Dall’ingegnere mail e chiamate ai ministri per favorire la multinazionale. Mentre un super lobbista americano manovra la campagna per il referendum del 2016. L’inchiesta de L’Espresso con Icij e Guardian svela anni di pressioni aziendali sulla politica italiana

Carlo De Benedetti azionista di Uber per molti anni e propagandista della multinazionale con Matteo Renzi e il suo governo. Che negli stessi mesi utilizzava un super lobbista del colosso americano come stratega della campagna elettorale per il referendum costituzionale del dicembre 2016.

 

Sono storie italiane che emergono dagli Uber Files, oltre 124 mila documenti interni della società di trasporto privato ottenuti dal quotidiano inglese The Guardian e condivisi con l'International Consortium of Investigative Journalists (Icij), di cui fa parte L'Espresso in esclusiva per l'Italia. Il materiale al centro della fuga di notizie va dal 2013 al 2017 e comprende circa 83 mila email dei massimi dirigenti di Uber: quattro anni di comunicazioni riservate che rivelano, in particolare, le pressioni su politici e amministratori pubblici di decine di nazioni, dalla Francia all'India, da Israele agli Stati Uniti. L'obiettivo prioritario è cambiare le leggi statali per favorire gli interessi della multinazionale, in particolare contrastando i taxi e abolendo l'obbligo della licenza pubblica per gli autisti privati.

Esclusivo
Uber Files, la super lobby: dagli Usa a Roma, soldi e manovre per cambiare leggi e condizionare governi
10/7/2022

«Operation Renzi» è il nome in codice di una campagna di pressione organizzata dai manager di Uber, dal 2014 al 2016, per avvicinare e condizionare l'allora presidente del consiglio e alcuni suoi ministri e parlamentari del Pd. Nei messaggi che rivelano l'operazione, i dirigenti della multinazionale scrivono che un azionista italiano di Uber, Carlo De Benedetti, li ha aiutati personalmente ad agganciare Matteo Renzi, nel periodo in cui il suo governo stava varando una nuova legge sulla concorrenza che riguardava anche il settore dei taxi e degli autisti privati.

 

Nel settembre 2015, come risulta dai documenti, l'imprenditore italiano ha anche ospitato a cena, nella propria residenza di Roma, i rappresentanti della multinazionale che hanno gestito l'intera «Operation Renzi», in particolare David Plouffe, famoso perché fu l'organizzatore della vittoriosa campagna elettorale di Obama nel 2008, poi assunto da Uber come lobbista internazionale, e Mark MacGann, l'allora responsabile delle politiche aziendali in Europa. Nei messaggi di quei mesi tra i dirigenti del colosso americano, De Benedetti viene elogiato per il suo impegno a favore di Uber e descritto come uomo d'affari «deciso e capace di supportare» gli sforzi della multinazionale per ottenere leggi favorevoli dal governo Renzi. E nel gennaio 2016 un manager del colosso americano trascrive alcune frasi di una mail dell'imprenditore, annotando che è stata inviata in sua presenza a un ministro del governo Renzi, dove De Benedetti definisce Uber «inarrestabile» e «simbolo della modernità».

 

Alle domande inviategli da una giornalista del Guardian a nome di tutto il consorzio, Carlo De Benedetti ha risposto con una nota scritta in inglese, dove spiega di essere diventato azionista di Uber più di dieci anni fa, su invito di un suo amico banchiere di Morgan Stanley, e precisa di esserne uscito nel 2020. L'imprenditore conferma la cena del 2015 nella sua casa di Roma con Plouffe e MacGann, segnalando che era presente anche il general manager di Uber in Italia, Carlo Tursi. De Benedetti smentisce però di aver mai partecipato a qualsiasi manovra politica: «Non ho mai fatto operazioni di lobbying con loro né con nessun altro».

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Ecco il testo integrale della risposta in inglese di De Benedetti: «Thank you for your message. In 2005 I accepted the invitation of my old friend David Dwek, who was Executive Director at Morgan Stanley at that time, to invest in Uber and my exit was in 2020. As a courtesy to David, I hosted a dinner at my residence in Rome in September 2015 with David Plouffe, Mark MacGann and Carlo Tursi who was Uber Italy’s general manager, but I never made lobbying operations with them or anybody else. My best, Carlo De Benedetti».

 

In questo messaggio, l’imprenditore ha sbagliato a scrivere la data del suo ingresso in Uber: l’azienda californiana è stata fondata nel 2009. Il senso della risposta però resta chiaro: ne è stato azionista per molti anni e lo era anche nel giorno della cena a Roma.   

 

Tra il 2014 e il 2016, nel periodo dell'operazione di Uber sul governo Renzi, l'ingegner De Benedetti era ancora l'editore de L'Espresso, ma non risulta che abbia chiesto ai giornalisti di questo settimanale di pubblicare servizi a favore alla multinazionale. Per verificarlo, abbiamo chiesto al Centro documentazione del gruppo Gedi, un mese fa, tutti gli articoli con la parola Uber stampati da testate nazionali italiane dal 2014 al 2016. Ne risulta che il nostro settimanale ha pubblicato pochi pezzi, per lo più di segno neutro, con argomenti pro e contro, dove Uber è citata insieme ad altre aziende per illustrare il fenomeno emergente della sharing economy. In quel periodo, anzi, L'Espresso ha pubblicato i primi articoli negativi su Uber apparsi in Italia, riportando le denunce di sfruttamento degli autisti precari, poi confermate (ma solo molti mesi dopo) da numerose indagini giudiziarie in diversi Paesi. Articoli molto differenti da certe sviolinate sul «miracolo Uber» pubblicate da altre testate concorrenti.

 

Anche Matteo Renzi ha risposto alle domande sugli Uber Files, scrivendo a L'Espresso di non aver «mai seguito personalmente» le questioni dei taxi e dei trasporti, che venivano gestite «a livello ministeriale, non dal primo ministro», come è verificabile dagli atti di Palazzo Chigi.

 

Per avvicinare l'allora capo del governo italiano, Uber aveva impiegato anche personalità istituzionali, come l'allora ambasciatore americano a Roma, John Phillips. Oggi Renzi conferma di averlo incontrato più volte come diplomatico, ma non ricorda di aver mai parlato con lui di Uber. E comunque il governo Renzi non ha approvato alcun provvedimento a favore del colosso californiano.

 

Il segno più vistoso dell'influsso della multinazionale sull'ex premier, però, è il ruolo svolto in Italia da Jim Messina, l'ex vice-capo dello staff presidenziale di Obama, assunto nel 2013 da Uber come super lobbista internazionale, come tanti altri ex collaboratori di politici importanti di molte nazioni. In quegli anni Messina ha rafforzato la società americana con una girandola di doppi servizi: lavorava per Uber e al tempo stesso accettava incarichi di consulente elettorale per leader di partito e capi di governo di vari paesi strategici per la multinazionale, ad esempio in Spagna, dove ha organizzato la campagna dell'allora premier Mariano Rajoy. I documenti mostrano che la stessa cosa è accaduta in Italia: Jim Messina nel 2016 faceva il lobbista privato per Uber, ma anche il consulente politico dell'allora capo del governo italiano.

Oggi il leader di Italia Viva non lo nega, ma attraverso il suo staff risponde così alle domande de L'Espresso: «Jim Messina e Matteo Renzi si conoscono da prima che Renzi diventasse primo ministro. Il loro primo incontro dovrebbe essere databile tra dicembre 2012 e inizio 2013, a Firenze. Confermiamo che Messina ha collaborato con Renzi nella campagna elettorale per il referendum costituzionale del dicembre 2016».

 

«Renzi ricorda di aver parlato numerose volte di politica nazionale e internazionale con Messina, almeno una decina di volte, ma non crede di aver mai parlato con lui di Uber», si legge sempre nella nota scritta inviata a L'Espresso da Italia Viva. «Se l’argomento è stato toccato in una conversazione, questo è accaduto come argomento a margine. Negli appunti di Renzi rispetto agli incontri con Messina non c’è mai riferimento a Uber, ma altre valutazioni: campagna referendaria, situazione politica, rapporti con Casa Bianca».

 

Tutti i particolari sulla «Operation Renzi» e sulle manovre segrete di Uber per influenzare e condizionare altri leader politici italiani verranno pubblicati sul prossimo numero de L'Espresso, in edicola da domenica 17 luglio con numerosi articoli accessibili da venerdì 15 per gli abbonati all'edizione digitale.