nava non ha potuto fare a meno di dare le dimissioni, dopo che le autorità regionali avevano annunciato l’avvio di un’inchiesta. A Perugia una storia simile si è ripetuta a parti invertite: il marito si è accaparrato un vaccino grazie alla moglie dipendente dell’università. Secondo le indagini della locale procura, la signora al momento di registrarsi ha inserito anche il marito, un imprenditore che produce scarpe, che è stato convocato e vaccinato come un qualsiasi operatore scolastico, sottraendo così una dose a qualcun altro che ne aveva diritto. I coniugi sono indagati per truffa, abuso d’ufficio e accesso abusivo a sistemi informatici. E se è stato così facile per loro, quante sono le truffe in corso? Bella domanda. Intanto in Umbria, lunedì 29 marzo restavano da vaccinare 23.784 ultraottantenni, mentre 6.314 ragazzi tra 20 e 29 anni hanno già ricevuto almeno una dose, a cui si aggiungono 13.471 adulti tra 30 e 39 anni. Tutti operatori sanitari, volontari delle associazioni di pubblico soccorso o pazienti fragili? La mancanza di una piattaforma digitale informata e aggiornata, come nel resto d’Italia, rende vaga la risposta.