Presi di assalto e bruciati diversi centri di accoglienza. E la Merkel è sotto pressione mediatica e politica. Per questo vorrebbe che la Germania si occupasse direttamente della gestione dei flussi

Angela Merkel ha annunciato che la Germania sospenderà la Convezione di Dublino per i fuggiaschi in arrivo dalla Siria. Berlino, dunque, non rimanderà i profughi indietro nel primo Paese comunitario in cui sono approdati, come prevedono le leggi internazionali, ma permetterà loro di rimanere in territorio tedesco dove riceveranno vitto e alloggio da parte dello Stato.

Si tratta di una posizione che va incontro alle richieste che i Paesi mediterranei, Italia in primis, fanno da mesi. Settimana scorsa la Cancelliera si era incontrata con Matteo Renzi a Milano, al quale aveva assicurato che tutta la Germania avrebbe aiutato il governo italiano nel gestire l'emergenza profughi. La sospensione degli accordi di Dublino è stata accolta con grande favore da Renzi che, dal palco del teatro Rossini di Pesaro, ha spiegato che “in Europa si accorgono del problema dell'immigrazione solo ora che li tocca direttamente”.

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Ma quali sono i motivi che hanno spinto la Merkel verso queste nuove posizioni? Fino a pochi mesi fa, infatti, la Cancelliera considerava gli sbarchi un problema dei Paesi mediterranei di cui Berlino non voleva occuparsi direttamente. L'attuale esodo dei rifugiati, però, è di tale portata da mettere in seria difficoltà la capacità di accoglienza del governo tedesco.

Solo dall'inizio del 2015 sono state 600mila le richieste di asilo ed il Ministero per le migrazioni ed i rifugiati ritiene che da oggi a fine anno se ne aggiungeranno altre 800mila. Numeri, questi, che sono da sommarsi all'immigrazione irregolare (per cui non esistono dati ufficiali), ai ricongiungimenti famigliari e alle decine di migliaia di cittadini della Ue che annualmente si stabiliscono in terra tedesca. In tutto sono milioni le persone che si stanno riversando sulla Germania. Un flusso che sta portando ad un escalation di tensione con i cittadini tanto che il governo non può più evitare di occuparsi della questione.

Già dalla fine del 2014 erano esplose le proteste popolari, con forti infiltrazioni dell'estrema destra, contro la decisione del governo di accogliere tutti i migranti all'interno di città container appositamente costruite nei quartieri periferici (e più poveri) delle metropoli tedesche, a Berlino in particolare. Proteste che si sono spesso trasformate in momenti di tensione con i residenti locali, per cui le autorità hanno deciso di non sovraccaricare eccessivamente le periferie urbane, ma di iniziare a concentrare i migranti in edifici pubblici di paesini di provincia, soprattutto nella Germania orientale. Dove però le proteste sono addirittura salite di intensità.

Sabato e domenica scorsa a Heidenau, in Sassonia, alcune centinaia di estremisti di destra, appoggiati dai cittadini locali, hanno dato vita a due notti di proteste e scontri con la polizia per evitare l'insediamento dei profughi nell'ostello del paese. Obiettivo che hanno raggiunto, dato che a seguito delle tensioni il governo ha deciso di non mandare più i migranti in loco, ma di spedirli verso altre destinazioni. Episodi analoghi si sono verificati in diverse altre località tedesche ( Escheburg, Tröglitz, Meißen, Reichertshofen, Remchingen, Weissach), mentre la scorsa notte a Nauen, cittadina del Brandeburgo, un centro d’emergenza per profughi è andato in fiamme, con ogni probabilità con dolo. A destare scandalo e stupore è stato il fatto che alle proteste e alle violenze abbiano aderito molte persone comuni. “E' vergognoso che i cittadini, addirittura intere famiglie con bambini, partecipino e sostengano queste iniziative”, ha detto la Merkel condannando gli episodi.

La Cancelliera si trova però sotto attacco mediatico e politico. Oltre allo opposizioni, sia di destra che di sinistra, che ne criticano l'operato in materia migratoria, i giornali nazionali non hanno esitato a indicarla come la principale responsabile di questa situazione che sta facendo emergere violenza e intolleranza. Un'etichetta, questa, che la Merkel vuole scrollarsi di dosso, impegando il proprio Paese nella gestione dei flussi. Che però continuano ad aumentare.